Recensione "Fahrenheit 451 - gli anni della fenice" di Ray Bradbury

Da Valentinabellettini

Recensione "Fahrenheit 451 - gli anni della fenice" di Ray Bradbury (Mondadori)

In un libro degli anni '50 la nostra attuale condizione umana
Di questo libro non ne avevo mai sentito parlare, e con una copertina del genere non mi avrebbe nemmeno attirato, ma ci siamo incontrati ed è stato amore a prima vista. Questo libro mi è stato consigliato da persone che nemmeno conosco, ma che leggendo il mio inedito lo hanno trovato somigliante; ha ricordato questo racconto fantascientifico per via dei temi che sono trattati.

In un futuro non specificato, Guy Montag è un vigile del fuoco, ma il termine (e il mestiere) ha assunto col tempo un significato diverso, perché i pompieri non estinguono le fiamme (nemmeno si ricordano che inizialmente era questo il loro compito), bensì le provocano, perché c'è una legge che impone che i libri siano bruciati, siano essi una Bibbia o un Corano, un poema di Omero o una poesia di Shakespeare, un saggio di Freud o una biografia, una storia d'amore o un racconto d'avventura, insomma, tutti, nessuno escluso. La prima domanda che sorge spontanea è: perché? Ma non ci è dato saperlo subito, altrimenti non capiremo il messaggio nascosto in questo meraviglioso, se vogliamo "profetico", libro; occorre prima indignarci davanti a quest'umanità fredda, menefreghista e ottusa, che si è dimenticata delle cose veramente importanti (le emozioni, il pensiero, la libertà, l'amore, l'amicizia) a favore di tutto ciò che è materiale e consumismo.
Il protagonista non è molto diverso dalla società, e visto il suo compito, incendia case piene di libri convinto che sia la cosa giusta, anzi, nemmeno si pone il dubbio, almeno finché un giorno, nella strada verso casa, incontra una ragazza di nome Clarisse. Clarisse è la diversa, non per via dei suoi diciassette anni, ma perché è una delle poche (se non rare) persone che stanno ancora all'aria aperta a guardare la luna quand'è sera, e ad ammirare la rugiada sull'erba la mattina presto; Montag è inizialmente a disagio perché effettivamente questi particolari non se li ricorda, ma comincia così a riflettere e ad aprire gli occhi sulla condizione attuale sua e di sua moglie, che è poi la condizione della società intera. Grazie alle parole di Clarisse, che sono anche le perle di saggezza dello zio, Montag si rende conto che c'è qualcosa che non va se sua moglie Mildred ogni notte ha bisogno di una "conchiglia" nell'orecchio che le trasmetta musica soft per addormentarsi, qualcosa non va se quella stessa sera lui la ritrova senza vita con un tubetto di farmaci abbandonato sul pavimento, ma non va ancor più che dal nulla salti fuori un macchinario, un "serpente con l'occhio" che entra nella gola della moglie per disintossicarla, e poi le sostituisce il sangue con uno completamente nuovo tanto da darle delle gote rosee che in realtà non le appartengono; è come se una persona non avesse nemmeno la libertà di morire, ma soprattutto Guy dovrebbe chiedersi perché Mildred lo abbia fatto.

La società ha offerto di tutto: divertimenti e svaghi d'ogni genere, automobili sempre più veloci, pareti TV che permettono allo spettatore di "entrare" nello show stando comodamente seduto in salotto, poi ancora, piscine, lavoro e sicurezza economica. Per fare tutte queste cose, non ci rendiamo conto di quanto il tempo sfugga al nostro controllo, di quanto la nostra attenzione sia monopolizzata dalla pubblicità, dal potere che ha la televisione nel convincerci di certe idee perché immediata, veloce, molto diversa da un libro che lo puoi chiudere per fermarti a pensare... ed è proprio della facoltà di pensare che si priva la società moderna. Il capo dei vigili del fuoco, Beatty, fa l'esempio delle chiusure lampo che hanno sostituito i bottoni nei vestiti: così si è velocizzata una parte della giornata, ma ciò ha comportato la privazione di un altro prezioso momento per pensare.
E' impressionante come l'argomento sia attuale, che ci sia arrivato uno scrittore negli anni '50, che probabilmente già si rendeva conto del grosso cambiamento in atto, e che personalmente trovo inquietante, perché rispetto agli anni '50 oggi andiamo ancora più veloce...
Me lo chiedo tutti i giorni che cosa corriamo a fare. E' solo mia la sensazione che nel frattempo ci stiamo perdendo "qualcosa"? L'argomento mi sta a cuore al punto che l'ho trattato più di una volta nei miei scritti, specie in quelli degli ultimi anni. Ognuno di noi in fondo lo sa che sta correndo troppo, e questa condizione si manifesta nel fisico (spesso vedo mani che tremano anche da ferme) e nella mente (esempio a tema, l'insonnia di Mildred). Non vorrei che queste riflessioni portassero oltre la recensione, ma questo è un libro che sembra essere fatto apposta per riflettere; me ne ha scatenate così tante che me le sono dovuta appuntare. Non solo, mi sono appuntata su dei fogli alcune parti di questo racconto, ma per quante ne ho raccolte sarebbe da rileggere il libro così com'è per intero! Ho trovato in ogni concetto una realtà, la nostra. In parte m'inquietava, in parte mi faceva innamorare, un po' per le idee comuni, un po' per alcuni particolari di cui non avevo mai tenuto conto. Non riuscirei a scrivere una recensione a un libro come questo senza metterci del personale; mi ha coinvolto, toccato nel profondo.
Ma torniamo al libro.

C'è un fatto importante da tenere in considerazione a proposito del protagonista: nonostante Guy non si ponga problemi nel bruciare libri, e nonostante apra gli occhi solamente dopo che incontra Clarisse, qualcosa in lui si stava muovendo già da prima, visto che nel condotto di aerazione della sua casa custodisce illegalmente alcuni libri; non si sa quando abbia cominciato, non importa che ancora non li abbia sfogliati, quel che conta è che ci sono. Ciò mi fa pensare al buonsenso; in fondo lui sa che è sbagliato bruciare i libri, allora ne salva qualcuno. Probabilmente è anche curioso, ma se non li ha ancora sfogliati non direi che sia propriamente la curiosità a muovere il suo comportamento. Guy Montag non è un protagonista "senza macchia", in più di un'occasione agisce d'impulso e diventa addirittura pericoloso, questo perché è come un animale in gabbia, che dopo aver sofferto tra le sbarre, una volta libero è fuori controllo, sfoga tutto ciò che ha trattenuto senza pensare alle conseguenze perché ebbro dell'improvvisa libertà e della voglia di rivalsa, così come della voglia di cambiare le cose, tutte e subito. Ma non si può pretendere che la gente cambi da un giorno all'altro... ed ecco che Guy trova un complice, o per meglio dire, una guida: il Professore Faber. L'intellettuale è l'equivalente maschile di Clarisse, ma al contrario della ragazza è un uomo anziano, e in quanto tale, meno propenso all'azione, almeno finché si convince che, nonostante i rischi, il passo valga la pena d'essere fatto, complice l'esempio che gli da il protagonista (nonostante l'impulsività eccessiva).
Ci sarebbero da spendere altre parole sul personaggio di Mildred, perché la moglie è l'esempio perfetto della società attuale; sembra esagerata, ma il libro ci da modo di capire che l'intera società sia proprio come lei. Mildred è insensibile davanti ai turbamenti del marito, indifferente quando viene a sapere della morte di qualcuno (e con quanta leggerezza le sue amiche parlano della guerra!), vuota, tanto che non si ricorda nemmeno come e quando lei e Guy si siano conosciuti: che amarezza.

Il libro si conclude in quella che non è propriamente una conclusione, quanto piuttosto un messaggio di speranza, ossia, facendo leva sul fatto che la guerra che incombe possa essere, per una volta, l'occasione di una rinascita, come la fenice che risorge dalle ceneri. Sembra proprio che non si possa pretendere che le cose cambino, se non quando, al limite, siamo costretti a ricominciare tutto d'accapo, senza altri beni se non quello della propria conoscenza, dei ricordi e della testimonianza, sperando di non cadere nuovamente negli stessi errori.
A dire il vero per il finale mi aspettavo di più, per questo ero tentata nel dare quattro stelle, ma poi ho pensato che non valeva la pena di togliere un voto al libro, talmente ricco di contenuti e spunti, per questo finale in sospeso; solitamente è un aspetto che mi fa cadere il giudizio sul libro, ma forse questo è uno di quei casi in cui siamo noi a decidere la fine. Chiudiamo il libro. Pensiamo. E salviamoci. Fin... no, questo è un inizio.

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Per iniziare, lascio queste citazioni tratte dal libro:

"Una volta, quand'era bambino, essendo venuta a mancare la luce, sua madre aveva trovata e accesa un'ultima candela, e c'era stata una breve ora di riscoperta, un'ora d'interiore illuminazione che lo spazio perdeva le sue vaste dimensioni per trarsi confortevolmente loro intorno, soltanto intorno a loro, madre e figlio, che trasformati, s'erano messi a sperare che la luce elettrica tardasse un bel po' a tornare." (ricordi di Montag)

"Nessuno ha più tempo per gli altri." (Clarisse)

"Sapete cosa ho scoperto? Che la gente non dice nulla [...] parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno che dire le stesse cose e nessuno dice qualcosa di diverso dagli altri." (Clarisse)

"E nei musei, ci siete mai stato? Tutta roba astratta [...] lo zio dice che era differente una volta [...] i quadri e la cultura dicevano delle cose precise, mostravano addirittura delle persone!" (Clarisse)

"La gente assimila sempre meno. Tutti sono sempre più impazienti, più agitati e irrequieti. Le autostrade e le altre strade d'ogni genere sono affollate di gente che va un po' da per tutto, ovunque, ed è come se non andasse in nessun posto." (Beatty)

"La maggior parte di noi non può correre qua e là notte e giorno, parlare con tutti, conoscere tutte le città della Terra, non abbiamo tempo, denaro, nemmeno tanti amici. Le cose che voi cercate, Montag, sono su questa Terra, ma il solo modo per cui l'uomo medio potrà vederne il novantanove per cento sarà un libro." (Faber)


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