Recensione: Il bambino in cima alla montagna di John Boyne

Creato il 18 gennaio 2016 da Roryone @colorelibri
"Ma io ero solo un bambino" implorò Pieter. "Non sapevo niente. Non capivo."Lei scosse la testa e gli prese il viso tra le mani. "Guardami, Pieter" disse. "Guardami." Lui alzò lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime. "Non fingere mai non aver saputo quello che succedeva qui. Hai occhi e orecchie. E sei stato seduto in quella stanza in molte occasioni, a prendere appunti. Hai sentito tutto. Hai visto tutto. Sapevi tutto. E sai anche di quali azioni sei responsabile." Esitò, ma c'erano cose che andavano dette. "Delle morti che hai sulla coscienza. Ma sei ancora giovane, hai solo sedici anni; hai molti anni davanti a te per venire a patti con la tua complicità in tutto questo. Solo, non dire mai a te stesso che non sapevi." A quel punto, Herta lo lasciò andare. "Quello sarebbe il crimine peggiore di tutti."

Prezzo: € 15,00Pagine: 286Genere: Narrativa storicaEditore: RizzoliData di pubblicazione: 14 Gennaio 2016
Pierrot è ancora un bambino quando, rimasto orfano, deve lasciare la sua amata Parigi per andare a stare dalla zia in una bellissima e misteriosa magione tra le cime delle Alpi bavaresi. Ma quella non è una villa come le altre e il momento storico è cruciale: siamo nel 1935 e la casa in cui Pierrot si ritrova a vivere è il Berghof, quartier generale e casa delle vacanze di Adolf Hitler. Il Führer lo prende sotto la sua ala protettrice e Pierrot poco alla volta viene catturato da quel nuovo mondo che lo affascina e lo fa sentire speciale, un mondo di potere ma anche di segreti e tradimenti, in cui non capire dove sta il Bene e dove il Male può essere molto pericoloso. A dieci anni dalla pubblicazione del "Bambino con il pigiama a righe", John Boyne torna a parlare di una delle pagine più drammatiche del Novecento.

Ho conosciuto John Boyne, o meglio, la sua penna e le sue storie, una decina di anni fa grazie all'ormai famosissimo libro intitolato Il bambino con il pigiama a righe, dal quale ne è stato tratto un film emozionante e commovente, un autentico capolavoro. Rimasi incantata dalla capacità dell'autore di raccontare così delicatamente eventi che di delicato e dolce non hanno nulla e sebbene io abbia apprezzato molto di più il film che il libro, quando ho saputo di questo suo ritorno nelle nostre librerie, non ho potuto resistere, conscia di potermi buttare su una lettura per nulla convenzionale in grado di generare sentimenti  sì contrastanti tra loro, ma tutti assolutamente veri, talmente tanto intensi da essere quasi palpabili dall'esterno, e se qualcuno si stesse chiedendo chi è John Boyne, ecco, tutto questo è la risposta.

Siamo nel 1936 quando conosciamo Pierrot, un bambino di sette anni che insieme a sua madre Emilie e suo padre Wilhelm vive a Parigi, nella capitale Francese, e la cui vita, a sua insaputa, starà per trasformasi in un incubo che diverrà realtà quando, rimasto orfano e senza alcun parente prossimo, si vedrà messo su un treno diretto all'orfanotrofio, costretto ad abbandonare la sua città ed il suo miglior amico, Anshel, di famiglia ebraica, anche lui rimasto orfano di padre in tenera età. Arrivato all'orfanotrofio si renderà presto conto che la sua vita non sarà affatto facile, ma una lettera inaspettata cambierà completamente le sue sorti: una zia, la sorella di suo padre, di cui ha sempre sentito parlare, ma che non ha mai conosciuto, venuta a conoscenza della sua storia, decide di prendersi carico di Pierrot facendolo arrivare, in treno, fino in Austria, nella residenza Berghof, di cui la donna ne è la governante. Le regole, lì, sono ferree e ben presto il ragazzo, costretto a cambiare il nome in Pieter, ne capirà il motivo: il padrone della residenza altri non è che Adolf Hitler, l'uomo spietato pronto e disposto a tutto pur di imporre il suo potere su tutta la Germania. Ma il ragazzo, in lui, non vede questo, anzi: per lui il Fuhrer è l'uomo gentile e disponibile pronto a prendersi cura di lui, quello che gli fa regali inaspettati, colui che lo introduce nel suo mondo, con le sue idee, i suoi progetti e i suoi credo finendo per corrompere l'innocenza del piccolo Pierrot, anche quando per lui sarà difficile comprendere il significato di determinate cose. Cosa succederà a questo punto? Pierrot/Pieter crescendo si renderà conto dell'enorme abbaglio preso o continuerà a sostenere Hitler nonostante tutto, vedendo in lui un ideale da seguire?
Fin dalle prime pagine si paleserà al lettore la portata e l'intensità della storia che l'autore ha voluto raccontargli: la guerra e tutto ciò che ne consegue viene vista, ancora una volta, con gli occhi di un bambino che, ignaro delle ingiustizie che popolano il mondo e della malvagità insita in ogni essere umano, si avvicinerà alle persone sbagliate, credendole, però, parte essenziale della sua vita. Protagonista della vicenda, però, più che Pierrot, è la sua Innocenza, quel connotato tipico di ogni bambino della sua età che indifferente a qualsiasi differenza di ogni sorta non riesce a tracciare una linea nera e secca su alcuni nomi solo perché di religione diversa o a causa del colore della pelle, ogni bambino è uguale e speciale a modo suo, ma cosa succede quando questa innocenza viene sporcata da idee malsane, inculcate nel bambino, ormai diventato ragazzo, come se fossero le uniche al mondo degne di essere seguite? E' proprio qui che entra in campo John Boyne regalando, ancora una volta, una storia commovente, emozionante e, purtroppo, tanto più simile alla realtà di quanto si possa pensare.
Assistiamo così alla crescita di un bambino molto insicuro e desideroso di essere qualcosa per qualcuno, soprattutto dopo la perdita dei genitori e del suo migliore amico a causa del suo trasferimento: tutto questo lo si può facilmente ritrovare all'interno dei dialoghi, molto presenti, che vedono protagonista Pierrot, ma soprattutto durante i flussi di coscienza dello stesso bambino quando, rimasto solo anche nella residenza del Berghof, l'unica cosa che desidera è il potere, per lui rappresentato anche da una semplice divisa, quell'idea di supremazia inculcatagli da Hitler in persona. Parallelamente a questa crescita, ci troviamo davanti alla sua più grande trasformazione che lo vede diventare un ragazzo adolescente completamente soggiogato alla fama e alla sete di potere, ma quello che l'autore è stato in grado di descrivere anche in questo caso è qualcosa di assolutamente fenomenale: dentro Pierrot (ormai diventato Pieter a tutti gli affetti) il lettore può intravedere limpidamente il riflesso del bambino che era stato prima di trovarsi spalla a spalla con Hitler, prima di essere corrotto da ideali inesistenti, e può così metterli a confronto, aprendo così la strada a quesiti e ragionamenti di non poco conto.
Per quanto riguarda, poi, il modo in cui viene narrata la storia, l'autore ha deciso di suddividerla in tre parti, partendo dal 1936 fino ad arrivare alla fine della Guerra e alla morte di Adolf Hitler, dando così molto chiaramente l'idea del cambiamento, graduale ma radicale, e della rivoluzione avvenuta nel protagonista, facendo assistere il lettore ad un vero e proprio turbine di emozioni e sentimenti nel quale si ritroverà presto immerso senza alcuna via d'uscita.
L'epilogo, rispetto all'altro libro, è totalmente differente, ma non per questo meno intenso e commovente e anche questa volta Boyne sarà in grado di prendervi il cuore, stringerlo in una morsa e restituirvelo completamente provato da una lettura che vi penetrerà nell'anima e se alla fine vi ritroverete in lacrime non vergognatevi, è esattamente il segno dell'intensità che l'autore è stato capace di dare alla storia, rendendola non solo fruibile a tutti, ma anche tremendamente verosimile.
Lo stile, infine, risulta molto scorrevole e molto semplice, perfetto per la giovane età da cui è consigliata la lettura, e sicuramente queste due caratteristiche hanno contribuito a rendere il libro molto efficace sotto ogni punto di vista, soprattutto circa la sua intensità, sottolineata ancor di più.
John Boyne regala ai suoi lettori una visione diversa della guerra, non quella che si combatte con le armi, ma quella che si svolge dentro l'animo umano, perfettamente corruttibile, tanto fragile quanto forte, a seconda del come e dal dove si volge lo sguardo.

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