Recensione Half Bad di Sally Green.

Creato il 25 marzo 2014 da Valentina Seminara @imatimehunter
Avrei dovuto postare questa recensione ieri, ma non sono riuscita a sistemarla per i troppi compiti. Eh si, ce l'ho fatto adesso, che avevo poco da fare. Evviva! Comunque sia, questo libro è stata una rivelazione, e spero la sua uscita non passi sotto silenzio come spesso capita con i bei romanzi sottovalutati. Half Bad è incredibilmente realistico pur nei suoi elementi fantastici, e vanta una spettacolare potenza visiva nelle immagini che emergono dalla lettura. Sally Green ha dato vita ad un ottimo primo capitolo per una trilogia davvero promettente.
Half Bad (Half Bad)
Sally Green
Rizzoli
400 pagine
19 Marzo 2014
6,99€ - ebook
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Trama: La Magia esiste, ed è spaccata da una guerra millenaria. Appartenere a un fronte definisce il ruolo di ciascuno nel mondo, garantisce compagni e alleanze; ma soprattutto decide chi sono i nemici, che vanno giustiziati senza rimorso.
Nathan vive in una zona grigia: figlio di una maga Bianca e dell’Oscuro più terribile mai esistito, cresce nella famiglia materna, evitato da tutti, vessato dalla sorellastra, perseguitato dal Concilio che non si fida di lui e anno dopo anno ne limita la libertà, fino a rinchiuderlo in una gabbia.
La stessa guerra che divide il mondo della Magia si combatte nel cuore di Nathan, in perenne bilico tra le due facce della sua anima, che davanti alla dolcezza di Annalise vorrebbe essere tutta Bianca, e invece per reagire alle angherie si fa pericolosamente Nera.
Ma è difficile restare aggrappato alla tua metà Bianca quando non ti puoi fidare della tua famiglia, della ragazza di cui ti sei innamorato, e forse nemmeno di te stesso.


Ero davvero curiosa di leggere questo libro. Ho scoperto Half Bad mentre stavo ancora leggendo Fangirl, e in qualche modo la storia mi ricordava Simon e Baz -per chi non le sapesse, sono i personaggi fittizi di cui Cath, la protagonista, è una grande fan. Non ero sicura del perché quest'accostamento fosse venuto fuori in modo tanto naturale -più facilmente mi ha fatto venire in mente Harry Potter, per via della magia e dell'eterna battaglia fra Bene e Male-, e volendo approfondire non mi sono lasciata scappare l'occasione di leggerlo. In effetti, la trama è un po' fuorviante. Non pensate che si tratti del solito romanzetto con l'epico scontro fra Bene e Male a fare da sfondo. Una battaglia c'è, eccome. In fondo, la questione è sempre la stessa quando si scrive di questo genere. Ma non è uno sfondo. Bene e Male si personificano ed entrano attivamente a far parte di un mondo che è così viscido, ingiusto e brillante da non potersene più staccare. E già dai primi capitoli capisco che non sarà facile prevedere una qualsiasi cosa, in questo libro. Succede quando hai a che fare con uno come Nathan, un personaggio vittima dei dubbi, angustiato da chi non si fida di lui e si aspetta tutt'altro, così ben fatto, profondo e spezzato. Maltrattato per anni, e condannato per ciò che è, Nathan è unico: figlio di un Incanto Bianco e un Incanto Oscuro, uno dei più potenti e odiati e temuti, non appartiene ad una fazione definita. Buono o cattivo, bianco o nero, luce o ombra?
Sembra che siano gli altri, il Consiglio e i Cacciatori, a doverlo decidere, ma Nathan non è d'accordo. Nonostante tutte le cattiverie che gli vengono raccontate, le menzogne e le provocazioni, rimane sempre vigile e attento ai cambiamenti, giocando secondo le proprie regole. E' questo che ho apprezzato in lui: Nathan è un Mezzo Codice, diviso nelle sue convinzioni e nei suoi pensieri fra ciò che è tipico dei Bianchi o dei Neri, ma non si comporta come tale; definisce modi nuovi di agire che identificano un nuovo schieramento, qualcosa che, piuttosto, rendono le sue azioni tipiche di Nathan.
«Mi sta succedendo, Arran. Lo sento. Sono un Incanto Nero.»
«È il tuo corpo, non tu. Il vero te non ha niente a che fare con un Incanto Nero. Hai qualche gene di Marcus in te e qualche gene di Saba. Ma questa è solo una cosa fisica. E non sono le cose fisiche, i geni, il Dono, che fanno di una persona un Incanto Nero. Devi crederci. Conta come pensi e come ti comporti. Non sei malvagio, Nathan. Niente in te è malvagio. Avrai un Dono potente – ne siamo tutti convinti – ma sarà il modo in cui lo usi a dimostrare se sei buono o cattivo.»
Quasi gli credo. Non mi sento cattivo, ma ho paura. Il mio corpo fa cose che non capisco e non so cos’altro combinerà. Sembra che abbia una volontà sua e mi spinga per un sentiero che devo seguire, portandomi fuori da me, costringendomi a lasciare la mia vecchia vita. E i rumori nella mia testa… anche loro sembrano portarmi via dalle altre persone.
Tutte le volte che Jessica diceva che ero mezzo Nero, la nonna rispondeva “Anche mezzo Bianco”. E io ho sempre pensato che i geni di mia madre e di mio padre si mischiassero nel mio corpo, ma ora credo che il corpo sia di mio padre e lo spirito di mia madre. Forse Arran ha ragione, il mio spirito non è malvagio, ma devo affrontare un corpo che fa cose strane.

Non c'è niente di lontanamente banale in questo libro: anche elementi che possiamo aver già incontrato altrove si rivestono di un'originalità nuova, baldanzosa, spietata. Ci sono gli Incanti, maghi fatti e finiti, e ci sono le Crisalidi, che rimangono tali fino a diciassette anni, giorno in cui ricevono i tre Doni e il sangue di uno dei due genitori e diventano Incanti. E questo non rende facile la vita di Nathan: perseguitato dalla sorella fin da piccolo e comandato a bacchetta dal Consiglio degli Incanti, ogni legge applicata ai Mezzi Codici -ogni legge applicata a lui, in quanto unico Mezzo Codice vivente-, negli anni concorre a minare la sua libertà e condizionare il suo modo di pensare, ridurlo alla stregua di un prigioniero nella sua stessa mente, finché non viene rinchiuso in gabbia e allevato come un criminale, come se fosse una cortesia e non uno sbaglio. Tratta un uomo come un criminale ed è ciò che diventerà, ecco tutto. Nathan però non si lascia abbattere da nessuno di loro, non importa quali siano le loro intenzioni o se riescono a persuaderlo di essere pericoloso. In lui c'è Bianco e Nero, ma anche qualche tipo di determinazione, e insieme di paura, che va oltre la ricerca della sua stessa identità.
Leggendo, in poche pagine, impariamo a ricostruire la sua vita. Lo incontriamo già adolescente, in un inizio che è strano, qualche frase accostata l'una all'altra, come a creare immagini appiccicate casualmente su uno sfondo bianco, senza senso o collegamento. Poi una gabbia. Qualcuno in una gabbia, che fa le flessioni, che cerca di scappare, che perde quasi una mano. Conosciamo Nathan da piccolo, in un intermezzo nella sua adulta giovinezza da carcerato, e scopriamo le sue incertezze e i suoi difetti, i suoi scatti di rabbia e la sua famiglia, variegata in chi gli vuole bene, chi lo odia, chi lo sopporta. I suoi pensieri si fanno più profondi, spinosi, insinuanti rispetto all'innocente consapevolezza di quand'era bambino. Ciò che permane e questa sua ricerca disperata di approvazione. Idealizza la figura del padre, dato che tutti l'hanno sempre trattato seguendo i loro pregiudizi, pensando che con lui la sua vita sarebbe stata diversa -felice. Marcus è l'unica cosa a cui riesce ad aggrapparsi nei momenti peggiori; un uomo che non ha mai conosciuto e che per questo può essere l'unico a volerlo davvero, per quello che è. Non importa molto quanto sia malvagio, quante persone abbia ucciso, o che non sia mai venuto a salvarlo.
Mi chiedo, se mai avrò un figlio, che futuro potrò offrirgli. Forse farei come Marcus: lo abbandonerei, sperando che in qualche modo possa avere un futuro migliore senza di me. Eppure eccomi qui, in una gabbia e con le manette ai polsi, e so che è una situazione disperata, davvero, davvero disperata.Ma anche con tutta quella sofferenza, quel dolore e quelle crudeltà mi dico che forse i miei antenati hanno trovato la felicità, anche se per poco. Mi dico che io ne sarei capace, e che per forza anche loro lo erano. Lo spero. Lo spero. Lo spero. Perché se devo morire in una cella, prima voglio qualcosa in cambio. E penso ad Arran e ad Annalise, al Galles e al correre, e ogni respiro, ogni respiro deve essere importante, e prezioso e deve valerne la pena.
La storia è narrata da Nathan, ma ci sono insolite incursioni in seconda persona, che mettono un po' di distanza fra i lettore ed il suo personaggio, occhieggiando ad un mondo così ricco, intrigante, pieno di ombre e gradazioni di colore varissime, lì dove dagli occhi del protagonista è solo bianco, nero, grigio. Nathan è immerso nel Male del mondo in cui vive, ma attratto dal Bene. L'autrice ce lo dice con parole stranamente accostate, frasi lineari ma incisive. Mi piace il modo in cui queste contrastano fra di loro, spesso per ossimori. Rispecchiano la complessità dei personaggi che incontriamo nel corso della storia -Incanti Bianchi, Neri, profani (le persone normali), Mezzo Sangue-, mai completamente buoni o cattivi come appaiono, spesso l'una e l'altra cosa. La forza delle idee, delle modelli e dei messaggi che traspaiono dalla lettura è incredibilmente intensa. Ce ne sono così tanti -la tendenza al bene o al male, al fatto che siamo noi a scegliere cosa essere, il modo in cui sia indispensabile la presenza di un genitore per dar al figlio l'identità di cui ha bisogno, quella che gli serve per poi creare la propria.
Ce lo dice con tono distante ma partecipe, crudo, schietto, sarcasticamente realista -e non rassegnato, ma in qualche modo crudele e innocente insieme, consapevole dell'inevitabilità delle cose. Questo non è un libro violento, ma di violenza, pregiudizi, discriminazione, illusione. Lo stile così particolare, come un fuoco di pensieri, descrizioni e dialoghi dal ritmo irregolare, creano immagini nitide e impossibili da fraintendere o eludere, potentissime davvero. Fanno magie con l'immaginazione, che si accende di toni cupi e colmi di sentimenti negativi repressi, speranze, obiettivi da raggiungere.
Non vi aspettate castelli incantati, scale che cambiano, lezioni meravigliose, scacchi magici e scope volanti. Piuttosto, è come se all'improvviso scoprissimo che Harry Potter è figlio di Voldemort. Half Bad è logorarsi per i dubbi, combattere due fazioni senza appartenere a nessuna delle due, sentire che le cose contano a metà.
Durante la lettura, il libro mi ha completamente soggiogata. Se c'è potere nelle parole -e c'è, lo dico sempre-, Half Bad ne è l'esempio perfetto. Il passaggio dalla prima alla seconda persona anima il racconto scuotendolo dalla tipica linearità, le scene si succedono con rapidità studiata lì dove è più giusto, arricchendosi di dettagli in altre che meritano una narrazione più attenta e ricca di particolari. Il ritmo è uniforme pur nella sua irregolarità, una continua iniezione di adrenalina che tiene alta la concentrazione del lettore -non è facile scollarsi dalla lettura, davvero, è incredibilmente coinvolgente, specie nelle scene finali! Il libro in sé non contiene quelle rivelazioni scioccanti che colpiscono il lettore e innalzano il livello del racconto, ma è esso stesso una rivelazione del modo di concepire elementi ormai stereotipati e spesso monotoni nel genere in cui si colloca. Va letto, vi assicuro che ne vale la pena.
★ ★ ★ 
Assolutamente soddisfatta di questa lettura! E' un libro che fa senz'altro riflettere e stimola il campo etico-morale, induce il lettore a sentirsi partecipe dovere e volere, salvo poi ricordare di non poter dire la sua ad un... libro. 

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