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Recensione di La biblioteca più piccola del mondo di Antonio G. Iturbe

Creato il 14 agosto 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Recensione di La biblioteca più piccola del mondo di Antonio G. IturbeVoto:
Informazioni sul libro
Titolo:Antonio G. Iturbe
Pubblicato da:Rizzoli
Collana:Rizzoli best
Genere:DrammaticoRomanzo Storico
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
in offerta
scontato

Auschwitz, 1944. Otto libri per sopravvivere all’orrore. Otto libri per continuare a sperare. Ispirato a una storia vera.


Ad Auschwitz-Birkenau esisteva un campo per le famiglie ebree trasferite dal ghetto di Terezín. Era l’unico campo in cui vivevano i bambini. I nazisti lo crearono per nascondere l’atroce realtà dei lager agli ispettori della Croce Rossa Internazionale.

«Gli faremo vedere quello che vogliono vedere: famiglie ebree che vivono insieme, bambini che scorrazzano liberi per Auschwitz.»

Tra le baracche di questo campo ce n’era una “fuori dal comune”, in cui il capoblocco Fredy Hirsch era riuscito ad allestire uno spazio per far giocare i bambini, perché mantenerli occupati durante il giorno – aveva spiegato Hirsch – avrebbe consentito ai loro genitori di lavorare meglio lì nel campo. Le autorità naziste avevano acconsentito ma a una condizione: assolutamente vietato insegnare materie scolastiche.

Tuttavia, nonostante la rigida sorveglianza, nel blocco 31 nacque una scuola segreta, con una minuscola biblioteca: otto volumi, vecchi, squadernati, con le pagine strappate, quasi completamente a pezzi, arrivati al campo per vie clandestine. I nazisti non sapevano della scuola, delle lezioni che gli insegnanti sussurravano appena per evitare di esser scoperti. E soprattutto, non sapevano della piccola biblioteca all’interno del blocco 31.

I libri sono pericolosissimi: fanno pensare.

Per questo i nazisti ne andavano a caccia in modo ossessivo e, trovatili, li bruciavano. Se avessero scoperto gli otto testi nascosti sotto le assi del pavimento di quella baracca, sarebbero stati guai grossi per Fredy Hirsch e ancor più per Edita Alderova, la quattordicenne cecoslovacca – protagonista de La biblioteca più piccola del mondo – che fu designata bibliotecaria del blocco 31.

Dita aveva coi libri quel legame speciale che pochi hanno. Nell’affidarle la responsabilità della biblioteca, Hirsch era certo che se ne sarebbe presa la massima cura. E infatti, più che bibliotecaria, Dita divenne infermiera dei libri: lisciava le pagine per eliminarne le pieghe, ricuciva con ago e filo i dorsi scollati, rattoppava gli strappi con strisce di nastro adesivo… Ad ogni ispezione delle SS, Dita rischiava la vita per difendere quei libri. E più volte, avanzando nella lettura, mi sono domandata “perché?”. Perché prodigarsi tanto per dei semplici libri? Perché esporsi a severe punizioni, o addirittura a una condanna a morte, per proteggere degli oggetti malridotti? Perché sprecare energie leggendo, quando la morte è così vicina da poterla toccare allungando il braccio? Pagina dopo pagina, sono arrivate le risposte.

Chi era stato internato ad Auschwitz, come Dita, aveva perso tutto. La sua vita si era fermata, perché ad Auschwitz il tempo gira ad una velocità infinitamente più bassa che nel resto del mondo. Lì, in quell’inferno delimitato dal filo spinato e che puzza di carne bruciata, dove la vita di un uomo vale meno di niente, i libri tenevano accesa la speranza. Il blocco 31 trasmetteva ai bambini un senso di normalità, li avvolgeva in un abbraccio sicuro, allontanando da loro la paura. Quella scuola serviva a fargli vedere che la vita continua. E Dita, col suo minuscolo pronto soccorso letterario, distribuiva sorrisi ai piccoli prigionieri, mantenendone vivi i sogni e l’immaginazione.

Ogni libro non è altro che una botola che porta in una soffitta segreta, basta aprirlo ed entrarci. E ti ritrovi in un mondo diverso.»

La biblioteca più piccola del mondo coltiva la memoria di uno degli eventi più drammatici della storia dell’umanità. Lo fa avvicinandosi in punta di piedi, raccontando le atrocità di Auschwitz con una delicatezza che spiazza e commuove.

Approfondimento

Antonio G. Iturbe si è ispirato a una storia vera per scrivere La biblioteca più piccola del mondo, quella di Dita Kraus. La sua indagine giornalistica lo ha condotto sui luoghi della Shoah, là dove il vento porta ancora con sé le voci di chi da Auschwitz non se n’è mai andato. Durante quel viaggio, ha vissuto l’inatteso incontro con lei, la vera bibliotecaria del blocco 31. Ha ormai ottant’anni, Dita, ma conserva lo stesso animo appassionato e combattivo di allora. Iturbe ne ha preso in custodia i ricordi, ancora vividi, perfettamente intatti. Ricordi di terrore e disperazione. Ricordi di coraggio e ostinata speranza. Li ha racchiusi con cura devota nelle pagine di questo romanzo, che scuote le coscienze, indigna e commuove, ma soprattutto insegna. Con semplicità ed efficacia.

A volte la finzione dei romanzi nasconde verità che non è possibile raccontare in altro modo.

Angela Saba

About Antonio G. Iturbe

Nato a Saragozza nel 1967, è giornalista, direttore della rivista culturale “Qué Leer” e autore di libri per bambini.

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