Recensione Il diavolo in blu

Creato il 31 gennaio 2016 da Lightman

Denzel Washington, Jennifer Beals, Tom Sizemore e Don Cheadle sono i protagonisti di Il diavolo in blu, neo-noir ambientato in una Los Angeles razzista diretto nel 1995 da Carl Franklin.

Los Angeles, estate 1948. Il reduce di guerra Ezechiel "Easy" Rawlins è rimasto da poco disoccupato e per pagare il mutuo della sua casa accetta la proposta del losco DeWitt Albright, un bianco che gli paga un lauto anticipo affinché indaghi su Daphne Monet, una donna bianca da poco scomparsa e legata sentimentalmente ad un eminente politico. Nonostante gli iniziali sospetti, Easy inizia la sua ricerca in un club dove Daphne, legata al mondo afroamericano, sarebbe stata vista l'ultima volta; alla fine della serata torna a casa con una coppia di vecchi amici, Dupree Brouchard e la sua ragazza Coretta James: proprio quest'ultima gli rivela di essere amica di Daphne, dandogli una falsa pista su cui indagare. Il giorno seguente Easy riceva però la visita della polizia: Coretta infatti è stata ritrovata brutalmente assassinata e lui è l'unico sospettato. L'uomo comprende così di essere finito invischiato in un gioco assai pericoloso...

Ne(r)o-noir

Un film doppiamente nero, in quanto appartenente al mai troppo florido filone del neo-noir e avente come protagonisti personaggi afroamericani, a cominciare dal protagonista (interpretato da un ottimo Denzel Washington): Il diavolo in blu può essere considerato tra i film più ingiustamente misconosciuti degli anni '90. Su un impianto narrativo classico da cinema hard-boiled, tratto dall'omonimo romanzo di Walter Mosley (primo di una saga incentrata sulla figura di Rawlins), il Carl Franklin di High Crimes - Crimini di stato (2002) e Out of time (2003) imbastisce un'atmosfera che guarda a quelle cupe della golden age del genere, innescando nel racconto la tematica razziale, problema assai spinoso nel contemporaneo filmico. Così Easy, oltre a improvvisarsi detective, deve anche subire le ingiustizie di una società dominata dai bianchi in una struttura ad incastro a tratti eccessivamente tortuosa ma di indubbio fascino. Con una buona rappresentazione del periodo storico ivi rappresentato, il regista offre spunti e dinamiche di stampo sociale che si amalgamano senza troppe forzature all'intrigo di partenza, con una manciata di colpi di scena ad effetto messi in scena con eleganza ed una sarcastica dose di black humour, incarnata in particolare dalla figura di Mouse, gangster psicopatico cui la performance di Don Cheadle dona ampiamente giustizia. Il voice-over, elemento cardine del cinema noir, e la sinuosa colonna sonora jazz a firma di Elmer Bernstein traghettano egregiamente la visione anche dal punto di vista sonoro, sino ad una risoluzione del caso forse un po' forzata e frettolosa ma non disprezzabile.

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