Recensione "Gli ultimi giorni d Stefan Zweig" di Laurent Seksik (Gremese)
Creato il 29 aprile 2012 da Maila TrittoCari lettori,oggi voglio proporvi la recensione di un libro che mi ha molto colpita, per trama e contenuti. Si tratta de Gli ultimi giorni di Stefan Zweig, scritto da Laurent Seksik e pubblicato dalla Gremese nella collana relativa ai Narratori Francesi Contemporanei. Il romanzo di Seksik è incentrato sulla figura di un autore come Stefan Zwieg, la cui carriera letteraria si sviluppa tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. Di origine ebraica, Zweig ebbe problemi con la società del tempo; caratterizzata tra l'altro dall'avvento dei regimi totalitari che avrebbero – di lì a poco – imperversato su tutto il mondo. In particolare, Seksik riflette sugli "ultimi giorni di vita" dell'autore; quelli compresi tra settembre e febbraio 1942. Così, lo scrittore francese – mediante uno studio approfondito, fatto di ricerche in archivi e di testimonianze dell'epoca – propone al suo lettore una versione romanzata degli eventi che hanno caratterizzano non solo la vita di Stefan Zweig, bensì anche la Storia.
Titolo: Gli ultimi giorni di Stefan Zweig
Autore: Laurent Seksik
Editore: Gremese
Collana: Narratori Francesi Contemporanei
Traduttore: Micol Bertolazzi
Data di pubblicazione: 1 marzo 2012
Prezzo: 14,00 Euro
Pagine: 192 pp.ISBN: 978-88-8440-707-8
Sinossi: Il 22 febbraio 1942, il grande scrittore austriaco Stefan Zweig mette fine ai propri giorni insieme alla moglie Lotte. Il suo gesto estremo, compiuto durante l’esilio a Petrópolis, in Brasile, ha continuato da allora a commuovere e affascinare. Mescolando realtà e finzione, questo romanzo racconta gli ultimi sei mesi della sua vita straordinaria, dai fasti di Vienna fino al compiersi di un tragico destino. Dopo la fuga dall’Austria e l’esilio in Inghilterra e negli Stati Uniti, Stefan e Lotte credono di trovare in Brasile una terra con un futuro. Ma l’orrore della guerra trascinerà i due amanti nella disperazione e, soprattutto, nell’impossibilità di assistere come testimoni lontani e impotenti al crollo del loro mondo.
Recensione: Il romanzo scritto dall’autore francese Laurent Seksik, si basa sugli ultimi sei mesi di vita di Stefan Zwig (Vienna, 28 novembre 1881 - Pétropolis, 23 febbraio 1942). Egli è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo; conosciuto, tra l’altro, per aver scritto numerose biografie su personaggi importanti quali: Balzac, Dickens, Dostoevskij (poi raccolte in Drei Meister). La produzione letteraria di Zeig risente della scuola di pensiero di Jugwein, che si distingue per la finezza del linguaggio e la sottile analisi dei sentimenti. A livello sociale, lo scrittore risente invece della sua origine ebraica che – in un periodo come quello dettato dall’avvento del nazionalsocialismo, e dei regimi totalitari – gli ha causato non pochi problemi, in particolare nella produzione e stesura delle sue opere. Costretto, perciò, ad allontanarsi dalla sua città natale, compie numerosi viaggi studio (come quello di Londra, ad esempio); sebbene l’Europa sia attraversata dalle tensioni belliche. Questi viaggi hanno permesso, allo scrittore, di conoscere i maggiori autori del momento (come Hermann Hesse e James Joyce, solo per citarne alcuni), nonché avvicinarsi anche ai primi sviluppi della psicologia (e in particolare della psicoanalisi) di cui il maestro e fondatore è Sigmund Freud. Tuttavia, Stefen Zweig dimostrò sempre una posizione moderata rispetto ai problemi politici e sociali del suo tempo. In quel periodo, infatti, molti sono stati gli autori e i teorici che hanno riflettuto sulla ‘crisi del tempo’, ma c'è chi discuterà degli stessi temi anche dopo il periodo postbellico. Quasi a voler dire che, sebbene gli errori siano stati fatti, è necessario andare avanti e costruire una società che, però, non dimentica il suo passato. Il primo teorico che mi viene in mente è il sociologo e filosofo polacco – di origini ebraiche – Zygmunt Bauman (Poznan, 19 novembre 1925), che negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, ebbe modo di riflettere sui problemi della postmodernità e della tipica condizione umana in quella che lui ha definito ‘modernità liquida’ (o ‘società liquida’). Bauman ritiene che l’incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti, da produttori a consumatori. In particolare, egli lega il concetto di ‘consumismo’ e la creazione dei rifiuti umani, la globalizzazione e ‘l’industria della paura’ che fa sì che l’uomo debba necessariamente adeguarsi al gruppo, piuttosto che condurre una vita all’insegna dell’individualità. Questo è un concetto nato, come già detto, in un periodo postbellico ma che comunque mi pare utile per comprendere il nostro passato e quegli errori che sono stati fatti e di cui ci si dovrebbe sempre ricordare. Non mancano, poi, esempi di italiani che hanno vissuto – in prima persona – gli orrori della guerra: Antonio Gramsci, ad esempio. Nel 1926, Gramsci venne incarcerato dal regime di Mussolini e, durante questo periodo (durato ben otto anni), ebbe modo di compiere ulteriori considerazioni nei suoi scritti, nei quali analizzò la struttura culturale e politica della società. Tuttavia, il suo contributo maggiore fu dato dal concetto di ‘egemonia culturale’, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a tutta la società. Questi esempi evidenziano come non siano pochi gli intellettuali che hanno risentito della situazione disastrosa che ha imperversato durante tutto l’arco del primo Novecento. Ma ritorniamo a Stefan Zwig, la cui vita è stata oggetto di studio da parte di Seksik. A dispetto della trama, che riflette di una vita all’insegna del dolore, ciò che mi preme sottolineare è la capacità di questo autore – di questo uomo – di attingere dal suo bagaglio culturale per riflettere sulla sua condizione di esiliato sociale e degli stati d’animo causati dalla stessa. In un romanzo – non esente da elementi appartenenti alla biografia –, Laurent Seksik non avrebbe potuto che citare forse una delle opere che meglio rappresentano e identificano Zweig: Paura, del 1925. Si tratta di una novella, il cui soggetto è stato poi ripreso nel film diretto da Roberto Rossellini: La paura del 1954. Zweig è stato il maestro della suspense, capace di mettere a nudo la psicologia dei personaggi da lui stesso inventati; svelandone i loro incubi, ma anche le riflessioni che da essi ne derivano. E proprio in Paura, emerge l’idea di Zwig che ebbe la sensibilità tale per cui fosse partecipe di un’anima mitteleuropea; di un’idealità che andasse oltre la realtà. Zweig, però, si suiciderà – ed è questo un destino che accomuna i letterati del tempo – assieme alla sua seconda moglie Lotte, che lo seguirà in questo suo percorso di vita. Zweig compierà tale atto per non rinunciare ai suoi ideali e per non assistere alla fine di quell’epoca e cultura che avevano fatto di Vienna una – se non la migliore – espressione di tutta l’Europa.«Abbiamo deciso, uniti nell’amore, di non lasciarci mai», questa citazione è tratta dalla lettera a Manfred Altmann del 22 febbraio 1942 (lo stesso giorno in cui i due coniugi decisero di suicidarsi). L’amore di cui parla Zweig è, in particolare, quello per i suoi ideali e per quella cultura: maltrattata, offesa, ripudiata. Gli ultimi giorni di Stefan Zweig è un libro che fa riflettere e che è importante perché offre al lettore l’opportunità di conoscere il probabile – se non certo – punto di vista e i sentimenti di un uomo, e non solo di un personaggio importante della storia.
A cura di Maila TrittoL'AUTORE: Laurent Seksik, scrittore e medico, ha pubblicato, oltre a Gli ultimi giorni di Stefan Zweig, i romanzi La consultation, La folle histoire (Premio Littré), Les mauvaises pensées (Premio Wizo), La légende des fils (Flammarion, 2011) e la biografia di Albert Einstein (Gallimard Folio, 2008).
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