[Recensione] Finisterra – Le sorgenti del Dumrak

Creato il 15 agosto 2012 da Topolinamarta

Cosa c’è di meglio di festeggiare Ferragosto rilassandoci con una bella recensione del progetto?  

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Titolo: Finisterra – Le sorgenti del Dumrak
Autori: Sara Bosi, Simone Covili, Massimilano Prandini, Gabriele Sorrentino, Marcello Ventilati (gruppo XOmegaP)
Genere: fantasy
Editore: Domino
Collana: Le rune
Pagine: 238
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo di copertina: €15,00
ISBN: 9788895883267
Formato: brossura
Valutazione: 
Grazie agli autori per avermi inviato il libro in formato eBook.

RIASSUNTOI popoli dell’Oltrecatena minacciano ancora l’Impero delle Tre Spade e il Regno di Vùos. I villaggi distrutti lungo il corso del fiume Dumrak sono il solo preludio di una nuova invasione. Dopo cinquecento anni di decadenza, vissuti nel sospetto e nella diffidenza reciproca, i principi dei due regni decidono di recarsi, insieme, sull’isola alla foce del Grande Fiume. Qui sospese tra carne e spirito, trovano ancora rifugio le anime degli Eroi dei tempi passati, l’unica speranza di Finisterra. “Risalite il fiume Dumrak, trovate la Ruota della Rinascita e versatevi il sangue reale” è il loro lapidario consiglio. Ha inizio così il viaggio che porterà gli eredi di Finisterra nelle misteriose terre oltre la Catena Impervia. Dalle mani di cinque giovani scrittori, riuniti nel collettivo XOmegaP, un romanzo che intende far vibrare le corde epiche nascoste in ogni lettore. 

COS’È XOMEGAP? - XOmegaP è un laboratorio di scrittura creativa. Una fucina di idee che nasce a Modena dalla passione per la scrittura di cinque amici – Sara Bosi, Simone Covili, Massimilano Prandini, Gabriele Sorrentino e Marcello Ventilati – e a cui ognuno può apportare il suo contributo. Finisterra è il primo capitolo di una nuova saga fantasy scritta, dunque, a dieci mani.

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RECENSIONE

Sono stata a lungo indecisa sulla valutazione da assegnare a questo romanzo, ma alla fine eccomi qua a parlare di un altra nuova saga fantasy.
Si tratta sempre della solita insignificante pappardella?, vi starete chiedendo. Nel caso di Finisterra no; non del tutto perlomeno. Tanto per cominciare, infatti, è un libro con una particolarità: è stato scritto da un gruppo di ben cinque autori appassionati di scrittura.
Cosa c’entra tutto ciò con la nostra recensione? Be’, è una caratteristica più importante di quanto forse non sembri, perché scrivere una storia in cinque non è affatto come se lo scrivesse una persona sola: ognuno potrebbe avere un proprio stile, una propria esperienza nella narrativa, un carattere diverso che si trasmetterà inevitabilmente alle parole messe su carta. Capite che, in questo caso, la stesura di un romanzo può rivelarsi tutt’altro che uno scherzo: il rischio, infatti, è che le diverse parti finiscano per risultare in contrasto e che appaiano come delle tessere di un puzzle mal assemblate tra loro.

Questo, fortunatamente, non è il caso de Le sorgenti del Dumrak: anche se in alcuni passi mi è sembrato di intuire lo stacco tra un autore e un altro (ma forse è stata solo una mia impressione), ho trovato la narrazione assolutamente omogenea, tanto che non mi pareva vero di avere tra le mani un racconto scritto da ben cinque penne diverse.
Sfortunatamente però si tratta è solo un lato della medaglia: il fatto che, probabilmente, i cinque coautori si siano messi d’accordo per rendere l’esposizione uniforme li ha costretti a non mettervi molta farina del loro sacco. Il risultato, ahimè, è un testo freddo, poco personale e forse per questo quasi privo di emozioni. Mi rendo conto che una cosa del genere è pressoché inevitabile se si lavora in molti a uno stesso progetto, ma purtroppo ciò ha compromesso almeno in parte la sua piacevolezza – ovviamente secondo il mio parere di lettrice.

Ma adesso occupiamoci più in dettaglio degli aspetti dell stile, che è forse la ragione principale delle poche goccioline che gli ho assegnato.
Mi sento dire spesso che ciò che più conta in un libro è la trama piuttosto che lo stile, perché è lei che cattura maggiormente l’occhio del lettore. Nel caso de Le sorgenti del Dumrak, devo dire che mi è piaciuta abbastanza: non perché spicchi per originalità, ma perché si basa su un background davvero ben architettato e descritto con accuratezza fin nei dettagli (persino troppo, come vedremo più avanti). Per di più, una volta tanto, non sembra costruito sullo stampino del Signore degli Anelli o di altre saghe: ne ricorda l’atmosfera, se vogliamo, ma a parte questo l’ho trovato veramente insolito e piacevole. Ma la trama non è tutto, ahimè, ed è proprio nello stile che ho trovato i principali difetti de Le sorgenti del Dumrak.

La cartina del mondo di Finisterra.

Uno dei problemi lo si trova già nel prologo: l’incipit è in medias res, nel bel mezzo di un sanguinoso attacco a un villaggio, ma nonostante il suddetto “trucco” per attirare l’attenzione di chi legge, le immagini che seguono sono apparse ai miei occhi tutt’altro che definite. Parole come queste, per esempio:

La gente urlava in preda al panico. Qualcuno li inseguiva, falciando rapido le loro vite.

sono, appunto, solo parole: non riuscivo a sentire le persone che urlavano, né percepivo la paura e il dolore mentre venivano uccise. Per fortuna non tutto il testo è così, o dubito che ci sarei arrivata in fondo. Ben presto, però, si incontrano altre carenze.

Mastro Murro, il capo villaggio, aveva impegnato uno dei guerrieri mettendolo in difficoltà. Murro era stato un buon soldato e aveva deciso di ritirarsi dall’esercito per amore del figlio Karl. Il bambino vide la lama di Murro abbattersi su quella del guerriero. […] (pag. 5)

Il bambino odiava Karl perché si era sempre preso gioco della sua goffaggine e delle sue rotondità. Lo odiava così tanto che avrebbe voluto vederlo soccombere. Invece, mentre lui era steso a terra paralizzato e con la gola piena di sangue, il giovane figlio di Murro era riuscito a fermare il nemico […] (pag. 6)

Con questi due brevi estratti mi riferisco a una tendenza che ho riscontrato più o meno in tutto il libro: siamo nel bel mezzo dell’azione, la tensione è al massimo (o cerca di esserlo, dato che anche qui il mostrato non è granché)… quindi che cosa importa adesso della carriera di Murro o del motivo per cui Karl prendeva in giro il bambino? L’unica “utilità” dei sopracitati interventi, invece, è che disturbano la storia, e a quel punto non c’è da stupirsi se il coinvolgimento svanisce a poco a poco.

Più avanti si arriva anche a veri e propri infodump, che desiderano fornire informazioni a tutt’andare:  sono senz’altro utili, ma dato che vengono fornite quasi tutte all’inizio, ho finito solo per farci una gran confusione. E anche per annoiarmi, dato che rallentano notevolmente il ritmo del racconto. Inoltre, ogni volta che viene introdotto un nuovo personaggio, vengono spiattellati quasi sempre anche vita, morte e miracoli dello stesso: i protagonisti risultano ben approfonditi, certo, ma il prezzo diventa troppo alto se entra in gioco la noia.

Altro problema sono gli aggettivi e gli avverbi superflui che saltano fuori a tradimento:

“Questo è Cherphin Teophan nato nella porpora, erede al trono dell’Impero di Addoneis. Viaggia con lui Kjer Koilev, primogenito della famiglia Koilev, sovrani di Vùos” li presentò formalmente Berianna.

Inutile dire che, come in questo caso particolare, non serve ribadire l’ovvio, dato che chi legge – si spera – non è scemo.

Poi ci sono i nomi, altra caratteristica che non ha giovato al mio gradimento. Non nego di avere sempre una cerca difficoltà a memorizzare i nomi nei libri fantasy, ma quando cominciano a essere:

• troppi;
• tutti più o meno simili;
• quasi tutti con i sintomi della “Sindrome di Sonohra”;

… come potete verificare voi stessi nel Dramatis personae scaricabile dal blog degli autori, mi viene davvero il nervoso.

Ad ogni modo, questi problemi di stile che ho segnalato non sono gravi o numerosi a tal punto da bocciare il romanzo: come ho già detto, una trama solida e un background veramente ben realizzato, seppur non particolarmente originali, sono punti forti che non passano certo inosservati.
Dato che si tratta di una trilogia, sono certa che nei volumi successivi i nostri cinque autori riusciranno a focalizzare gli errori che hanno commesso e, lavorando insieme, riusciranno senz’altro a migliorare gli aspetti che ne Le sorgenti del Dumrak erano da rivedere. E poi non bisogna dimenticare che le aspettative create dalla storia, soprattutto dal finale, si fanno sentire, quindi… coraggio, ragazzi di XOmegaP: ci siete quasi!

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In sintesi…

Il testo è omogeneo nonostante sia
stato scritto da cinque penne… … ma risulta anche freddo e quasi
privo di emozioni.

Il background è ben costruito, pur
non brillando per originalità… … ma viene descritto con troppe
informazioni tutte insieme.

Gli elementi già sentiti non impedi-
scono alla trama di essere
coinvolgente e appassionante. Spesso è raccontato, le parole non
evocano immagini concrete, molti
aggettivi e avverbi superflui.

Crea aspettative per i prossimi
romanzi. A volte la storia si interrompe e
vengono narrati fatti non importan-
ti per quella particolare scena.

Molti nomi sono simili tra loro e
difficili da ricordare.

*        *       *

Una frase significativa…

Una mano lo afferrò trascinandolo fuori dal letto. Il bambino aprì gli occhi: il nonno lo teneva per la maglia di spesso cotone grezzo. La capanna era piena di fumo. “Attaccano il villaggio!” disse il vecchio trascinandolo giù dal letto e poi all’esterno. Fuori, la notte era illuminata da alte fiamme, alimentate dai tetti di paglia e dalle pareti di legno delle case. La gente urlava in preda al panico. Qualcuno li inseguiva, falciando rapido le loro vite. Il vecchio fu sospinto in avanti dai fuggiaschi e perse il contatto con il piccolo. Il bambino iniziò a chiamarlo, cercandolo con lo sguardo, smarrito in tutto quel caos. Ormai i pochi miliziani del villaggio, male armati, erano morti. I cinque guerrieri incappucciati, apparsi dal nulla, erano violenti come una tempesta. Abbassavano le loro spade scure su tutti, senza alcuna distinzione. Alle loro spalle, un uomo dal viso coperto da una liscia maschera e avvolto in un manto verde, alzava le mani al cielo. La sua voce superava le grida e il frastuono, librandosi in una litania ritmica e antica. Il bambino, solo, fu invaso da un terrore profondo che gli impediva persino di piangere.


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