Recensione: "hybrid. quel che resta di me"

Da Blake16 @Blake_165
"Hybrid. Quel che resta di me" di Kat Zhang:
NON DOVREI PIU’ ESISTERE MA SONO ANCORA QUI.In un mondo alternativo, ogni persona nasce con due diverse personalità, due anime. Con il passare del tempo, in modo naturale, l’anima dominante prende il sopravvento e quella recessiva viene dimenticata, scompare come un amico immaginario che ci ha tenuto compagnia solo nell’infanzia. Il sopravvivere delle due anime dopo la pubertà è illegale e

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visto dalla società come un’aberrazione da correggere.

Ma in Addie, nonostante i suoi sedici anni, è ancora presente Eva, la sua se­conda anima. Rannicchiata nella mente di Addie, Eva interagisce con l’altra par­te di sé: come due vere sorelle si amano, si proteggono, ma possono diventare anche gelose l’una dell’altra.
Nonostante tutti i tentativi per difende­re e nascondere l’esistenza della debole Eva, il segreto di Addie viene scoperto. 

Cosa penso:
Addie scoppiò a piangere. Ma non aveva sufficiente controllo del nostro corpo per produrre vere lacrime. Il suo pianto era silenzioso e invisibile. A tutti meno che a me.Come il mio lo era stato a tutti tranne che a lei nei giorni, nelle settimane, nei mesi seguiti alla nostra prima stabilizzazione. Dopo che ero stata messa in un angolo e intrappolata nel mio stesso corpo, la mia pelle era diventata una camicia di forza, le mie ossa le sbarre di una prigione.
Cosa provereste se il vostro corpo non fosse per voi nient’altro che una prigione, nient’altro che una tomba, nient’altro che una trappola dove non potrete essere né voi stessi né dire la vostra, dove potrete versare solo lacrime silenziose e fantasma, celate al resto del mondo, dove non avrete nessun comando sul vostro corpo ma essere come burattini guidati dal burattinaio che ha il comando sulla vostra intera persona?
In questo nuovo mondo, in un futuro remoto, gli esseri umani nascono con due diverse personalità, due anime, anime gemelle.
Ma prima dei dieci anni di età, l’anima dominante prende il sopravvento su quella recessiva comportante la progressiva e inesorabile scomparsa.
STABILIZZAZIONE, viene definita dal Governo… una stabilizzazione verso una vita normale e sana.
Ma esistono anche persone che non si sono mai stabilizzate, che hanno ancora due anime a contendersi il loro corpo, la loro mente, le loro azioni.
Loro sono IBRIDI, individui malati che il Governo ha il dovere di curare in quanto visti come pericolosi per la società e per loro stessi.
Addie, nonostante le varie cure e i vari test, non si è mai stabilizzata del tutto.
Con lei c’è ancora Eva, l’anima recessiva, l’anima gemella, una vera sorella, con cui interagisce, con cui si confida, una presenza che le da conforto e amore.
Ma Eva non è una semplice presenza; Eva è viva; Eva prova dei sentimenti diversi da quelli di Addie; Eva ama a modo suo; Eva ha una personalità tutta sua… Eva è intrappola nel suo stesso corpo, dove “la sua pelle è diventata una camicia di forza, le sue ossa le sbarre di una prigione”.
Può solo assistere a tutto ciò che la circonda senza mai interagire con il mondo esterno, non più padrona del suo corpo ma intrappolata in esso, perché è Addie ad essere padrona delle loro azioni, è Addie che muove i loro arti, è Addie ad essere la burattinaia del loro corpo.
Eva, è solo la coscienza silenziosa di Addie, un segreto da custodire in eterno, perché se scoperto potrà portare a conseguenze pericolose.
E sarà proprio la prospettiva, la promessa, di far venire nuovamente in superficie Eva, a portare alla loro cattura e alla successiva reclusione in un istituto dove vengono curati i soggetti “malati” come Addie.
Ho impiegato qualche giorno in più a leggerlo, perché a tratti sentivo la necessità di sospendere la lettura.
Anche se il libro mi chiedeva un ritmo veloce, ci sono stati dei momenti in cui non riuscivo ad andare avanti.
Soprattutto nella prima e nella seconda parte del libro, dove alternavo la rabbia alla tristezza, un continuo e altalenante subbuglio di sensazioni e sentimenti.
Nella prima parte del libro abbiamo davanti una Eva - sì perché è lei la voce narrate - ormai rassegnata al ruolo che le è stato dato, ho imposto, cioè essere in un certo qual modo la coscienza di Addie, il suo conforto, definita da lei stessa come “un fantasma nel suo stesso corpo”.
Ma nonostante questa sua accettazione, riesce emergere anche la profonda tristezza di Eva, il non poter sentire più la sensazione di una carezza, di un abbraccio paterno, il sapore del cibo, la potenza della libertà di poter essere padrona del proprio corpo, ma convivere con un eco dei suoi ricordi, ricordi di un’infanzia felice e serena a condividere il corpo con Addie a condividere con lei l’affetto dei loro genitori, quando ancora Eva era tangibile e reale per tutti, quando ancora veniva chiamata per nome, un nome che ormai da tre anni non viene più pronunciato ad alta voce, ma solo da Addie, nel segreto della loro mente.
Nella seconda parte, anche se ritroviamo Addie/Eva recluse alla Nornand, l’istituto di cura per Ibridi, comincia a emergere una sorta di speranza in Eva – la speranza di non essere più una prigioniera nel proprio corpo ma la burattinaia che ne dirige i fili – speranza che viene trasmessa anche al lettore.
In questa seconda parte emerge anche la rabbia: rabbia per come vengono trattati gli Ibridi, rabbia per tutti gli esperimenti che vengono condotti su di loro, per estirpare da loro il male che si annida come un’ombra nella loro mente… la seconda anima è vista appunto come un’ombra, nient’alto che un’ombra… un’ombra non ha sentimenti, un’ombra non ha emozioni, un’ombra non è neanche vita.
Gli Ibridi non sono altro che cavie da laboratorio, su cui fare esperimenti, su cui testare nuovi vaccini… nient’altro.
E la promessa di essere reintegrati nella società sani, senza più quell’oscura presenza è solo una vana promessa, solo propaganda per far accettare dall’opinione pubblica luoghi come la Nornand, dove viene promessa una cura, ma dove in realtà vengono effettuate le più atroci torture.
E infine l’ultima parte dove la libertà – in tutti i sensi – diventa qualcosa di tangibile che ha anche un suo profumo: il profumo dell’oceano che porta con sé il profumo della speranza.
È stata una lettura intensa, che ha saputo darmi forte emozioni.
Con una scrittura impeccabile, la giovanissima autrice, ha affrontato temi importanti – di etica, di identità, di personalità - protratti in un futuro prossimo, ma attuali nel nostro presente.
Ha fotografato la nostra società odierna – che ci vuole tutti burattini con un solo burattinaio che dirige i fili… chiamatelo mass media, chiamatelo televisione, chiamatela opinione pubblica… insomma, di esempi del grande burattinaio ce ne sono a bizzeffe -, trasportandola in una realtà distopica, dove il solo pensare di essere diverso e soprattutto il solo pensare di essere felici a essere diversi, è visto come una macchia… un’ombra da cancellare.
CONSIGLIATO!!!

L'ho letto il... 22 Marzo 2013GIUDIZIO: