Recensione di “Sheepwolf”, il nuovo e sorprendente album della poliedrica Viola (Violante Placido)

Creato il 17 febbraio 2014 da Giannig77

Confesso di essermi messo all’ascolto attento di questo disco con uno stato d’animo ben diverso da quello che purtroppo anima tanti recensori, spinti talvolta da pregiudizio. E nel caso di Viola, alias Violante Placido, la cosa avviene di frequente, essendo lei famosissima “figlia di cotanto padre”. Ma, dicevo, il mio stato d’animo non contemplava assolutamente pregiudizio, anzi, ero ansioso di ascoltarla alla seconda prova discografica, dopo aver letteralmente consumato il suo cd d’esordio, uscito ben 7 anni prima rispetto a  questo recente “Sheepwolf”. Attesa ripagata, fatta di anni in cui la poliedrica Placido, neo mamma del piccolo Vasco,  oltre ad affermarsi pienamente come una delle attrici più talentuose della sua generazione, mietendo successi in fiction tv così come in produzioni hollywoodiane a fianco di nomi di assoluto grido (da George Clooney a Nicholas Cage), ha accumulato esperienza in questa sua veste più “alternativa”, diciamo così, di moderna cantautrice “indie”, se il termine non fosse ormai così abusato e spesso decontestualizzato.

Sgomberiamo il campo dagli equivoci: Viola sin dai primi timidi passi in musica ha scelto un profilo molto lontano da platee glamour, mainstream, preferendo assecondare la sua indole più introversa, rock, viscerale, in parte lontana dallo stereotipo cui si è soliti associare le “dive”. Ha esordito con una piccola etichetta, gestita dall’ex Giuliodorme, l’eclettico Giulio Corda, all’insegna di un genere pop folk quasi etereo in alcuni suoi punti. Laddove “Don’t be shy… ” accarezzava con suoni puliti, minimali e una voce delicata ma invero ancora un po’ acerba, “Sheepwolf”, edito dall’illuminata etichetta discografica Mescal, recupera sonorità più dure, distorte, malate, ma allo stesso tempo sognanti, malinconiche a tratti, efficace affresco di uno spettro sonoro/musicale eterogeneo ma allo stesso tempo molto a fuoco, ben rappresentativo delle tante anime della cantautrice. Lo ha fatto avvalendosi di un team d’eccezione, con la conferma di un gruppo solido, di amici, alla produzione e alla collaborazione dei pezzi. A suonare con lei l’altro Giuliodorme – ora nel nuovo progetto Guna col già citato Giulio Corda – Andrea Moscianese, che ha composto assieme a Viola “Scared of my ghosts”, Leziero Rescigno, Fabio Rondanin e Giuseppe Fiori, mentre un ruolo più rilevante lo hanno avuto Gaben (Alessandro Gabini) e Lele Battista. Entrambi polistrumentisti, il primo – con cui la Placido ha avuto pure una breve relazione… chiusa parentesi gossipara –  è produttore e co-autore di diverse parti musicali; il secondo, nome di punta tra i cantautori della scuderia Mescal, ha scritto con Viola gli unici brani in italiano presenti in scaletta, tra cui il singolo lancio “Precipitazioni”.

Sin dal primo brano, si intuisce che la direzione musicale è cambiata e che Violante, autrice di tutti i brani, è cresciuta artisticamente, ampliando il suo raggio d’azione.

“Dreams”, a dispetto del titolo, si insinua minacciosa col suo incedere elettronico e le voci come artefatte da un vocoder, provenienti da un pianeta lontano. Siamo lontanissimi dal brano che apriva il suo album d’esordio. Se “Together” accarezzava dolcemente, “Dreams” un po’ inquieta e ci proietta in un viaggio nuovo, più irto di pericoli forse, ma altrettanto affascinante.

Con la successiva “Funny Faces”, con testo e musica suoi, i suoni si fanno più amorevolmente pop: si sentono echi dei mai dimenticati milanesi Soon, anche se probabilmente la vicinanza è del tutto casuale, visto il differente background musicale.

“Scared of my ghosts” è una frizzante canzone mid-tempo con aperture rock che ricordano un certo indie pop anni ’90, quello caro a band come gli inglesi Sleeper o gli americani Veruca Salt, guidati dale due leader Louise Post e Nina Gordon.

Si arriva così al picco più emozionale dell’intera raccolta, rappresentato dall’uno-due “We will save the show” e “Hey sister”, delle quali Viola ha scritto e composto testi e musiche. Il lirismo vola alto in strofe come “Oh what shame, what a waste of time/making excuses, while you’re trying to hide/thinking that it’s not your time/we will save the show/we will let everybody know/we’re so happy”.

“Hey sister” è la prima vera ballata in cui ci si imbatte, con l’interpretazione che sale di intensità.

In “Don’t come close” fanno capolino delle spigolature alla Pj Harvey, con la voce che a tratti si carica di rabbia, mentre con “Systematic Rules” i toni tornano più delicati, a fianco di uno dei testi più ispirati dell’intera raccolta.

“You poison me” recupera invece l’intensità e la profondità delle tracce 4 e 5 già citate, preludio al singolo “Precipitazioni”, come detto in precedenza frutto della collaborazione con l’ex leader de “La Sintesi”, Lele Battista. Si tratta di una canzone malinconica, esistenziale (“esci allo scoperto/pieno di precauzioni inutili/esci allo scoperto/ma ti nascondi lo stesso… non restare nell’ombra di te stesso”). Il sound è quello di un pop rock spruzzato di elettronica non invasiva. Più lenta ed eterea la successiva “Qualcosa dev’essere successo”, unica canzone scritta interamente da Battista. Chiudono la scaletta le meno convincenti “Always late” e il brano eponimo dell’album, dalle tinte scure e dal testo corrosivo.

Un album a suo modo sorprendente, proprio per l’ampia tavolozza di colori messi in mostra, frutto di un’acquisita maturità espressiva e che dovrebbe godere di maggior risalto. Duole dirlo ma se fosse stata un’artista d’Oltre Oceano a presentare un’opera così, molto probabilmente avrebbe ottenuto più visibilità e clamore. Ma si sa, spesso per i “figli d’arte” il pregiudizio è difficile da superare. A me in fondo non interessa sapere quale sia la “vera” Violante, se quella “chic” che partecipa alle passerelle di moda e alle serate di gala, quella magnetica della pubblicità di prodotti di bellezza o quella più “alternativa” a cui piace esprimersi imbracciando una chitarra e duettando con artisti del calibro di Mauro Giovanardi o i Perturbazione, con cui debutterà nella serata speciale dei duetti a Sanremo. Preludio questo, chissà,  di una sua partecipazione futura alla più famosa rassegna canora italiana, dopo che si vocifera, già quest’anno si era presentata con un brano in coppia con il cantautore (e bassista degli Afterhours) Roberto Dellera.

Probabilmente Viola è un insieme di tutto questo, un’artista a tutto tondo che merita il successo che si è conquistata negli anni.

una splendida Violante Placido


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