Vi scrivo dal mio pc con vari muscoli in assetto di sommossa ed il resto in piena dichiarazione di guerra! *unaveratragedia* Proprio oggi ho avuto la geniale idea di iniziare un nuovo workout di fitness domestico e, vi giuro, non credevo che 7 piccoli ed insignificanti minuti potessero durare così a lungo.. ma torniamo ai nostri amati libri con l'ultima recensione, terminata proprio qualche minuto fa, su un romanzo capace di toccare anche i cuori più recalcitranti.
Ho Nascosto La Mia Voce è un grido di protesta silenziosa contro un mondo che non vuole realmente ascoltare.
Casa Editrice : Garzanti
Prezzo : 18.60€
Pagine : 238
Per tutti è un bambino difficile, problematico. Anche per il padre che non ha tempo e voglia di comprendere il figlio ed i suoi silenzi.
C'è una sola persona pronta ad ascoltare le sue parole non dette, a capire che ha solamente bisogno di tempo per cominciare a parlare: sua madre Mariam. Perchè anche lei sa cosa significa sentirsi diversi, in una realtà in cui una donna laureata deve rinunciare alla sua carriera per occuparsi della famiglia. Lei sa che il silenzio del bambino in realtà è un'arma contro l'indifferenza del padre. Una richiesta di attenzioni ed affetto.
Grazie a lei, Shahab scopre giorno dopo giorno che, a volte, la strada che porta al cuore delle persone è lunga e piena di ostacoli. Ma quando l'obiettivo è davvero importante si trova sempre un modo di far sentire la propria voce e rompere il silenzio..
Shahab è il terzo di tre figli di un padre che vede il mondo in bianco e nero. Shahab non parla, a differenza del fratello maggiore Arash ( primo ad ogni corso ed inevitabile cocco di papà con tutte le pressioni e responsabilità che ne derivano! ) e di Shadi, la piccolina di casa, tutta sorrisi, gridolini e chiacchiere infantili.
Ma Shahab non è stupido come gli altri cercano di dipingerlo. Shahab sa parlare, semplicemente non vuole farlo! Nel mondo che lui stesso si è creato, condiviso insieme a due amici inseparabili ed immaginari, Babi e Asi, Shahab capisce ogni singola parola che gli viene rivolta; comprende ogni insulto degli amici che si fanno beffe di lui, della famiglia paterna che lo tratta come un caso perso e del padre che non lo ha mai abbracciato, che non lo ha mai capito, che non ha mai preso le sue difese, che non lo hai sostenuto in quella silenziosa lotta che, oramai, è diventata la sua unica arma.
Shahab riesce a percepire il suo disprezzo e la vergogna che prova osservando un figlio che non riesce a reputare nemmeno suo. Come può, d'altronde, aver generato un figlio così tonto che a quattro anni ancora non sa parlare? Come può aver generato un figlio ritardato? Quel figlio che sarà la sua più grande rovina. Cosa dirà la gente?
Di questo si preoccupa il papà di Arash. Della gente. Di cosa potranno pensare o dire. Dello scredito che verrà portato al suo buon nome. Ma non si preoccupa del pericolo più grande: sta perdendo suo figlio, giorno dopo giorno, quel legame rischia di essere spezzato per sempre!
L'unica ancora di salvezza è sua madre. La sua complice, l'unica che si sforza di vedere in lui quel barlume di luce e speranza che i suoi occhi ed i suoi gesti non smettono mai di trasmettere. Shahab si affida completamente a lei. Lei, il suo porto sicuro, quel posto calmo e confortevole da proteggere e nascondere da un mondo troppo cattivo, troppo malevolo e meschino agli occhi puri ed innocenti di un bambino.
Eppure, proprio quando Shahab si abbandona a quella sicurezza, pronunciando debolmente quella magica parola mamma, tutto cambia, il mondo torna a diventare ostile e lui è nuovamente al centro di un'attenzione smaniosa e bramosa di sentire la sua voce, ma quella voce non esce, è come intrappolata dentro il suo corpicino e no, non ci pensa proprio a volerne uscire! Shahab si sente abbandonato, ancora una volta!
Si rinchiude in se stesso, in quella bolla perfetta e silenziosa che è il suo mondo immaginario con le uniche due persone che lo amano per quello che semplicemente è, ma perchè il mondo non riesce a capirlo? Lui è un bambino come gli altri. Lui sa parlare. Lui non è tonto. Shahab vuole solo essere amato.
Ho nascosto la mia voce è un romanzo di protesta; le parole non dette di un bambino diventano un grido contro l'insensibilità, la freddezza e l'indifferenza da parte di chi, più di tutti al mondo, avrebbe dovuto amarlo, sostenerlo e proteggerlo dai mali del mondo!
Troppo spesso ci dimentichiamo il valore nascosto dietro ad un semplice gesto o ad una carezza, un bacio ed un abbraccio. Altre volte li diamo per scontati!
E per l'indifferenza del nostro cuore e con la paura di essere giudicati dagli altri finiamo per non vedere quando la diversità possa essere il valore aggiunto di una persona; quanto quella sua particolarità non sia un reale problema o un capriccio, ma una richiesta di aiuto, un grido silenzioso spinto fino a chi, cieco, non riesce a comprendere ciò che sta perdendo.
Una curiosa coincidenza ha voluto farmi avvicinare a questo libro proprio durante l'inizio della stesura della mia tesi incentrata sulla devianza sociale ed il bullismo.
Troppo spesso, intorno a me, sento dire da adulti « Ma cosa vuoi che sia? E' solo un bambino! Gli passerà.. » senza rendersi conto che è proprio a quell'età che ci si approccia alla vita come una spugna; si tende ad immagazzinare ogni singolo avvenimento, ogni parola, ogni gesto, ma, soprattutto, ogni mancanza, ogni offesa, ogni paura!
E no, non c'è sempre il tempo di rimediare..
Leggendo questo libro sono molte le emozioni, decisamente contrastanti, provate nei confronti dei diversi personaggi che si alternano durante la narrazione e complesse anche le reazioni: avrei voluto stringere in un forte e caldo abbraccio il piccolo Shahab, come con la stessa intensità avrei voluto scrollare suo padre, urlandogli contro. Doveva capire che stava perdendo i momenti più belli con suo figlio, momenti che nessuno gli avrebbe più dato indietro; comprendere che quella perdurante stranezza, quei difetti che continuava a vedere come sfida personale non erano altro che una silenziosa richiesta d'amore!