Recensione di “I Carnefici”, libro del giornalista e scrittore Daniele Biacchessi. L’estate di sangue del 1944

Creato il 31 gennaio 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

(Recensione di Luca Macciachini) – “Senza memoria non c’è futuro”. E’ con questo spirito che dovremmo ogni giorno guardare a qualsiasi gesto quotidiano, qualunque esso sia, se vogliamo essere pienamente coerenti con la dignità di ogni nostra azione. Ma, retorica a parte, è persino banale dire che ci sono pagine di storia spesso trascurate che invece andrebbero riscoperte perché, come diceva Mao Tse Tung, da sempre è il popolo che fa la storia, anche se poi sono i padroni che ce la raccontano.

(sperling.it)

Recensione di “I Carnefici”, libro del giornalista e scrittore Daniele Biacchessi. Daniele Biacchessi, giornalista e scrittore, nella sua opera più recente “I Carnefici”, racconta con piglio cronachistico, narrativo e commosso, l’estate di sangue del 1944, che a regime caduto, ma a liberazione ancora di là da venire, macchiò l’Italia di tragedie immani tristemente passate alla storia ma forse non abbastanza raccontate; tra di esse la strage di S.Anna di Stazzema, ma anche quella, meno nota ai più, di Monte Sole o altre ancora. Tutti paesi molto isolati dove ancora oggi, come allora, esistono palesi difficoltà a vivere in contatto col mondo esterno. Ecco dunque che ci viene presentata l’immagine calda e commovente del vecchio nonno Giuseppe, ex insegnante di storia, che in una sera di fine estate, nella casa di famiglia sull’Appennino tosco-emiliano, mostra al nipote Carlo alcune fotografie ingiallite dal tempo per narrare la battaglia decisiva combattuta tra occupanti tedeschi con la connivenza della Repubblica di Salò e Partigiani Italiani con l’appoggio degli “Alleati” americani.

Il “salto generazionale” pone palesi difficoltà di approccio non solo per la “diversità di mentalità”, ma anche per il differente approccio tecnologico, in cui il valore della fotografia cartacea non può comunque essere soppiantato dalle informazioni su internet che forse il nipote dà per scontato che possano superare una volta per sempre le vecchie tecniche.

Salta all’occhio la precisione della geografia degli eventi narrati che va di pari passo con la precisione della memoria. E’ una sorta di geografia dell’inquietudine dove ogni particolare dettaglio risulta imprescindibile, come pure l’urgenza che emerge fra le righe quando il narratore si direbbe che ricerca la pace derivante da gesti di tradizione come quelli di una preghiera, (la religione dunque vista come conforto della memoria). Ma la memoria è un obiettivo da difendere con le unghie e con i denti anche perché più crudeli sono i fatti più alto è il rischio che si tenda a “insabbiare” per evitare che responsabilità postume vengano a galla.

L’impresa non semplice di Biacchessi è quella di una con-fusione nel senso etimologico della parola come sinestesia, fra elementi vari. Cibo, ambiente, ricordo, elenchi di numeri e nomi quasi “telefonici” si fondono in una necessità documentaristica non sempre facile da… (per continuare a leggere la recensione cliccare qui —> “lucamaciacchini.com“).


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :