The Great Gatsby il ricco, misterioso e impeccabile protagonista di un libro nato dalla penna di Francis Scott Fitzgerald, che ha fatto battere il nostro giovane e adolescente cuore, da oggi torna su grande schermo con un nuovo look, con un palazzo da mille e una notte e con le sue sfavillanti e roboanti feste a cui è difficile rinunciare.
Ma il Grande Gatsby, per quarant’anni è stato anche l’affascinante attore Robert Redford, in grado di ammaliare il pubblico femminile vestendo i panni di Jay, l’uomo dai misteriosi trascorsi che cercava di realizzare il suo sogno più grande: far rivivere un intenso amore, cancellare il passato, dare una giustificazione a scelte di vita che turbavano il suo sonno e quello di molte fanciulle.
Il film che ha aperto la 66° edizione del Festival di Cannes è di quel Baz Luhrmann che predilige le sfide, il colore, il caos, la frenesia, il rumore e la musica e che in passato diede vita agli apprezzarti “Romeo+Juliet” e “Moulin Rouge” (ed è soprattutto quest’ultimo film a farsi sentire, ad accompagnarci e a insinuarci dubbi quest’oggi).
La più grande sorpresa della pellicola di Luhrmann non è stato lo strabiliante cast presente (e in alcuni casi poco sfruttato) o la precisione, la cura del dettaglio, il gusto per il bello, bensì il caos, il moderno sottofondo musicale (non dovevamo essere negli ann’20?), la minima introspezione dei personaggi e la totale assenza di emozioni: siamo nuovamente di fronte ad un’opera bella ma senza un briciolo d’anima! Leonardo di Caprio ogni anno diviene più meticoloso e apprezzabile, ma proprio non riesce a farsi amare (per lo meno dalla sottoscritta), a farci tifare per lui, a farci emozionare durante il drammatico epilogo, e Dasy (Carey Mulligan) riesce a tenere per oltre due ore la medesima espressione (peraltro già vista in “Non lasciarmi” e già subìta in “Drive”) provocando non poco sconforto.