Autore: Mark Kurzem
Editore: Piemme
ISBN: 9788856613957
Numero pagine: 446
Prezzo: € 11,50
Voto:
Trama:
Mark ha da poco iniziato la sua vita da ricercatore a Oxford quando suo padre Alex bussa alla sua porta con un angoscioso segreto da confessare. I brandelli di quel segreto sono rinchiusi in una logora valigia che custodisce i ricordi evanescenti e ossessionanti che per quasi settant’anni suo padre ha cercato di seppellire nell’oblio. Tocca a Mark ora aiutare suo padre a ricostruire la sua storia, l’epopea di un bambino bielorusso ebreo di cinque anni che è scampato avventurosamente allo sterminio della sua famiglia e del suo villaggio, ha vagato per nove mesi da solo nei boschi, tra la neve e i lupi, è stato catturato da un’unità lettone filonazista, è stato portato davanti al plotone di esecuzione e lì, le spalle contro il muro della scuola, ha rivolto al sottoufficiale che stava per premere il grilletto una strana, perfetta domanda da bambino: “Puoi darmi un pezzo di pane, prima di spararmi?”. È stata quella strana domanda a salvargli la vita.
Le SS che decidono di prendere quel bambino dai capelli biondissimi e dagli occhi cerulei come loro mascotte, per farne un modello di soldato bambino da utilizzare per la propaganda. Le giornate trascorse a lustrare scarpe. Ora vuole ricordare, ritrovare le sue radici, la sua famiglia, il suo passato, vuole sapere tutto, anche il suo nome, perché quello con cui è cresciuto, si è sposato, ha generato tre figli, Alex Kurzem, non è che il nome falso che gli diedero su un foglio di via.
Recensione:
Ho cominciato a leggere avendo già alle spalle uno studio approfondito dei racconti delle Grandi Guerre: libri, testimonianze, filmati e visite a musei. Tutto però si riduceva all’ambito dell’olocausto, dei campi di concentramento, della vita al fronte e dell’attività dei partigiani. Leggendo la trama ero perplesso: che cosa potevo aspettarmi da una storia narrata dal punto di vista delle famigerate squadre di SS, per quanto filtrata attraverso il punto di vista di un bambino di pochi anni. Così ho cominciato il libro, e poche pagine dopo non sono più riuscito a staccarmene: mi ha tenuto con il fiato sospeso dal primo all’ultimo capitolo, sempre partecipe alle vicende descritte e pronto a sacrificare un po’ di sonno per qualche riga in più.
È difficile descrivere una trama di questa portata: è un libro che andrebbe letto di volata, per rendersi conto di quello che vi è raccontato. Un bambino di cinque o sei anni costretto a vedere la fucilazione della sua famiglia e dei suoi amici, sopravvissuto nella foresta bielorussa grazie al cappotto sottratto al cadavere di un soldato, adottato da una squadra di nazisti e addestrato sia alla vita militare sia alla difesa del suo segreto, l’essere circonciso. Un bambino che non riesce ad adattarsi alla vita borghese dei suoi coetanei, tormentato dagli incubi e ossessionato dalla divisa che i soldati gli hanno fatto confezionare su misura, usato come mascotte e come strumento di propaganda. E poi ancora un vecchio tormentato da incubi e rimorsi, che dopo mezzo secolo trova il coraggio di aprire il proverbiale vaso di Pandora, pur sapendo che una volta ripreso il filo dei ricordi non potrà lasciarlo andare se non dopo averlo dipanato.
È una storia tragica, mi ha fatto venire i brividi più di una volta, ma è una lettura meravigliosa. Tanto che è facile dimenticarsi delle piccole pecche di uno stile un po’ troppo piatto e documentaristico, talvolta con qualche ripetizione o con passaggi affrettati: dopotutto si tratta pur sempre di un percorso doloroso per un anziano che si è ricostruito una vita aggrappandosi a un’identità fittizia senza mai rivelare la verità nemmeno ai propri familiari, uno scorrimento frammentario e affollato da fantasmi e rimorsi. In definitiva, proprio il modo di scrivere conferisce ulteriore credibilità alla storia nel suo insieme.
Un libro da leggere, consigliato e da ricordare.
Qui una delle foto del piccolo Alex Kurzem in divisa insieme ai nazisti.