Recensione: … E FUORI NEVICA! di Vincenzo Salemme, imprevisto campione al box-office

Creato il 22 ottobre 2014 da Luigilocatelli

… e fuori nevica!, un film di Vincenzo Salemme. Con Vincenzo Salemme, Carlo Buccirosso, Nando Paone, Margareth Madè, Maurizio Casagrande, Giorgio Panariello, Paola Quattrini.
Che abbia incassato un milione e mezzo di euro lo scorso weekend lascia sbalorditi. Per carità, è un film dignitoso, solo che ripropone modi e tempi comici da commedia d’epoca (in certi momenti sembra di rivedere Totò e Peppino). Non proprio sintonizzata sul gusto delle platee popcorn, ecco. Storia di tre fratelli di cui uno pazzariello, ed è l’occasione per gli attori di scatenarsi in una gran performance da teatro vernacolare di una volta. Voto 5+
Finora questo autunno è stato al box office per il cinema italiano un bagno di sangue. Tra le rare eccezioni, … e fuori nevica! di Vincenzo Salemme che lo scorso weekend si è issato al primo posti degli incassi con la cifra di un milione e mezzo, un bel gruzzolo di questi tempi non così floridi. Forse non se l’aspettavano nemmeno i produttori, quanto a me son rimasto, e sono, basito. Intendiamoci, … e fuori nevica! è un prodotto dignitoso assai, di buon mestiere, e però trattasi di un cinema-teatro (è la versione schermica di una commedia scritta, interpretata e messa in scena da Salemme la prima volta la bellezza di vent’anni fa) che si riallaccia sì alla buona e anche eccellente tradizione partenopea, ma che suona irrimediabilmente vetusta, logora, fuori tempo massimo. Battute non proprio folgoranti, ritmi letargici, dialoghi estenuanti e trascinatissimi. Personaggi di un mondo che sembra perduto, socialmente estinto, da museo antropologico, quello di una piccola borghesia da centro storico di Napoli in cui il ricco, l’emergente, quello che si può permettere di spendere ‘na barca di soldi (in questo caso per acquistare un appartamentone) non è un finanziere, non è un re dell’edilizia, non è un calciatore e nemmeno un camorrista. No, è un fruttarolo con negozietto sotto casa. Non so se ho reso l’idea degli anacronismi, ecco. L’impressione è di assistere a una recita sotto teca, in naftalina, a un così eravamo a Napoli (nel teatro di Napoli). Se almeno ce ne fosse la consapevolezza, se almeno la riproposizione oggi, qui, adesso di quel teatro fosse operazione volutamente rétro, filologica e citazionista con tanto di clin-d’oeils e virgolette stranianti e distanzianti poste alle battute e ai passaggi più datati. Invece no, macché. Tutto tel-quel. Come si può conciliare oggi un prodotto così con il gusto medio del pubblico da domenica al cinema? Dei consumatori di popcorn? Eppure … e fuori nevica! ha incassato quegli euro che dicevamo, contro, mi pare, ogni regola del marketing e smentendo ogni previsione. Certo, bene, benissimo così per Salemme, che può fregiarsi di un successo che molti suoi colleghi del cinema italiano d’oggidì, anche più giovani di lui, se lo sognano. E però la domanda resta: cos’è successo? com’è successo?
Tre fratelli in un interno (e qualche esterno) napoletano. Enzo fa il cantante sulle navi da crociera, un simil-Silvio prima della politica e anche delle televisioni, il quale però, avendo il vizietto del gioco, si è indebitato al punto che il capitano è costretto a farlo sbarcare, ed eccolo, disoccupato, tornare a casa, nel grande appartamento dove ha sempre vissuto mamma che se n’è appena andata, e dove vivono ancora gli altri due fratelli. Stefano lavora in un’agenzia di viaggio, anche se la sua massima occupazione è di star dietro a Cico, il piacchiatello del trio, il pazzariello, anzi proprio fuori-fuori con parecchi circuiti cerebrali mal funzionanti. Si potrà dire il disabile di famiglia? Quello che in tempi non ossessionati dal politicamente corretto sarebbe stato chiamato il fratello scemo. Il quale, da scemo del trio, è anche deputato dal testo a divertire lo spettatore con le sue uscite ora surreali ora letteralmente demenziali, a creare quelle aree di incongruo, di sospensione del reale e del razionale, di derive nell’assurdo che sono il terreno di coltura della comicità più facile. La convivenza tra fratelli è alquanto complicata. Enzo, uomo che ha girato il mondo, mal sopporta i piccoloborghesismi di Stefano e le mattane di Cico (che mangia solo puré di patate, festeggia ogni notte il suo ora-compleanno ecc. ecc.). Tant’è che, quando si fa sotto il fruttarolo di cui sopra offrendo dei begli euri per l’appartamento – euri con i quali i problemi economici di tutti sarebbero risolti – Enzo è il primo a voler accettare. Peccato che mamma abbia lasciato scritto nel testamento che è loro dovere, se vogliono godere del patrimonio, continuare ad abitare tutti e tre insieme. Succederanno parecchie cose, i due fratelli diciamo così furbi cercheranno di aggirare il volere testamentario della genitrice e di vendere comunque la casa, il fratello diciamo così scemo si dimostrerà per niente scemo. La seconda parte, con i suoi piccoli colpi di scena disseminati astutamente, è la migliore, con un finale non così scontato, anche con un ritmo meno letargico. Vero, … e fuori nevica! non riesce mai a togliersi, neanche per un momento, quella polvere da teatro d’epoca. Quel senso di inattualità. Ma forse non bisogna chiedergli troppo, cercando se mai di vederci quel che di buono c’è. Salemme ha mestiere, e nei suoi dialoghi con i fratelli, tra qui pro quo e doppisensi e distorsioni lessicali e afasie sembra di risentire qualcosa di Totò e Peppino, e anche di Peppino e Eduardo. Nando Paone, bravissimo come scimunito Cico, rifà esplicitamente Totò nel linguaggio dei gesti e nelle deformazioni facciali, in una performance strepitosa da gran teatro vernacolare di una volta. Salemme è Salemme, con la sua aria da napoletano perbene e medioborghese e quella comicità ‘signorile’ a bassa intensità e lenta carburazione. Carlo Buccirosso da anni è tra i nostri migliori attori di supporto, quelli che venivan detti in altri tempi caratteristi, e qui non sbaglia un colpo. Ecco, prendiamolo, questo film, come un’esibizione di tre attori al loro meglio. Come una lezione napoletana.


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