Recensione: Echi di squarciagola

Creato il 21 marzo 2012 da Topolinamarta

Buongiorno, amici, benvenuti a questo nuovo appuntamento del progetto “Recensioni d’inchiostro”.
Sì, lo so, sono in un ritardo pazzesco, ma un qualche ritaglio di tempo per leggere e scrivere recensioni si trova sempre. Quindi ecco a voi il mio parere riguardo al libro di Alvin M., Echi di squarciagola.

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Alvin M è un giovane musicista. Questa storia è la testimonianza delle sue origini come scrittore, con dolce innocenza. Come un sorriso che ricorda l’adolescenza, che ricorda quanto è stato fresco il cielo blu brillante. Riporta le memorie di Marta, un personaggio che forse vive solo nell’immaginazione che sta dentro il cuore dell’artista, a cui lo stesso ha dato il compito di narrare la storia. E quando racconta lei, sta a distanza da noi in un posto speciale, tetro, oscuro, malinconico e triste. In fin dei conti è una storia che parla di musica, d’amicizia, d’amore, un amore che Marta non è mai stata in grado di rivelare a Thomas Jr, suo amico del cuore. Una storia che narra di un ambiente bigotto in cui uscire fuori dagli schemi può essere sinonimo di qualche brutto inconveniente. Figurarsi poi se i protagonisti sono dei piccoli amanti del rock. Confini imprecisabili fra il reale e l’irreale, malinconici sensi del passato e della solitudine baffi di luce, ombre di fumo, adolescenti musicomani, sulfurei paesaggi fra il palpabile sogno e l’agrodolce realtà fanno da bassocontinuo alle vicende di Echi di squarciagola. Che altro non è che una bella canzone d’amicizia.

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Ho deciso di iniziare questa recensione con una premessa che mi sembra d’obbligo, dato che mi reputo una persona sincera: non sono affatto sicura di averlo capito, questo romanzo. Vi dirò che i libri piccoli come questo (diciamo entro le cento pagine, ovvero quelli che non sono più semplici racconti, ma non ancora del tutto romanzi) mi mandano sempre in crisi, perché molto spesso le possibilità sono due: o l’autore è un genio in grado di far entrare una storia in così poco spazio, oppure, per quanto bravo sia, c’è sempre la sensazione che manchi qualcosa. Quest’ultimo, ahimè, è il caso di Echi di squarciagola.

In questa storia ci troviamo negli anni novanta e conosciamo dei ragazzi, dei giovani abitanti di un paese che amano la musica, ma che per questa loro passione, per i loro gesti e modi di vestire vengono criticati di continuo dalla gente.
Parla di un argomento che mi riguarda in prima persona, ovvero la difficoltà di vivere l’adolescenza in un mondo dove non è facile essere se stessi… eppure ciononostante non mi ha trasmesso quasi nulla di quello che presumo l’autore volesse comunicare.
Credo che il motivo sia il seguente: pur considerando le condizioni di vita piuttosto difficili in cui vivono i protagonisti, alcuni dei loro atteggiamenti mi sono sembrati totalmente incomprensibili e astrusi. Capisco come i ragazzi, specialmente Thomas, dovessero sentirsi, abbandonati a se stessi senza dei genitori alle spalle, ma alcuni loro comportamenti mi hanno lasciata davvero perplessa e a volte anche arrabbiata. Il mondo in cui vivo io, da adolescente, è così diverso dal loro al punto di non riuscire a comprenderlo? Può essere, non lo nego, ma continua a sembrarmi strano che un ragazzino (che all’inizio ha 13 anni) si comporti così.

Forse uno degli aspetti che mi hanno convinta di meno, però, è stato lo stile. L’idea di affidare la narrazione a Marta quale spettatrice esterna all’inizio mi era piaciuta (e non solo perché la ragazza si chiama come me ), ma a mio parere questo punto di vista in prima persona poteva essere gestito in un modo molto più efficace: ad esempio, in alcuni passi si sente fin troppo chiaramente che quella che parla non è Marta ma l’autore stesso, che a volte si infiltra di soppiatto per dire la sua – e neanche tanto di nascosto. Inoltre, come purtroppo ho dovuto notare anche in altri libri della stessa casa editrice, ho trovato diversi errori stilistici: frasi traballanti e a volte sconnesse, parole saltate, ma soprattutto un’abbondanza di refusi più o meno fastidiosi. Aprendo una pagina a caso, per farvi un esempio concreto, trovo questo:

Io conobbi Thomas grazie a mio fratellino.

Un altra cosa che non ho molto apprezzato sono le molte volgarità usate.
Non fraintendetemi: una buona parte di esse serve a caratterizzare i personaggi, e in questo – per quanto possano risultare sgradevoli – non c’è niente di male, ma trovo tuttavia che ce ne siano parecchie assolutamente gratuite che avrei evitato volentieri di leggere.L’unica parte che mi sia veramente piaciuta è stato il capitolo finale, l’inevitabile conclusione che tocca a chi vuole giocare troppo con la vita, dettato dall’inquietante piega che avevano preso gli avvenimenti. L’ho trovato ben descritto, toccante e a tratti addirittura commovente. Lascia l’amaro in bocca, è vero, ma mi ha fatto riflettere e anche capire meglio alcune parti che a una prima lettura non avevo del tutto compreso.
Ve lo consiglio? Non saprei proprio, quindi dico un po’ sì e un po’ no: sì perché, come ho già scritto, alcuni passi pieni di significato mi hanno fatto pensare; e no perché, tuttavia, trovo che si sarebbe potuto fare di meglio, sia dal punto di vista del cosa è stato scritto che del come lo è stato.

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Ogni ricordo ha il peso di un macigno, ogni ricordo è troppo bello per me, ogni ricordo può distruggermi l’anima, far fer mare il mio cuore, farmi strillare in ginocchio con le mani nei capelli, disperatamente.
Ma non può fermare la mia voglia di vivere, perché ho capito che cosa fantastica è la vita. A volte è troppo ingiusta, ma nella sua tristezza è incredibilmente unica. E vi dico che Dio esiste perché in quei momenti io lo sentivo, perché adesso che scri vo lo sento in me con tutto il suo splendore. Ma non ha nulla a che fare con ciò che dice la Chiesa.
Non c’è nulla di più triste del talento sprecato, ci sono ragazzi al mio paese che impegnandosi al 50% riuscirebbero in tutto meglio di chiunque altro. Io sono solo una ragazzina che scri ve la vita nella sua cameretta.
La vita è sempre bella, basta trovare le parole giuste che la rendano magica (ardua impresa… non so se fattibile).


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