Recensione e trailer di “Dust Cloth”, una storia familiare nei sobborghi turchi

Creato il 13 marzo 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

(Recensione di Marta Terzi per “storiadeifilm.it“) – “Dust Cloth” è un film di Ahu Öztürk, con Asiye Dinçsoyt, Nazan Kesal, Serra Yilmaz, Didem Inselel, Mehmet Ozgur. E’ stato presentato alla 34esima edizione del “Bergamo Film Meeting”.

Due donne, Ne­srin, di in­do­le sen­si­bi­le e ma­lin­co­ni­ca, ap­pe­na la­scia­ta dal ma­ri­to, e Hatun, prag­ma­ti­ca e ir­ri­ve­ren­te, sono due donne delle pu­li­zie di ori­gi­ne curda. En­tram­be so­gna­no un fu­tu­ro mi­glio­re, un la­vo­ro sta­bi­le ed un’as­si­cu­ra­zio­ne e ma­ga­ri una bella casa. Ne­srin ci prova, ma le dif­fi­col­tà, col tempo, di­ven­ta­no sem­pre più in­sor­mon­ta­bi­li.

Dust Cloth è il primo lun­go­me­trag­gio della turca Ahu Oz­turk, do­cu­men­ta­ri­sta alla suo lun­go­me­trag­gio d’e­sor­dio; Dust Cloth è un viag­gio in sor­di­na nella vita di due donne ar­ri­va­te ad un punto cru­cia­le della loro esi­sten­za: quel­lo dove non si rie­sce più a su­bi­re. Quan­do il film co­min­cia Han­tun è una donna di mezza età con un fi­glio ado­le­scen­te ed un ma­ri­to bron­to­lo­ne. Si la­men­ta e urla per un la­van­di­no che perde, ma sa molto bene che non la­sce­reb­be mai la sua fa­mi­glia, o il suo la­vo­ro, de­fi­nen­do­si con­ten­ta della sua vita. Ne­srin in­ve­ce è ad un punto di svol­ta dram­ma­ti­co: il ma­ri­to Cefo è an­da­to via da casa e non vuole sa­per­ne di tor­na­re o di par­la­re con la mo­glie, che deve cre­sce­re la fi­glia da sola.

Ad ac­co­mu­na­re le due donne c’è l’a­mi­ci­zia di una vita, un rap­por­to quasi di san­gue che si co­strui­sce sulla con­di­vi­sio­ne di fru­stra­zio­ni e di pet­te­go­lez­zi, e poi il la­vo­ro, per­chè il cen­tro della vita di que­sti due per­so­nag­gi è la loro oc­cu­pa­zio­ne come donne delle pu­li­zie nelle case di si­gno­re be­ne­stan­ti. Que­sto è un film co­strui­to su due li­vel­li: quel­lo re­la­zio­na­le e quel­lo quo­ti­dia­no. Da un lato ab­bia­mo un forte tes­su­to re­la­zio­na­le, che per­met­te ai per­so­nag­gi prin­ci­pa­li di de­fi­nir­si: c’è il bur­be­ro ma­ri­to di Han­tun e la fi­glia di Ne­srin, bella e dolce; e poi i rap­por­ti, fon­da­men­ta­li, con le pro­prie da­tri­ci di la­vo­ro. Ne­srin si sente”… (per continuare a leggere la recensione cliccare qui –>> “storiadeifilm.it”).


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