Recensione “Dolcemente tenebroso. Il risveglio di Lucilla” di Serena Pieruccini

Creato il 12 giugno 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Valentina Coluccelli Titolo: Dolcemente tenebroso. Il risveglio di Lucilla Autrice: Serena Pieruccini Casa editrice: Felici Editore Pagine: 315 Prezzo: 15,00 euro Data pubblicazione: 2011
Premi: Primo classificato ex aequo al premio letterario nazionale Magia Urban Pret a Porter Trama: È una notte di giugno quando Lucilla apre gli occhi, nella sua bara, svegliata dai miagolii di un gatto. Immaginatevi il suo sconforto nel trovarsi in piena notte in un cimitero, nel rendersi conto di essere morta, senza però ricordare come sia accaduto. Ma fra le ombre ecco che arriva Biglia, pronto ad aiutarla, a farle da cicerone e da amico nelle incredibili notti che si susseguiranno. Lucilla scopre subito di avere un legame con i gatti morti che trova sbrindellati fuori dal cimitero e che cuce rimettendoli assieme. Chi è che fa a pezzi quei poveri animali e li va a sotterrare tra i cipressi? E per quale motivo? Perché Lucilla non riesce a ricordare com’è morta? Come mai ha tutte quelle cuciture sul corpo? Una notte dopo l’altra, fra la comparsa dei più svariati e strambi personaggi, Lucilla verrà a capo di un grande mistero. Intanto, di giorno, il commissario Angelo Lugosi indaga sulle atrocità commesse da un serial killer. Si tratta di un caso davvero difficile, ma ci saranno il suo fedele Gongo, un meticcio fin troppo sveglio, i due ispettori e la bella Ligeia a confortarlo e ad aiutarlo senza fargli perdere il senno. I sospettati si svelano a poco a poco, raccontandoci un po’ di loro, facendoci confondere forse, come in ogni giallo che si rispetti. Chi sarà l’assassino? Com’è morta Lucilla? Quale mistero aleggia nel cimitero? Chi uccide i gatti? Perché Lucilla ne è così legata? Chi scrive le filastrocche? E chi è Biglia? Non vi resta che scoprirlo.
RECENSIONE

Non stavo sognando.Non ero uno scherzo. Mi trovavo in un cimitero, seduta sulla mia tomba ed ero morta: non sentivo il mio cuore battere. Mi toccai: non ero un fantasma, sentivo la carne e il freddo sotto di essa, dove la pelle toccava la tomba.Non ero un vampiro, tastavo i miei denti con la lingua e non avevo zanne. Che peccato, mi piacevano tanto i vampiri.Cosa rimaneva? Ero una zombie. Una patetica zombie di tredici anni.

Insolito e sorprendente nei contenuti e nella forma questo esordio di Serena Pieruccini, che ci racconta una storia dai toni orrorifici e infantili sul ritmo incalzante e di trepidante attesa del thriller. La trama si dipana alternando i capitoli intitolati “Dal diario di Lucilla”, scritti un po’ di giorno nella propria bara e un po’ di notte stesa sulla pietra tombale, dalla giovane Lucilla, una bimba di tredici anni svegliatasi improvvisamente zombie tra le mura del cimitero, senza memoria di come sia morta, a quelli intitolati “Le indagini del commissario Lugosi”, in cui si muovono appunto il commissario, i suoi collaboratori (nonché il suo cagnolino!), gli indiziati di efferati delitti seriali che stanno piegando alla paura la popolazione della città di L. e tutti i personaggi che, per vari motivi, animano le vicende legate alle indagini. 


Nonostante lo stile molto semplice, a tratti volutamente infantile, il detective plot tiene incollati alle pagine, creando suspance e riuscendo a far ricadere i sospetti del lettore su molti personaggi ma su nessuno in particolare, mostrando il colpevole, inaspettato e quasi insospettabile, solo nelle ultime pagine; si scopre la verità, efficacemente, attraverso i ricordi che piano piano tornano a completare la memoria di Lucilla, attraverso le sue scoperte e le sue intrepide missioni e attraverso le giovani vittime tredicenni, piuttosto che grazie ai ritrovamenti, agli interrogatori e alle analisi sofisticate di ogni genere condotti dal commissario e dalla polizia.

Inizia a scrivere, piccola Lucilla
in queste pagine la tua luce brilla. Fai sì che splenda tanto Da rischiarare ogni antro. È una storia ingarbugliata Dagli eventi ammatassata. Nodi, raggiri e coincidenze Di tutto sembrano le essenze. Un rompicapo è tutto per davvero E la Polizia non risolve il mistero. Forse c’è chi si è dato tanto da fare Affinché ogni cosa non s’abbia a svelare?

Il tema della morte è centrale, stranamente mostruoso per i vivi – per la crudeltà e la violenza dei delitti e per il dolore con cui le persone affrontano la separazione dai propri cari – e sereno per i defunti. Il risveglio, all’apparenza spaventoso, dei morti nelle proprie bare, spesso con corpi incompleti, ricuciti e comunque deturpati dal trapasso, è addolcito dalla quiete con cui viene affrontato, dalle inattese solidarietà e comprensione che si instaurano tra i morti zombie del cimitero e dai disegni, al contempo teneri e sinistri, che accompagnano il libro, opera dell’autrice stessa, che meglio di mille descrizioni fanno prendere forma ai personaggi, delicati e raccapriccianti. Nonostante questo, però, la morte non fa meno male. Anzi, le storie di vita e morte sulle quali l’autrice si sofferma, raccontate da alcuni zombie a Lucilla – quella dell’amico Biglia, quella dei due innamorati che si sono scambiati il cuore, quella della suicida affetta da dismorfofobia, quella di Silvia col suo mostro nella pancia e quella, più intensa e commovente di tutte, del morto Anonimo – portano le tracce della sofferenza, dell’incomprensione e del rimpianto per l’occasione sprecata – o peggio strappa via da altri – di realizzare qualcosa o se stessi da vivi.

Io quando sono morta ho provato […] una rabbia così grande da cancellare quasi il dolore. Rabbia, perché quell’assassino la stava facendo franca e stava riuscendo nel suo scopo. Stavo morendo. Rabbia perché si nascondeva e vedeva il mio volto sofferente e inerme, mentre io non potevo vedere lui. Rabbia per il senso di impotenza […], per l’insensatezza di tutto ciò. E rabbia per la perdita di una possibile vita, per i sogni e le speranza inutili e per le persone che lasciavo dietro di me.

Ma questa vita a metà, sospesa, in attesa del trapasso verso la morte definitiva, o meglio verso una nuova sconosciuta modalità di esistenza, ha un che di consolatorio, di rassicurante. E fa quasi da contraltare alle esistenze dei viventi e dei sopravvissuti, segnate dal conflitto, dalle incomprensioni, dai pregiudizi, dalla ricerca faticosa e spesso fallimentare di verità e giustizia. Per lo più, l’autrice ci racconta le storie dei numerosi indiziati e, meno approfonditamente, quelle degli ispettori o di chi in qualche modo ruota attorno al caso (come ad esempio le due amiche animaliste Trilly e Eleonora). Ma per quanto utili al fine di rendere completo il quadro dei sospettati e delle indagini, più che vere e proprie caratterizzazioni questi excursus vitae appaiono come ritratti fugaci e imperfetti – se pur in alcuni casi toccanti –, quasi veri e propri profiles degli indagati. Infatti, questi numerosi personaggi non sono parte attiva della narrazione, non entrano realmente in gioco come persone, ma ricordano piuttosto – mi si perdoni la licenza – le pedine del Cluedo, che si muovono sulle varie scene del delitto: tutte possibili colpevoli, tutte possibili vittime, tutte con possibili moventi. Delle quali il giocatore deve conoscere passato, psicologia e background affettivo e sociale per poter portare avanti la partita e giungere a scovare assassino, movente, arma e luogo del delitto. La particolarità del libro è il forte contrasto tra l’atmosfera e i contenuti macabri, cupi e adulti e lo stile semplice della narrazione – caratterizzato da un linguaggio comune, spesso colloquiale e privo di virtuosismi, da frasi brevi, da capitoli di due, al massimo tre paginette, sempre introdotti da un sottotitolo, dalle filastrocche un po’ naif che Lucilla trova ogni mattina sulla sua tomba, dai pensieri comuni, lineari della protagonista, non particolarmente brillanti ma mai artificiosi. Tutti indizi, questi, che fan pensare si tratti di un libro per ragazzini; non sfugge, infatti, anche un certo intento pedagogico, che trapela in alcune riflessioni profonde – soprattutto uscite dalla bocca di Biglia, un giovane morto che diviene da subito guida e poi amico inseparabile di Lucilla –, come nel tentativo (evidente e dichiarato) di sensibilizzare al rispetto e all’affetto per gli animali (i personaggi più positivi sono vegani, ad esempio, e i mici hanno un ruolo fondamentale di vittime e al contempo ausili nella nuova vita di Lucilla), nella condanna velata agli effetti deleteri delle droghe. Eppure il tema degli zombie e soprattutto quello degli omicidi seriali – mai descritti nei dettagli, ma lasciati ampiamente intendere, e forse per questo ancor più violenti, lasciati in mano all’immaginazione del lettore – sono raccontati attraverso brani cruenti, crudi, talvolta raccapriccianti (sia a livello fisico che psicologico). Questo connubio contrastante di trama horror e narrazione infantile, di atmosfere dark e toni che sanno di poesia e tenerezza, di immagini crude e dettagli cartoneschi che le ingentiliscono, di dimensione reale che si sposa, in modo al contempo surreale e credibile, con quella immaginaria o onirica, fa del libro un omaggio alle opere di Neil Gaiman (i bottoni cuciti sugli occhi, ad esempio, ricordano molto Coraline) e a quella visione del mondo folle, geniale, oscura e visionaria, esclusiva di Tim Burton (come non accostare il libro all’atmosfera scanzonata eppur nostalgica, orrorifica eppur poetica di Nightmare before Christmas o de La sposa cadavere?). Insomma, un buon esordio – originale, creativo e piacevole da leggere –, con qualche pecca qua e là, ma assolutamente godibile. L'AUTRICE Serena Pieruccini  - Sognatrice fin dalla più tenera età e specialista in fughe dal reale. Vive a Lucca dove ha tramutato la sua soffitta in uno "studio" letteralmente invaso da una miriade di creature. Crea pupazzi e personaggi con incredibile manualità, trovando il modo di contestualizzare la sua essenza in uno schema socialmente accettabile, così dice lei. Dolcemente tenebroso, Il risveglio di Lucilla è il suo primo romanzo. I suoi lavori sono visionabili nel suo sito QUI


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