Recensione: Frammenti di follia quotidiana

Creato il 10 marzo 2012 da Topolinamarta

Anche se il mio tempo, attualmente, è programmato al decimo di secondo, sono riuscita a ritagliarne un po’ per scrivere: è il turno di Frammenti di follia quotidiana, prossimo romanzo del progetto “Recensioni d’inchiostro”.

Titolo: Frammenti di follia quotidiana
Autore: Matteo Lecca
Genere: racconti
Editore:  Youcanprint
Collana: Miscellanea
Pagine: 120
Anno di pubblicazione:  2011
ISBN:  9788866180876
Prezzo:  €10,00
Formato: brossura
Valutazione: 
Grazie all’autore per avermelo inviato in formato eBook.


È un libro che mi è parso strano fin dalla prima riga, quello che mi accingo a recensire. In questo caso non dico “strano” attribuendogli necessariamente un’accezione negativa, ma non sarei sincera se dicessi che si tratta di uno “strano” del tutto positivo. Ora cercherò, quindi, di mostrarvi le mie impressioni su questa raccolta di frammenti, e chissà che non riesca anch’io a chiarirmi le idee, che ammetto siano tuttora non molto definite e a volte addirittura contrastanti.

La difficoltà nel fornire un quadro generale di questo libro è in parte dovuta al fatto che non è contenuta in esso alcuna trama: si tratta di vere e proprie istantanee, come delle «schegge» di testo che sembrano ritagliate da una composizione più grande. Ma ciò che rende particolari questi frammenti è che sono tutti slegati tra di loro; eppure presi tutti insieme formano un quadro completo. Mi è piaciuto molto come sono stati definiti dal riassunto sulla quarta del libro, ovvero “tessere che appartengono a un mosaico surreale”, perché è stato proprio questa la sensazione che ho provato a lettura ultimata: quella di osservare un gran numero di fotografie che hanno poco a che fare le une con le altre, ma che guardate dall’esterno restituiscono un’unica immagine che le comprende tutte, come appunto una sorta di mosaico di racconti.

Qualcosa del genere, in poche parole

L’unico problema, però, è che ai miei occhi il risultato finale non si è rivelato un’immagine perfetta come la Gioconda che vedete qui sopra: sebbene i particolari del quadro, presi uno per uno, mi fossero sembrati splendidi, quasi perfetti, la sensazione generale era di poca organicità, come se i vari spezzoni fossero stati assemblati un po’ a caso, e non seguendo un ordine logico.
Questo, ahimè, ha avuto una conseguenza non bellissima, per quanto riguarda il mio personale gradimento. Tutti i frammenti occupano poche righe di testo, il che da un lato è un bene, perché permette frequenti pause e garantisce, almeno in apparenza, una discreta scorrevolezza. Ma l’apparenza, si sa, a volte inganna: la verità è che gli stessi frammenti sono scritti con uno stile ricercato che rende impossibile una lettura veloce, rilassata, di quelle che richiedono poco impegno o concentrazione.
Qui ogni frase meriterebbe di essere centellinata, letta e riletta, e spesso e volentieri è stato tutt’altro che facile riuscire a districarmi tra i periodi complessi e l’uso di parole non più comuni. Probabilmente, dunque, è stato il costante senso di disorientamento e a volte di vera e propria confusione che ha reso la mia lettura macchinosa e non mi ha permesso di apprezzarlo per quello che è: si tratta senz’altro di un libro notevole, ricco di spunti di riflessione intensi, ma che proprio per questo esige dei lettori abituati a un genere così ricercato e soprattutto armati di pazienza. In caso contrario, si rischia di sfiorare la noia e di perdersi tra le parole come in un labirinto senza uscita.

Il mio consiglio a voi lettori, dunque, è di fare quello che io non ho potuto per motivi di tempo: se amate questo genere di libri, ricchi di pensieri brevi ma complessi, tenetelo sul comodino e leggetelo un po’ per volta, a piccole dosi, soffermandovi ogni volta a riflettervi sopra. Vi dico ciò perché, a mio parere, si tratta di uno di quei libri ricercati come pochi, ma che non si possono gustare a dovere se non assaporati fino in fondo.

*       *       *

Un urlo strozzato in gola resta una macchia indelebile nei ricordi che affiorano e si accavallano, la certezza lascia spazio all’improvvisa delusione di non ritrovare nulla fra le mani, in un batter di ciglia. Sono bastati pochi secondi, la marcia trionfale della banda si distende fino a scomparire. Le streghe piombano sopra di me come degli avvoltoi, a stendo riesco a sopportare i loro ghigni. Cerco riparo nella Terra violacea, ma la madre ripudia i suoi figli. Mi domando perché sono costretto a rimanere lì, ad aspettare. Le parole hanno un significato inatteso; la nebbia bluastra mi offre riparo: la scanso, non è quello di cui ho bisogno. Le lacrime delle streghe inumidiscono le mie dita, perché piangono? I loro volti sono rigati dal pianto ininterrotto. Capisco che sono vive… e sono bellissime.


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