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Recensione di La distanza da Helsinki di Raffaella Silvestri

Creato il 10 giugno 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

9 Flares 9 Flares × Recensione di La distanza da Helsinki di Raffaella SilvestriLa distanza da HelsinkiRaffaella Silvestri
Pubblicato daBompiani
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Narratori italiani
Genere:Romanzo di formazione
Pagine:
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La trama:

Giorni nostri:un’italiana e un finlandese, due sedicenni, per motivi diversi entrambi in condizioni emotivo -esistenziali critiche, s’incontrano per caso, a Londra durante una vacanza studio. Potrebbe nascere una storia d’amore, se fosse un Harmony, invece è un romanzo di formazione d’impronta tremendamente realista e cinica: la storia di Viola e Kimi.

Non so di cosa si tratti, ma sulla fascetta di copertina trovo a caratteri cubitali “Finalista di Masterpiece-Il primo talent show per scrittori”. Mi documento di cosa trattasi. Che sia cosa buona o una moda del momento e in quanto tale si esaurirà a breve, non è un problema né interesse mio affermarlo, sta di fatto che spettacoli, che sfornano talenti più o meno condivisibili, più o meno“meteore”, a raffica, in svariati settori nobili d’intrattenimento come canto, teatro, danza e quant’altro, facendo zapping con telecomando, si trovano un po’ ovunque da tempo, lo so da mo’. Apprendo però che da febbraio 2014 e conclusosi da poco, ce n’era uno in più, su Rai 3, per aspiranti scrittori con il sogno della vita: pubblicare il loro romanzo con Bompiani. Ecco. Non è la vincitrice la Raffaella Silvestri, ventinovenne milanese laureata all’Università di Cambridge che ha lavorato nel marketing e nella comunicazione, ma il suo romanzo d’esordio La distanza da Helsinki freschissimo di stampa -visto che è uscito il 7 maggio- sta già attirando l’attenzione oltre che in Italia anche all’estero.

A parer mio è un buon romanzo, ma non vuol dir niente questo commento soggettivo- personale e di sicuro non chiarisce le idee né è uno sprone all’acquisto del book, quindi mi allargo. Lo definirei metaforicamente parlando come quattro «porte socchiuse» che permettono l’accesso a stanze della memoria della vita di Viola e Kimi, e contengono momenti di disagio, scuola, famiglia, esperienze adolescenziali, lutti, amori, lavoro e quant’altro. Se entriamo senza far rumore, possiamo nasconderci in un angolino e ascoltare soprattutto i loro pensieri, permeati di angoscia e inadeguatezza allo star serenamente in questo mondo, espressi con scrittura semplice ma suadente, raffinata e va dritta al punto senza divagazioni, al cuore dell’anima. Cogliamo le esperienze ma soprattutto i sentimenti che sono scatenati, le “vomitate” considerazioni su come ci si debba adeguare per poter alla fine sopravvivere. Già la famosa triade Gestalt per cui osservo, percepisco con i sensi, penso e ciò mi scatena emozione che a sua volta si tramuterà in azione con risultati.

E i risultati … ahhh non son nient’altro che la vita stessa. Son solo 238 pagine striminzite e scorrevoli da un punto di vista volumetrico, ma macigni perché ricchissime di contenuto emotivo: un diario-anche se di certo né la forma né tanto meno l’aspetto linguistico c’entrino tanto con questo tipo di scrittura- sedici anni dall’adolescenza all’età adulta non son pochi e segnano. Mi colpiscono alcune frasi taglienti come la lama di un rasoio –le metto in grassetto- e sintetizzo il tema di fondo del libro La distanza da Helsinki: Chi è lei se non l’attesa di qualcuno che le dicesse brava. Ecco l’importanza di essere accettati per far parte del mondo e nello stesso tempo rendersi conto che tu non sei questo, pensa stancamente, per un attimo, ma ci vuole intento, ci vuole energia per essere se stessi, mentre per adeguarsi, ci vuole un attimo. Allora nascono tormenti che si portava dentro caos che dava vita. Ma l’alcol doveva prenderselo sto caos, per trasformarlo in adulto vuoto e triste e banale, ma amato dal mondo. Ma se il primo, il complicato Kimi “Lui era l’unica persona che l’abbia davvero accesa e resa se stessa e adesso che non c’è più si sente abbandonata dalla passione. E’ una qualunque,piena di sentimenti tiepidi e piccoli,un po’ più adulta,irrimediabilmente incastrata in una vita che non ha scelto,e che vivrà per sempre allo stesso modo,senza avventura,senza cambiamento e senza emozione”. Tremendamente realista e sconsolante l’accettazione e con la pillola rosa racchiusa in uno scrigno ,a portata di mano, tutto ti risulterà normale. Disordine, troppa roba per gli altri non c’è: non c’è niente per cui perderci la testa. Normalità. Allora torniamo a essere alberi che vivono in città, cavi, vuoti, senza possibilità di germogliare, chiusi nelle aiuole. Stanno lì tanto per starci, ma non vivono, vivacchiano. Con molecole legali Valium/alcol si può stare lì, con occasioni mancate, rimorsi … finché morte non ci separi. Ohh finale ineluttabile e la rassegnazione malinconica costante, senza via d’uscita. Chiedo e termino: su fascetta di copertina, please, prossima volta «Nuoce gravemente all’ottimismo. Può indurre a depressione. Prendere a piccole dosi» GRAZIE <3

Zarania



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