Pubblicato da Francesca Rossi “Abbiamo deciso, uniti nell’amore, di non lasciarci mai” Citazione tratta dalla lettera ad Alfred Altmann del 22 febbraio 1942
Il lungo declino di uno scrittore viennese a cui la guerra ed il regime hanno strappato tutto, perfino le radici. Gli ultimi mesi vi vita di un ebreo esiliato, che non si rassegna di fronte alla barbarie ma è impotente di fronte ad essa. Anche la sua arte si ribella, rendendogli impossibile la scrittura per lunghi periodi di tempo. Il senso di colpa per essere ancora vivo e il mondo intorno a sé che si sgretola lo portano verso una vera e propria morte annunciata.
Titolo: Gli ultimi giorni di Stefan Zweig
Autore: Laurent Seksik
Casa Editrice: Gremese
Numero pagine: 206
Prezzo: 14 euro
Anno di pubblicazione: 2012
Trama Il 22 febbraio 1942, il grande scrittore austriaco Stefan Zweig mette fine ai propri giorni insieme alla moglie Lotte. Il suo gesto estremo, compiuto durante l'esilio a Petrópolis, in Brasile, ha continuato da allora a commuovere e affascinare. Mescolando realtà e finzione, questo romanzo racconta gli ultimi sei mesi della sua vita straordinaria, dai fasti di Vienna fino al compiersi di un tragico destino. Dopo la fuga dall'Austria e l'esilio in Inghilterra e negli Stati Uniti, Stefan e Lotte credono di trovare in Brasile una terra con un futuro. Ma l'orrore della guerra trascinerà i due amanti nella disperazione e, soprattutto, nell'impossibilità di assistere come testimoni lontani e impotenti al crollo del loro mondo.
RECENSIONE
“Inerme e impotente, dovetti essere testimone della inconcepibile ricaduta dell'umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata e che risorgeva invece col suo potente e programmatico dogma dell'anti-umanità”. Stefan Zweig, “Il mondo di ieri, Ricordi di un europeo”
Stefan Zweig fu un famoso scrittore viennese vissuto tra il 1881 ed il 1942. Negli anni Venti e Trenta la sua fama arrivò al culmine per poi eclissarsi lentamente. Eppure Zweig fu uomo d’ingegno: non scrisse solo romanzi, ma anche biografie e drammi. Dedicò tutta la vita alla conciliazione tra i popoli ma, quando la furia nazista travolse lui, i suoi familiari e i suoi amici più cari, si trovò impotente di fronte ad un muro invalicabile, costretto a scappare pur di salvarsi la vita.D’un tratto la fama non contò più e nemmeno essere un artista. Per i nuovi padroni della Germania, Stefan Zweig era solo un ebreo, uno scrittore degenerato di cui bisognava cancellare la memoria epurandone i libri.
Fu cosi che, nel 1933, i suoi libri vennero bruciati dai nazisti, insieme a quelli di Freud, Einstein, Thomas e Heinrich Mann e tanti altri.Quale modo migliore di uccidere uno spirito letterario, di strappargli l’immortalità conquistata attraverso le storie narrate, se non quello di bruciare gli involucri di carta che contenevano queste opere?Stefan Zweig capì che la fuga era l’unica possibilità di scampo. Lui, lo scrittore acclamato, privilegiato, amico di grandi come Joyce, Roth o Hesse partì verso Londra nel 1934, presentendo che la situazione politica non sarebbe migliorata tanto presto e forse non sarebbe mai più tornata quella di una volta.Nel 1938 richiese la cittadinanza inglese, visto che quella austriaca rappresentava solo una memoria dolorosa. Nel 1940 decise di trovare un nuovo rifugio a New York con la seconda moglie Lotte Altmann, donna più giovane di lui e di salute cagionevole.Nel 1941 i coniugi Zweig si diressero a Petropolis, in Brasile, in cerca di una terra incontaminata dove poter ricominciare da persone libere e di aria buona per il fisico debilitato dall’asma di Lotte.
Da qui prende l’avvio la narrazione del libro di Seksik, “Gli Ultimi giorni di Stefan Zweig”, per terminare con il suicidio di Stefan e Lotte, avvenuto il 23 febbraio 1942.La narrazione è una lenta e inesorabile katabasis verso l’abisso della morte. Frequenti sono i flashback sulla vita a Salisburgo, nel momento in cui Stefan era all’apice del successo.Dal ritratto di Zweig fatto nel libro viene fuori una personalità fragile e debilitata a causa delle umiliazioni patite direttamente, ma anche dei tormenti subiti da familiari e amici. Il nazismo prima e la guerra poi lo hanno distrutto nel fisico e nell’anima. In lui prevalgono il senso di colpa per essere fuggito, senza poter aiutare nessuno e senza potersi realmente opporre al potere dominante, la paura dell’orrore sperimentato, la consapevolezza che non vi sarà ritorno in Europa, l’angoscia per l’incalzare del tempo e, infine, la certezza che anche la creatività lo stia abbandonando poco a poco.
Stefan Zweig non può guardarsi indietro, perché il mondo sfavillante in cui credeva è morto e non risorgerà più; non sa guardare avanti, perché è conscio del fatto che un uomo senza passato non può avere neanche un futuro e, dunque, l’unica soluzione quando non si riesce a vivere sospesi è, per lui, la morte.In fondo il suo è un suicidio annunciato: i pensieri dei bei tempi andati, il sorriso perduto e l’incapacità di trovare una via d’uscita che porti alla serenità sono i sintomi del suo male oscuro. Zweig non può e non vuole dimenticare o rifarsi una vita. Per lui fuggire è solo un modo per andare incontro a quella fine che lo chiama ogni giorno, attraverso i fantasmi dei suoi amici che non ci sono più, ma che riaffiorano dalla sua mente tenendolo ancorato alla sua esistenza passata e non certo a quella presente in Brasile.Stefan Zweig è come una quercia sradicata dal suolo e scaraventata lontano dalle tempeste: senza le radici, il sole e l’acqua della sua terra è destinata a marcire e morire.
Lotte, la seconda moglie, condivide con lui la fase della decadenza. E’ fisicamente fragile ma ha un’indole spensierata che è stata soffocata dalla malattia e dai patimenti. Nonostante l’amore che prova per suo marito, non riesce a restituirgli la gioia di vivere, perché neppure lei può essere felice.Il suo desiderio di avere un figlio è costantemente frustrato; i sogni di libertà e amore sfioriti con gli anni.Lotte prova una profonda invidia per Friederike, la prima moglie di Stefan, che con lui ha condiviso la fama e la ricchezza, mentre lei è costretta a subire l’esilio e l’oblio.E’ gelosa del legame che suo marito ha con il passato e con gli uomini e le donne che ne facevano parte. Si sente costantemente un’estranea e forse lo è davvero, perché tra lei e Stefan manca la complicità che rende salda una coppia.Lotte vede il marito perdere la vena creativa giorno dopo giorno.
Zweig alterna momenti in cui la scrittura scorre fluida fino a concretizzarsi in un romanzo e momenti in cui il genio sembra evaporato nel nulla. Perfino la mancanza di immaginazione è un sintomo della vita che si appanna e si spegne.Il senso di lontananza e di distacco è reso perfettamente dall’impossibilità di trasportare i libri e i preziosi manoscritti autografi in esilio.Zweig, infatti, possedeva rarissimi documenti autografi di Goethe, Bach, Beethoven e Balzac. La consapevolezza di non poterli più vedere o tenere tra le mani, unita all’angoscia di saperli ormai in bella mostra nella casa di Goring, lo stravolge del tutto.Il ritmo della narrazione è lento e pervaso dalla tristezza degli inevitabili momenti finali. “Gli Ultimi Giorni di Stefan Zweig” è un libro eccezionale e sconvolgente sul passato, sulla memoria, sull’importanza della libertà, della dignità e dell’identità, in cui il suicidio è l’ultimo atto di una vita che non vuole più vedere in faccia l’orrore.
Biografia
Laurent Seksik, scrittore e medico, ha pubblicato, oltre a questo, i romanzi La consultation, La folle histoire (Premio Littré), Les mauvaises pensées (Premio Wizo), La légende des fils (Flammarion, 2011), e la biografia di Albert Einstein (Gallimard Folio, 2008).