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Recensione di Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto

Creato il 29 ottobre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

29 ottobre 2013 • Recensioni Film, Vetrina Cinema •

Il consiglio di Maria Giorgia Vitale

Summary:

  Zoran, il mio nipote scemo: un film ironico, cupo ed ebbro

Paolo Bressan è un beone quarantenne, cinico, misantropo e bugiardo cronico che trascorre le giornate quasi interamente da Gustino, gestore di un’osteria in un paesino vicino a Gorizia. Lavora controvoglia in una mensa per anziani e cerca di riconquistare invano Stefania, la sua ex moglie. La sua vita cambia quando, morta una vecchia parente, è costretto a prendersi cura di Zoran, un nipote quindicenne sloveno che indossa un paio di grandi occhiali, parla un italiano forbito, ed è un campione di freccette, talento che Paolo cerca di sfruttare iscrivendo il nipote al campionato mondiale di freccette il cui montepremi è di 60 mila euro. Ma, non tutto andrà come stabilito nei piani di Paolo il quale dovrà fare i conti con se stesso.

Vincitore del Premio del Pubblico nella sezione “Settimana Internazionale della Critica” al Festival del Cinema di Venezia e il Premio Schermi di Qualità 2013, Zoran, il mio nipote scemo, coproduzione italo-slovena, è l’opera prima di Matteo Oleotto. Il film è ambientato in una piccola provincia del Friuli Venezia Giulia, vicino il confine sloveno i cui protagonisti principali sono il personaggio di Paolo Bressan e il vino.

Paolo Bressan, interpretato magnificamente da Giuseppe Battiston, è un tuttotondo che si è costruito da anni una veste accidiosa che ricalca perfettamente il suo essere egoista, maleducato, insensibile nei confronti degli altri e menzognero che sfoga la sua frustrazione ingurgitando litri e litri di vino. A tratti sembra la versione italiana di Drugo Lebowski solo più estremizzato e ancora di più sboccato. È un miserabile soprattutto quando arriva come un fulmine a ciel sereno una “eredità” sgradita: un nipote il cui nome viene da subito storpiato in Zagor. Zoran, interpretato dal bravo esordiente Rok Prašnikar, è completamente diverso dallo zio: è schivo, composto e silenzioso la cui timidezza si palesa nel suo essere ricurvo su se stesso, quasi si nasconde dietro dei grandi occhiali da vista e si esprime con un linguaggio aulico ed arcaico che lo rende alquanto bizzarro.

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Tuttavia, al di là del rapporto/scontro tra zio e nipote, protagonista assoluto è il vino o se volete l’ebbrezza che non abbandona mai la scena. È proprio il vino che caratterizza gli umori che si alternano in Paolo e dipingono l’allegria e la malinconia sul suo volto.

Ora, sebbene si alzi sempre il gomito nel film, Zoran, il mio nipote scemo non si esaurisce mai nel grottesco, piuttosto cammina sul genere della commedia ombreggiata da toni cupi e amari legati oltre che al personaggio di Battiston, anche alla provincia la cui descrizione fatta dal regista caratterizza i suoi stessi abitanti, orgogliosi e al contempo frustrati del luogo in cui vivono.

Ciò che rende ancora più interessante Zoran, il mio nipote scemo è la sua colonna sonora a cura del gruppo Sacri Cuori. Caratterizzati da sonorità blues e folk, i brani si muovono si armonie lente ed essenziali, quasi grezze un po’ come il vino che si beve nel film. Non è pregiato, il vino è quello sfuso, senza alcuna pretesa insomma, ma forse è più genuino, come del resto lo è il personaggio di Paolo Bressan, miserabile, ma proprio per questo umano. Dunque, Zoran, il mio nipote scemo è un bel film che si apprezza e si gusta proprio come un buon bicchiere di vino.

Di Maria Giorgia Vitale per Oggialcinema.net

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