Recensione di Un posto anche per me di Francesco Abate

Creato il 14 marzo 2016 da Leggere A Colori @leggereacolori
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In breve..

Peppino prende l'autobus tutte le notti e attraversa Roma. Lui è il ragazzo delle consegne, uno dei migliori, entra nelle case dei clienti con la sua presenza educata, silenziosa, ma ingombrante e goffa. Peppino ha vissuto la sua vita in solitudine in balìa delle decisioni altrui, i ricordi del passato sono stati i suoi compagni di viaggio. Ma adesso è lui che decide di abbandonarli e liberare se stesso.

Susanna
Così è per i pensieri del passato. Stanno lì appostati, come cane Tobia, ma non puoi prevedere quando e perché torneranno a morderti.

Peppino lavora al Nuraghe Blu, un ristorante sardo a Roma: è il ragazzo delle consegne, ma si occupa dei prodotti più prelibati ed esclusivi. Viaggia di notte e prende l'autobus. Mai e poi mai prendere una macchina, come gli ha insegnato zio Mino, il suo capo. Peppino è silenzioso, perché non bisogna mai fare domande, come gli ha insegnato Wahid, il suo collega tunisino, è educato e garbato, come gli hanno insegnato le suore Ciliegine e i Salesiani. Peppino è solo al mondo, Nonna Vecchia è l'unica che ha provato a tenerlo con sé, Nonna Giovane non l'ha mai considerato degno di considerazione. Peppino è grasso, Calabrese l'ha sempre visto solo come "una palla di lardo" con cui divertirsi. Poi c'è Cambazzu Franco, uomo dalle grandi promesse, ma dal poco coraggio, c'è il Babbo, una presenza forte, ingombrante, pur essendo quasi sempre assente. Tutti pensano che Peppino sia strano, stupido, parla da solo, ma non sanno che lui parla con Marisa, "l'unico ricordo bello della mia vita". Ed è a Marisa che Peppino confida tutti i suoi pensieri, il suo passato che affiora parallelamente ai fatti del presente. È proprio di ricordi che lui vive e richiama continuamente in maniera nostalgica. A lungo ha vissuto secondo le decisioni degli altri, nell'indifferenza. A lungo ha pensato se fosse giusto morire lì o vivere da un'altra parte. Fino a che un giorno Peppino ha saputo cosa fare. Era arrivato il momento di andare a cercare il suo posto nel mondo.

Un posto anche per me è un libro riflessivo, che lascia un sapore un po' di tristezza e amarezza, ma sorprende alla fine con uno slancio di speranza. Ci fa capire come sia facile cadere nella solitudine pur essendo circondati da tante persone, ci ricorda l'importanza di mantenere sempre forte la propria dignità per evitare che gentilezza e bonarietà si trasformino in sottomissione e ci insegna che, per andare avanti e trovare il proprio posto, non si può lasciare che i ricordi del passato continuino a tormentarci.

Sono proprio i ricordi il filo conduttore di Un posto anche per me, flashback continui che irrompono nel racconto dei fatti presenti allo stesso modo in cui irrompono nella mente di Peppino, come se non ci fosse un filtro tra il flusso dei suoi pensieri e la narrazione. Ogni cosa che Peppino vede, ogni persona che incontra assomiglia a qualcosa che ha già vissuto o a qualcuno che ha già conosciuto. Questa tecnica riesce bene a farci entrare nella mente del protagonista, a capire la sua anima e il suo mondo, suscita empatia e diventa impossibile non affezionarsi. A volte però questa scelta rende la lettura poco scorrevole e a volte succede di perdere il filo del racconto o non si riesce subito a inquadrare i personaggi che emergono o a capire la successione dei fatti.

Un uomo che viaggia da solo sull'autobus della notte porta sempre con sé un gran segreto e lo accompagnano molte vergogne. E gli uomini che custodiscono segreti e vergogne è meglio non disturbarli.

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