Autore: Giuseppe Marotta
Editore: Io scrittore
ISBN: 9788897148814
Numero pagine: 234
Prezzo: € 4,99
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Voto:
Trama:
Il piccolo Remì ha dieci anni. Ha una famiglia, va a scuola e ha una fidanzatina. Un’infanzia apparentemente normale, ma nella terra martoriata dalle guerre di camorra essere bambini pare impossibile. Suo nonno è il boss di una potente banda criminale, che tiene in mano le sorti della sua famiglia e di un indefinito quartiere fra Napoli e Caserta, lungo la Domiziana: la moglie e il figlio si uniscono alla schiera del popolo che lo teme e lo serve, soltanto la nuora, la madre di Remì, riesce a tenergli testa. Il bambino, sospeso fra questi modelli, si ritrova al centro di un mondo feroce, scandito da rigide regole d’onore, immerso in un implacabile meccanismo di colpe e punizioni dove è sempre più difficile distinguere ciò che è giusto e ciò che non lo è. Per difendere la mamma in pericolo il piccolo protagonista si trova a combattere una battaglia solitaria che lo porterà a mettere in discussione tutto quello in cui credeva, persino le sue radici.
Recensione:
Partire prevenuto per brutte esperienze personali mi è stato inevitabile, quando ho cominciato a leggere questo libro. È sempre un brivido trovare scritte nero su bianco espressioni gergali, ideologie e mentalità che purtroppo sono tali e quali anche al di fuori di Napoli.
Tuttavia, il fatto che una realtà tanto dura sia stata descritta attraverso gli occhi di un bambino contribuisce a smorzarne i toni, a spostarli su scala ridotta. Anche se Remì è già immerso nel mondo della camorra e ha imparato a sparare e a “farsi rispettare” nel quartiere non solo in virtù del cognome che porta, è pur sempre un bambino: e così, quando sua madre fugge con un giostraio e in famiglia si studia un modo per ucciderli entrambi, in lui prevale l’animo infantile: non importano l’onore, la famiglia e le regole dei grandi, l’unica cosa che conta è che la sua mamma si salvi e riesca a portarlo via da lì.
È un messaggio speranzoso, anche se la realtà è ben diversa, una boccata d’aria fresca in mezzo a tutte le notizie di cui ci bombardano i telegiornali.
Una cosa che però ha penalizzato molto la lettura è stata l’uso del napoletano, non solo nel lessico ma anche nella costruzione delle frasi. Non che non ci si arrivi a senso, si tratta perlopiù di parole isolate o di costruzioni del tipo “uccidere a mamma”, ma per un lettore medio che non abbia una buona conoscenza di dialetti e regionalismi è un’impresa ardua, una lettura tutt’altro che scorrevole. Normalmente, trovando una parola scritta è più facile interpretarla, libera dalla pronuncia e dall’accento del parlato; difatti, se questo romanzo fosse stato un audiolibro difficilmente sarebbe stato comprensibile al di fuori di Napoli.
La trama però è bella, per quanto cruda e realistica, è una denuncia della società-nella-società che è la camorra, di una mentalità basata sul triangolo onore-violenza-dominio, sotto il segno del dio denaro, dalla quale fuggire è spesso impossibile. Il finale lascia con un brivido, ma non si può non comprendere la scelta del protagonista: al massimo ne si loda il drastico coraggio.