Recensione: Hugo e Rose, di Bridget Foley
Creato il 18 settembre 2015 da Mik_94
Mamma,
mi racconti il sogno di Hugo che hai fatto?
Perché
mi chiedi sempre di Hugo?
Perché
quando parli di lui sei bella
Titolo:
Hugo e Rose
Autrice:
Bridget Foley
Editore:
Edizioni E/O
Numero
di pagine: 330
Prezzo:
€ 18,00
Sinossi:
Rose
è delusa dalla sua vita pur non avendone motivo: ha una bella
famiglia e una deliziosa casa in un bel quartiere. Ma per Rose questa
vita ordinaria è messa in ombra dalla sua altra vita, quella che
vive ogni notte nei suoi sogni. Da bambina, in seguito a un
incidente, ha iniziato a sognare una meravigliosa isola ricca di
avventure. Su quest’isola non è mai stata sola: c’è sempre
stato Hugo, un ragazzo coraggioso che cresce assieme a lei negli anni
fino a diventare il suo eroe. Ma quando Rose incontra casualmente
Hugo nella vita vera i suoi sogni e la vita reale cambieranno per
sempre. Si trova infatti davanti l’uomo che ha condiviso le sue
incredibili avventure in luoghi impossibili, che è cresciuto assieme
a lei, ma ambedue sono molto diversi da come si erano immaginati. Il
loro incontro casuale dà il via a una cascata di domande, bugie e a
una pericolosa ossessione che minaccia di rovesciare il mondo di
Rose. Lei vorrà veramente perdere tutto ciò che le è caro per
capire lo straordinario rapporto che li unisce?
La recensione
Mi
aspettavo l'inaspettato. Immaginavo sin dall'inizio che Hugo e
Rose mi avrebbe infatti
sorpreso, mostrandosi – se non subito, comunque dopo un po' – non
la banale storia d'amore che alcune sinossi riassumevano e che i
lettori d'oltreoceano, vagamente amareggiati, spesso reclamavano. E
rivelandosi, a conti fatti, speciale, coraggioso, originale: a modo
suo. Il romanzo d'esordio di Bridget Foley, ai primi passi appena ma
bravissima, sfiora corde semplici e ha un suono familiare, come se
fosse un lento già ballato. O così si pensa. La storia che passa
dalle parti di Domeniche da Tiffany
e Se tu mi vedessi ora – la
prima a opera di un Patterson che quel giorno si sentiva romantico,
la seconda dell'amatissima Cecilia Ahern: entrambe con protagoniste
femminili innamorate di amici immaginari che, si scoprirà a lungo
andare, così immaginari non sono – non è quel che
sembra. A conferma di un'impressione iniziale sorta per determinate
aspettative legate a una determinata casa editrice: coloro che
pubblicano, tra gli altri, il fenomeno Elena Ferrante e che mai sono
soliti darsi a frivolezze, credevano in questa fiaba moderna e un
giorno, per email, mi hanno chiesto e tu ci credi?.
Poche pagine appena e sì, ci credevo di già. Hugo e Rose
passeggiava su spiagge incantate e tra generi confinanti, il rosa e
il fantastico; era diverso, ma volevo capire diverso in che senso.
L'ho messo da parte per pochi giorni – per una causa, e un romanzo,
di forza maggiore – e prima del momentaneo standby di cui mi
dispiacevo infinitamente avevo postato una foto su Facebook, con il
romanzo in anteprima in bella mostra e, accanto, quel che rimaneva di
un bouquet disfatto e messo, come andava andava, in un vaso. Perché
nei giorni direttamente precedenti i miei genitori avevano
festeggiato le Nozze d'argento e mia mamma ci teneva ad avere una
foto, un'altra, delle sue rose bianche; perché con un libro delicato
– che sa renderti ispirato e emotivo senza eccessi – andava bene
l'ombra di quei petali delicati che adesso, disfatto del tutto il
mazzo, seccano tra queste pagine. Chissà se sono capitati nel punto
in cui i due protagonisti stanno per incontrarsi, o chissà se diventano
gialli, quasi di carta pesta, nel capitolo – più o meno a metà –
in cui devono scegliere, combattuti, tra realtà e fuga. Chiariamoci,
non che la trama menta. Abbiamo sì una Rose casalinga disperata
dall'immaginazione iperattiva e sì un incontro surreale: il bambino
che sogna da tutta la vita – diventato adulto insieme a lei –
esiste anche a occhi aperti. Ma Rose, mamma a tempo pieno e moglie
insoddisfatta, è fatta di carne (stando a lei, troppa) e non di
nebulosi cliché. Il marito non la tradisce con la migliore amica:
Josh – chirurgo impegnato, ma uomo di gran cuore – cerca ancora
i suoi fianchi a letto e, ogni tanto, cucina per tutti i suoi famosi
fagiolini con erbe aromatiche; se Rose è a un bivio, infelice, è
perché i suoi bambini fanno più cacca e capricci che nei film per
famiglie e i chili di troppo, causati da una vita sedentaria e dolci caldi, le hanno formato un morbido salvagente intorno al
girovita di cui si vergogna profondamente. Come mai si è lasciata
andare, e dov'è – nella vita reale – l'eroina snella e impavida
dei suoi sogni? Da trent'anni si addormenta pensando al suo Hugo –
compagno di mille avventure – e alla dettagliata geografia di un
mondo fantastico: sabbia rosa, castelli irraggiungibili, acque limpide
e belve che si uccidono con spade forgiate con fili d'erba.
Bridget
Foley descrive il magico tran tran di una famiglia comune di cui
avremmo potuto leggere, magari, in un romanzo borghese vecchio stile
con straordinaria fantasia. Due coniugi intimi e fedeli l'un l'altro
che non hanno troppo a cui pensare – scuola pubblica o privata per
i bambini, quand'è che Penny smetterà di usare il vasino, sarà
giusto acquistare la bici della discordia per il compleanno del
primogenito – che, sin dalla prima notte insieme, hanno una
persona a dividerli. Josh, il personaggio maschile più affabile
incontrato quest'anno, vive un bizzarro ménage sentimentale:
condivide il letto con sua moglie, che ama perdutamente anche con le
smagliature e le pappe dei neonati tra i capelli, e i suoi sogni
segreti. Si può essere davvero gelosi di un semplice frutto
dell'inconscio? Finché Hugo non si presenta a cena su invito –
anche lui studiato per essere contro i luoghi comuni, appesantito,
sfiduciato e impiegato in un poco nobile fast food – e coi suoi
vividi disegni e tutto un trascorso insieme non diventa importante
per Rose. Prima di andare a dormire e al risveglio. Non dico oltre,
croce sul cuore. Ma – cosa che ha destabilizzato i più, me neanche
un po' – arriva il momento in cui da uno stile fiabesco,
rassicurante, si passa a una scrittura cupa e angosciosa. In
trecento pagine, Hugo e Rose sa
essere tenerissimo e inquietantissimo senza bisogno di una parola di
troppo. Quello, forse, l'unico nèo: un passaggio brusco da un
estremo all'altro. I sogni sono fatti di materiale invisibile,
fuggevole: sono imprevedibili, come la Foley. All'improvviso,
diventano incubi e non si prendono la briga di avvertire. La vita di
coppia si carica di complicazioni, mentre i sogni hanno strascichi
percepibili anche quando si è vigili e attenti.
Nel mondo di Morfeo
e nelle cucine di angeli del focolare spazientiti, ma non per questo madri cattive, si compie un salto stupefacente. Da Cecelia Ahern a
Stephen King, passando su una voragine in cui pulsano le piccole
faccende quotidiane, le grandi frustrazioni, i mostri del mare
aperto. Si giungerà dall'altra parte sani e salvi – anche se
qualche segno del folle volo resta, sottoforma di livido – ma
niente sarà più lo stesso. Il fantasy tradizionale con belve da
fumetto, la narrativa d'autore con donne medie allo specchio, il
giallo di un misterioso principe azzurro (medio anche lui), in una
narrazione semplice e complessa insieme dove il sogno è metafora,
diretta conseguenza, meditata elaborazione. Chi è ospite nel sogno
dell'altro, infatti? Chi l'architetto, chi il costruttore, tra lui e
lei? Ancora prima dei fiori secchi, ancora prima di un finale
visionario e giustissimo, quando comunque era già arrivato il tempo
di consigliarlo, i protagonisti mi aveva fatto pensare a The
Babadook, l'horror australiano –
miracolo che sia stato distribuito anche da noi, e miracolo un po'
anche quel film per me grande – in cui una mamma in lutto
proteggeva il suo bambino pestifero dal mostro nell'armadio. Hugo
e Rose è il Babadook
innamorato. Lì c'era l'uomo
nero, qui un eterno Peter Pan. Ma sono entrambi racconti che
travalicano i generi d'appartenenza e prendendo due opposti, da un
lato l'odio incarnato e dall'altro l'amore personificato, ci si
accorge pian piano di come parlino in maniera nuova, personale, di
vuoti, mancanze e però.
Però, solo successivamente, si potrà dire se vinceranno responsabilità o
amour fou.
Però, in assenza di polvere fatata, si potrà provare a
volare su una bici, inforcata dopo secoli di paure.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Tom Rosenthal - It's Ok
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