Recensione: Hugo Cabret

Creato il 08 febbraio 2012 da Giobblin @MrGiobblin

Vi risparmio la fatica di leggere? Hugo Cabret è fenomenale. Andate a vederlo. Fine della recensione.  Ecco fatto: chiara, precisa, concisa. Una recensione coi controfiocchi. Ma voi volete qualcosina in più, vero? Quindi seguitemi e addentriamoci nell'ultimo, favoloso film di zio Martin Scorsese. Si, proprio quello.
LA TRAMA


Hugo  Cabret è un giovane orfano che vive nella stazione ferroviaria di Gare Montparnasse, Parigi. Hugo si occupa degli orologi della stazione al posto dello zio ubriacone, scomparso da mesi. Nel tempo libero, Hugo cerca di riparare un misterioso automa, ultimo ricordo di suo padre. Per procurarsi gli ingranaggi necessari, deruba giorno dopo giorno un anziano venditore di giocattoli, finchè quest'ultimo non lo scopre. Privato del suo prezioso taccuino, contenente le istruzioni per riparare l'automa, Hugo accetta di aiutare il vecchio col negozio. Dopo aver conosciuto Isabelle, la nipote del giocattolaio, Hugo scopre che qualcosa lega il suo automa al misterioso vecchio... ma chi è questo Georges Méliès?

INGRANAGGI E ILLUSIONI


Hugo Cabret è tratto dal romanzo illustrato La Straordinaria Invenzione di Hugo Cabret  di Brian Selznick, un'opera davvero unica nel suo genere. Quando ho saputo che sarebbe stata adattata per il cinema, ho pensato subito a Terry Gilliam come candidato perfetto per questo tipo di storia. E invece, paf!, salta fuori che Martin Scorsese sarà il regista. Scorsese. Quello di Taxi Driver, Quei bravi ragazzi, Toro Scatenato, The Departed, Gangs of New York...che dirige un film per famiglie, e per di più in 3D? Pazzia! E invece il buon zio Martin dimostra che avere 70 anni non è poi questa gran cosa: un bel salto, ed eccolo pronto ad abbracciare un nuovo genere e soprattutto una nuova tecnologia, questo "3D" di cui si sente tanto parlare ma che pochi, pochissimi registi sanno davvero usare. Se perfino il Re del Mondo, James Cameron, promuove il 3D di Hugo definendolo "Meglio di Avatar" allora possiamo stare tranquilli. Confermo pure io: Scorsese ha dimostrato come si usa per bene la terza dimensione, resuscitando una tecnica che pareva già essere morta dopo il boom del 2010. Forte della collaborazione dei suoi storici compagni, come la montatrice Thelma Schoonmaker e il superscenografo Dante Ferretti, Scorsese ha creato un film che è già classico.

Basta la prima, fluidissima sequenza per innamorarsi di Hugo:  l'inquadratura si districa tra le migliaia di persone della stazione, con fiocchi di neve e sbuffi di fumo che confondono il nostro sguardo, fino ad arrivare ad un grosso orologio, ed eccolo lì, il nostro piccolo protagonista, mentre spia il viavai giornaliero di Gare Montparnasse, ricreata nei minimi dettagli. Asa Butterfield interpreta il piccolo protagonista, ma il cast è impressionante e vanta Ben Kingsley nei panni di Georges Méliès, l'adorabile Chloe Moretz (quella di Kick-Ass e Blood Story!) nei panni di Isabelle, Jude Law come padre di Hugo, Borat Sacha Baron Cohen nei panni dell'Ispettore Ferroviario Gustav, e il mitico Dracula Saruman  Christopher Lee che interpreta il libraio Labisse. Tutti perfetti nei loro ruoli, ovviamente.

"Padroneggio ben tre sorrisi diversi!"


La realizzazione di Hugo è tecnicamente impeccabile. Non per niente Scorsese è un maestro del cinema. L'unico piccolo neo di Hugo sta nello script di John Logan, che impiega un bel pò a decollare: la prima parte del film presenta con molta cura i personaggi principali (pure l'Ispettore, che nel libro di Selznick era solo una figura minacciosa sullo sfondo) e solo dopo molto tempo passa da semplice avventura "per bambini" ad una solida lezione sul Cinema delle origini. Perchè è questa la vera natura di Hugo: una lettera d'amore al Cinema e ad uno dei suoi indiscussi maestri, Georges Méliès, la cui incredibile storia si intreccia con quella di Hugo. Essere cinefili aiuta a cogliere le varie strizzate d'occhio, più o meno evidenti, di Scorsese, ma anche i sassi conoscono il celebre cortometraggio L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, o il mitico Voyage dans la Lune.


Un tributo di un Maestro, dunque, "mascherato" da storia per ragazzi, ma che intanto insiste sulla forza del Cinema e sulla necessità di preservarlo. (E credetemi, da studioso del settore, posso confermare che la conservazione e la restaurazione dei film sono problemi seri, costosi e inspiegabilmente ignorati, specie indovinate dove? Bravi, l'Italia. Per fortuna abbiamo posti come la Cineteca di Bologna, sempre sia lodata ).



Questo film è pura magia, e lo consiglio vivamente a tutti. Portateci i bambini, la nonna, il fidanzato e pure il cane, non ve ne pentirete. Potrebbe essere l'occasione giusta- oltre che per gustarsi un pezzo di Cinema con la C maiuscola- per riscoprire l'eclettico Georges Méliès, inventore, illusionista e pioniere della Settima Arte. A lui dobbiamo bazzecole come... oh già, il montaggio, e una serie di effetti speciali assolutamente sbalorditivi, come questo. Perchè Méliès lo aveva capito: il Cinema è gioco, illusione, divertimento. Alla facciaccia di tutti i tromboni che cercano di sezionarlo, distillarlo, ricondurlo a categorie definite. Il Cinema è magia, e quest'uomo straordinario lo aveva già messo in chiaro più di cento anni fa. E un altro uomo straordinario, vera leggenda vivente, lo ha ricordato a tutti noi, con questo Hugo di cui sentiremo sicuramente parlare anche tra decenni. Intanto è in corsa per gli Oscar, insieme ad un altro validissimo omaggio al Cinema vecchio stampo: The Artist, muto in bianco/nero di Michael Hazanavicius. Chi trionferà? Spero Hugo, sinceramente. Penso che Méliès approverebbe.  (Intanto, in Italia, gli unici omaggi al cinema sono certe boiatone pezzenti cui non voglio più pensare.)


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