RECENSIONE“…ecco il dilemma: possiamo mangiare di tutto, ma come facciamo a sapere che cosa mangiare?” Questo libro dalla copertina di sicuro effetto, non può essere catalogato con precisione. In libreria lo troverete nello scaffale per ragazzi, insieme agli altri titoli della Giunti Y, sfogliandolo capirete che tra le vostre mani non c’è un saggio, né un diario, né un’inchiesta veri e propria, ma un po’ di tutti e tre. La versione appena uscita, è una riedizione de “Il dilemma dell’onnivoro” del 2008 per Adelphi, rivista e adattata per un pubblico più giovane (Young Adult). Il risultato è un testo semplice e organizzato secondo un preciso schema, corredato di foto, disegni, grafici e finestre esplicative ricche di storia e curiosità. Nell’ introduzione l’autore si presenta spiegando il come e il perché abbia scelto di scrivere sul cibo. Dopo il 1998 a seguito di ricerche su campo per un paio d’articoli sui cibi geneticamente modificati e sull’allevamento, si ritrovò con la mente affollata di domande e dubbi.
“Ora sì che avevo un problema. Se prima non avevo mai pensato alla provenienza di ciò che mangiavo, adesso non facevo che pensarci. Ho cominciato a preoccuparmi di cosa avrei dovuto mangiare. Solo perché il cibo si trovava al supermercato non significava che fosse un bene mangiarlo.”Ecco verificarsi la trasformazione da ignaro compratore a detective del cibo, per una maggiore consapevolezza. Dalla fonte produttrice alla tavola, seguendo ogni passo con occhio critico e curioso. L’argomento di studio, quindi non è solo il cibo in se e per se, ma la catena alimentare.
Seguono quattro sezioni che “passano al microscopio” le quattro principali catene alimentari tra cui l’uomo moderno può scegliere.
L’Italia, in cui le abitudini alimentari sono diverse per cultura, segue le direttive Europee, diverse e per molti versi più restrittive. Ad esempio, seguiamo l’argomento trattato nel primo capitolo. Seme, pannocchia, mais, un milione di possibilità d’utilizzo, un business senza precedenti. Questo in sintesi il percorso d’analisi che vede il mais come protagonista indiscusso della catena alimentare. Non la semplice pannocchia arrostita, ma panatura per i cibi pronti, dolcificante per merendine, condimento per insalate e alimento per l’allevamento del bestiame. Una pianta che negli anni è diventata vitale e unica padrona del mercato Americano. Da noi il mais è importante, ma non si può certo dire che domini il panorama agricolo o il mercato alimentare. Pollan spiega che negli allevamenti intensivi o Feedlot, questo diventa alimento principale per l’ingrasso veloce dei capi. Sorge quindi spontanea la domanda: cosa mangiano gli hamburger che mangiamo? ( o meglio che mangiano nel suo paese?) Per scoprirlo l’autore acquista un manzo ( che chiamerà numero 534 ) e lo segue nella crescita fino alla macellazione. Dopo lo svezzamento, lo porta in uno dei feedlot, per la fase d’ingrasso. Ciò gli permette di studiare le miscele alimentari che sono fornite agli animali. Cosa c’è dentro? Secondo Pollan tutto fuorché ciò che dovrebbe.
“Aggiungere al mangime piume e scarti di polleria (cioè, scarti di lettiere, escrementi e rifiuti vari) è una pratica accettata ”Probabilmente questo è vero per il suo paese, ma vi posso assicurare che da noi, è assolutamente vietato. Ci sono regolamenti severi che disciplinano la somministrazione di mangimi e l’utilizzo degli OGM in essi. Dopo i casi di “ mucca pazza ” l’Italia ha bandito farine contenenti scarti di origine animale (Reg. CE 1292 del 2005 ) e rigidi controlli, garantiscono la sicurezza per il consumatore. Questo è solo un esempio per una lettura più consapevole. Molte delle cose scritte da Pollan posono essere giuste nel loro contesto, ma per quanto riguarda il Bel Paese, spesso non sono valide. Io, per motivi di studio, ho "toccato con mano", molti dei posti in cui è stato lui: allevamenti (di polli, bovini, ovini, equini ), macelli (bovini ed equini), suinifici e pollifici (no, niente gite a Disneyland per chi studia veterinaria!). Posso dirvi che da noi le cose funzionano diversamente. Ci sono leggi e studi, sul benessere animale, che tutelano e ne salvaguardano la salute fisica e sì, anche quella psicologica. Certo, la fine è sempre la macellazione, ma l’imperativo è il non far soffrire l’animale inutilmente. In definitiva, il libro è interessante, perché fa riflettere e offre spunti e approfondimenti su temi che altrimenti molti non prenderebbero nemmeno in considerazione. Consiglio di leggerlo per avere un quadro più completo di questo “mito Americano” e per avere un punto di partenza se si vuole fare una scelta alimentare consapevole.
Raccomando, a chi fosse interessato ad approfondire il discorso sulle differenze con l’Italia, di fare un giro su http://www.ministerosalute.it/ . Nella parte di Alimenti e Sanità animale, troverete ad esempio, la regolamentazione per l’uso di mangimi con additivi, farine animali e OGM e approfondimenti sulla tutela animale, sui controlli sanitari ecc.