[Recensione] Dieci passi nell’aldilà di AA.VV., a cura di Marco Cardone

Creato il 20 marzo 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: Dieci passi nell’aldilà
Autore: AA.VV. a cura di Marco Cardone
Editore: Liberodiscrivere® edizioni
ISBN: 9788873884231
Anno: 2012
Formato: libro
Lingua: italiana
Numero pagine: 208
Prezzo: € 15,00
Genere: Fantastico
Voto:

Contenuto: [dalla prefazione di Valerio Evangelisti] Otto formidabili racconti per una formidabile antologia. Quando ho avuto in mano il testo, non mi aspettavo nulla di simile. Pensavo a una raccolta di storie horror a buon mercato, come me ne sottopongono tante. Sangue, fantasmi, morti viventi: la solita paccottiglia, che all’estero ha grandi autori, ma che in Italia sfocia molto spesso in fallimenti e in ingenuità. Questo libro è totalmente diverso, per fortuna. Qualche tocco horror c’è, ma resta marginale. Prevale invece una inventiva scatenata declinata in vari registri: dalla black comedy al sarcasmo cattivo, dalla fantascienza al noir, e persino al racconto di ambito regionale ancorato a favole e leggende. Difficile dire chi abbia la meglio, nella tenzone. Gli autori gareggiano in bravura. Alcuni sono veri e propri stilisti. L’efficacia è comunque garantita. Iniziato un racconto, resta difficile staccarsene.

Recensione: I racconti qui raccolti, per un verso e l’altro, non sono ben classificabili. E questo è un bene. Ciascun autore ha inteso costruire delle storie che vanno oltre il genere al quale dovrebbero appartenere, che è poi lo scheletro su cui poggia il resto, la sostanza.

Il primo racconto è quello di Alessandra Lusso – Memorie, costruito intorno a una verità che sembra lapalissiana, ma che tanto scontata non è, se a interrogarsi su di essa è chi non esiste più: La morte non ci porta via del tutto la persona amata: rimangono sempre le sue scarpe, il suo spazzolino, i bracciali che le tintinnavano al polso mentre si spostava i capelli. Il problema è riconquistarli, non perderli questi ricordi, e trovare il modo di strapparli al fiume Lete, cioè all’oblio.

Il secondo racconto è di Federica Maccioni – Sa Filonzana. Per chi non lo sa, è una maschera tipica del carnevale sardo, di colore nero. Impersona un’inquietante filatrice che armeggia col suo fuso e un filo sottile, il quale rappresenta la nostra vita, il tempo che ci è stato concesso. Si narra di un amore sfortunato, quello tra Efisio Carta e Paska Mereu, andata in sposa a un altro e morta prematuramente, non si sa come, non si sa quando. Efisio, disperato, lo viene a sapere perché al fiume ne incontra lo spirito, nelle sembianze di una pana china sull’acqua. La storia mi è piaciuta molto in quanto affonda le radici nel folklore italiano (sardo in questo caso). Non manca di dare un sapore tutto nostrano alla vicenda, richiamando le atmosfere create da Grazia Deledda, opportunamente citata dall’autrice in epigrafe al testo.

Il terzo è di Polly Russell – Nella morte e nell’amore. Qui si narra un rovesciamento inaudito: se i mortali, in quanto tali, sono sottoposti alla legge del tempo, della vecchiaia, e di tutti quegli accadimenti che per loro natura fanno cessare l’esistenza, qual è la legge cui è sottoposta la morte, e che succede all’ordine degli eventi se colei che, sola a poterla dare, vi contravviene, innamorandosi e scegliendo, anche solo per un momento, di varcare una soglia che non le appartiene?

Ne La Rete, di Marco Migliori, comincia dal niente un dialogo tra inquilini particolari, quelli che abitano i loculi di un cimitero. Non è facile farsi udire al di là delle pareti delle tombe, i messaggi vengono trasmessi con il passaparola, e così le domande con le risposte agognate In questo modo, pur se isolati dal resto del mondo, un poco vi appartengono, costruendo qualcosa che assomiglia a una vera e propria rete di comunicazione, ingegnosa nella sua semplicità.

La casa delle bambole di Alessandro Cal è uno dei più tristi e melanconici. Una bambina, prima felice con i genitori e i nonni, non riesce a capire cosa sia avvenuto, cosa abbia incrinato la serenità di un tempo. La ignorano, hanno cessato di donarle l’affetto dovuto. Solo suo padre le rivolge qualche parola, ma sono rimbrotti ruvidi e scoppi di pianto. Il motivo non è difficile da intuire…

Roberto Bommarito, in Rivoluzione, narra della seconda venuta di Cristo, un Cristo che non si incarna in una persona, ma in una moltitudine dispersa in tutte le nazioni, moltiplicando e amplificando il messaggio del quale è portatore, come anche i disordini, le reazioni, lo smarrimento.

Il racconto di Livio Gambarini, Capolinea, con uno sviluppo fantascientifico, comincia con una domanda: cosa c’è dopo la morte? Il giorno dopo ha l’idea di essere l’ultimo, il 21 dicembre 2012. Se una risposta c’è, è articolata, confusa, farraginosa. Chi desse un’occhiata dove di solito non si guarda, di risposte ne riceverebbe a dozzine e nessuna, forse, definitiva. Perché mai ostinarsi? Vi sono concetti comuni a molti uomini che assumono consistenza e veste di spirito, e spiriti capaci di impossessarsi di un’intera metropolitana.

L’ultima storia è quella del curatore, Marco Cardone, Un noir dell’altro mondo. Con le sue settanta pagine è il racconto più lungo e surreale. Assomiglia molto a un cartoon ambientato in un aldilà che assume aspetti molteplici, secondo l’occhio che guarda, non si sa mai quanto reali o artefatti. Il racconto ha la struttura di un giallo: Garrett, un improbabile investigare dell’aldilà, dovrà risolvere un intricato omicidio. Intricato perché è avvenuto in un luogo dove la morte non è più di casa, o almeno così si pensava. Intricato perché salta fuori un’arma capace di arrecare la seconda morte, quella definitiva e senza appello. Una vera brutta gatta da pelare. Tra miliardi di anime disperse nei vari livelli, non sarà facile raccogliere le tracce, individuare e inseguire il sospettato, cogliere il disegno che sta dietro.

Da questa rapida disanima si comprende che la raccolta è piuttosto variegata e ricca. Ogni storia ha messo in moto la creatività degli autori che hanno giocato con un genere senza venirne sopraffatti. L’unico racconto che un po’ segue la tradizione – Sa filonzana – vivifica un’arte dello scrivere che si è andata perdendo, in quanto fuori mercato, si dice, di poca attrattiva.

Non credo sia stato facile metterli insieme.


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