Recensione: Il Dominatore. Immortal, di Alma Katsu
Creato il 08 marzo 2014 da Mik_94
Buon
pomeriggio a tutti, amici. E tantissimi, cari auguri alle lettrici,
fisse o di passaggio che siano! Un bacione a voi. Mi sarebbe piaciuto
– questo otto marzo – lavorare a un post a tema, ma, come sapete,
il tempo scarseggia sempre. Ogni occasione è buona, perciò, per
parlarvi delle mie letture. La recensione di questo sabato è di un
romanzo che attendevo molto, il sequel di Immortal (qui). Il
titolo italiano non rende giustizia alla storia e potrebbe depistare
i lettori, ma, nel corso della lettura, si è dimostrato piuttosto
adatto, anche se riconosco il suo essere troppo ambiguo. Il
Dominatore è tante cose, ma non è un romanzo erotico, proprio
no. Scoprirete tutto nella mia recensione che, accanto a vaghi cenni
sul precedente capitolo, come sempre, non contiene spoiler
importanti. Ringraziando la gentile Longanesi per avermi dato modo di
leggerlo e recensirlo e inviando un saluto virtuale all'autrice, che
continuo a sentire spesso, vi abbraccio tutti e vi auguro una buona
lettura. Buon weekend a voi, M.
Siamo
condannati all'infelicità. Desideriamo la compagnia di qualcuno per
scacciare la solitudine. Siamo imprigionati dentro questi contenitori eterni con i
ricordi delle cose orribili che abbiamo fatto, gli inganni e i
rimpianti, cercando un modo di andare avanti... Vivere con qualcuno
potrebbe essere l'unico modo.
Titolo:
Il Dominatore – Immortal
Autrice:
Alma Katsu
Editore:
Longanesi
Numero
di pagine: 338
Prezzo:
€ 19,90
Sinossi:
Lanny
è una donna bellissima, sensuale, appassionata... E ha oltre
duecento anni. Lanny è un'immortale, ma la sua vita eterna le ha
chiesto un sacrificio molto alto. Troppo alto. È costretta a fuggire
e a nascondersi di continuo, perché l'uomo che le ha donato
l'immortalità, il potente e spietato Adair, vuole tenerla avvinta a
sé, anche se lei ha trovato un altro uomo, e con lui un nuovo,
profondo legame che le dà forza in una quotidianità finalmente
"normale" e condivisa. Adair ha più di mille anni, ma
nella sua lunghissima vita non ha mai incontrato una donna come
Lanny. E ora che si è liberato dalla cella in cui lei l'ha rinchiuso
per più di un secolo, Adair deve scegliere: ascoltare la voce
dell'odio e della vendetta, che gli impone di scovare Lanny e
ucciderla dopo orribili sevizie? Oppure cedere a una voce più
profonda e autentica, che non sentiva da secoli: quella dell'amore?
L'eros può rendere possibile l'impossibile, ma maggiore è la sua
forza, più alto il prezzo da pagare... Erotismo e suspense si
mescolano in una storia di passione e perdita, tradimento e
redenzione.
La recensione
“Il
suo odio per lei era un'ancora di salvataggio e l'avrebbe usata per
rimanere a galla e andare avanti, centimetro dopo centimetro, metro
dopo faticoso metro, fino a che non sarebbe riuscito a sbarcare sulla
terraferma.” Due anni fa, in un periodo non
diverso da questo, un nuovo romanzo usciva in libreria. Ricordo
ancora che, sul web, le pubblicità paragonavano l'autrice alla più
fortunata e nota Stephenie Meyer. Mossa sbagliata: Immortal era
tutta un'altra storia. Una storia di viscerale passione, una storia
di odio profondo. Non una storia d'amore. Era stata la copertina ad
attirarmi. Mi piaceva e non mi piaceva. Era fonte di dubbi, come per
me la trama stessa. Era l'epoca, quella, in cui il mio blog non aveva
ancora una forma precisa e in cui io, timidissimo, conservavo ancora
quella voglia matta di fare, ricercare e approfondire che, con l'età,
si perde sempre un po'. Era l'epoca, quella, in cui gli urban fantasy
erano tutti uguali e in cui la moda richiedeva necessariamente
romanzi tutti uguali. Immortal era
fra quelli, oppure no? Utilizzando Facebook come un radar, ecco sullo
schermo il profilo dell'autrice. “Aggiungi agli amici”, e il
gioco era fatto. Le scrissi quella sera stessa. Non sapevo quali
fossero i termini più gusti da utilizzare; non sapevo che ora fosse,
lì da lei. L'America era lontana, l'America era
tipo dall'altra
parte del mondo. E lei era un'autrice famosa. Invece, parlammo:
grazie a Google Translate, sì, ma parlammo. Le inviai le domande per
una breve intervista e il giorno successivo avevo le mie risposte. Il
mio blog, che contava pochissimi lettori fissi, avrebbe avuto
un'ospite internazionale. Alma, infatti, si era rivelata una persona
gentile, disponibile, affascinante. Mi aveva parlato dei suoi
precedenti lavori, dei suoi gusti, dei libri e dei film che
preferiva. Mi aveva raccontato, a parole sue, con l'amore che ogni
autrice riserva alla sua creatura, una storia di alchimisti, torture
fisiche e psicologiche, passioni fameliche, che io immaginavo –
all'inizio – essere altro. Era volata fino all'Italia, nelle
settimane seguenti, per presentare il suo Immortal.
Durante una sessione di autografi e foto, aveva riservato una dedica
speciale a un lettore che non aveva ancora letto la sua storia, ma
che – da lontano – ne aveva seguito con entusiasmo e curiosità
gli sviluppi. Una copia personalizzata del romanzo mi era arrivata a
casa, io ero felice. Mentirei se dicessi di averlo trovato perfetto
sin dalla lettura del prologo. La mole, il peso della prosa della
scrittrice, l'intreccio fitto e pericoloso mi avevano spinto a
rimandare la lettura a tempi migliori: all'estate. Mi ci erano voluti
i tempi giusti, vero, ma in cinque giorni l'avevo finito. Allora è
iniziata l'attesa per il seguito. Immortal
era
stato un bellissimo romanzo, ma non una lettura semplice. Intenso,
originalissimo, morboso, spesso anche indigesto. Senza pace. Pieno di
spigoli, crudo, difficile da mandare giù. Velenoso. Un moderno
racconto gotico, vicino all'estetica del sublime, alle paure
inconsce, all'eros più estremo e malato. Alma Katsu, con il suo
passato da profiler della CIA, aveva reso comprensibile
l'incomprensibile, tollerabile l'atroce. I suoi personaggi non
avevano punti deboli, la sua mano non vacillava mai, il suo stile era
superbo, corposo ed impeccabile.
C'è voluto tempo affinché il
secondo capitolo giungesse da noi. Ha cambiato prezzo, data di
pubblicazione, grafica, titolo: The
Reckoning
è diventato, così, Il
dominatore.
Prima di leggerlo, decisamente non condividevo la scelta. Trovavo
pessima l'idea di abbinare a una storia così potente un titolo da
romanzo erotico, quando di erotico la storia della Katsu aveva poco o
nulla. Poi, a fine lettura, ho compreso meglio. Il titolo fa
riferimento, infatti, al più temibile degli immortali: un uomo che
ha saputo dominare genti, epoche, secoli, come un Dio corrotto e
vendicativo. Adair. Da antagonista, lui diventa protagonista quasi
assoluto di un intreccio che – questa volta – è una macchina
perfetta. In duecento anni, tante cose cambiano. Tante cose
succedono. Anche se sei seppellito nel buio, in uno sgabuzzino di una
casa immensa come il più regale dei castelli. Murato vivo, con
l'immortalità a farti compagnia. I mattoni dei muri attorno a te non
sono abbastanza forti per spaccarti la testa; l'oscurità non è
abbastanza spaventosa perché il cuore possa fermarsi da solo;
l'eternità è troppo breve per pensare a una morte che, come una
benedizione dall'alto o un sollievo impensato, non giungerà da sé.
Sei immortale. Tu sei vecchio quanto il mondo, forte quanto il mondo.
Al contrario tuo, la tua mente può viaggiare in lungo e largo. Hai
tempo per pensare ai tuoi amori e ai tuoi nemici. A lei, la tua
carceriera. Il mondo, fuori, cambia, ma non tu. Almeno fisicamente.
Nella tua testa c'è il fuoco. Un fuoco che striscia, balla, corre,
diventando ora una fiammella, ora un falò. Una lingua di luce rossa
che arde di sete di vendetta e di una cosa che ha il sapore agrodolce
dell'amore. Il
dominatore è
una storia che, di continuo, oscilla tra prigionia e libertà, eros e
thanatos. Una raffinata parentesi in cui si parla di personaggi persi
nel mondo, come se fossero bambini che, nella folla, strattonati
dagli eventi, hanno lasciato andare per sbaglio la mano dei loro
genitori. Gli immortali della Katsu sono complicati.
Hanno il per
sempre a disposizione, ma temono i misteri dell'aldilà e i demoni
della solitudine. Passano da una casa all'altra, da un compagno
all'altro, mossi dal terrore di svegliarsi in un letto vuoto. Vissuti
una vita in gabbia, non sanno spiccare il volo. Lanny ha spalancato
la porticina fragile delle loro voliere, liberandoli da una cattività
obbligata, eppure – bellissimi e giovani – se ne stanno fermi sui
loro trespoli, cantando il passato. Adair – il loro tiranno - li ha
abbandonati. Possono camminare con le loro gambe, senza più la sua
voce nella testa: avevano dimenticato il suono dei loro pensieri,
avevano scordato cosa volesse dire pensare autonomamente. Ma è
libertà, quella? Essere soli, sperduti, senza più una guida? Lanny
– con uno sforzo inumano - ha messo fine alla vita del suo vero
grande amore e, ricchissima, passa le sue giornate accanto al mortale
Luke. Ha imparato ad amarlo, perché – dopo una vita di
segregazione – lui le ha fatto spiccare il volo. Vivono in una casa
piena di ricordi, che ha l'odore dei musei. L'odore delle case dei
vecchi. E' un tempio, un mausoleo, un perpetuo memento. Ogni oggetto
ha un significato, ogni souvenir è un talismano legato a un ricordo
e a un'era passata. Peccato che Lanny non dimostri più di vent'anni.
Ha quell'età da due secoli di troppo, ormai. Dietro l'apparenza di
bambolina di ceramica, il temperamento di un'eroina tragica,
all'interno di un coro di personaggi da tragedia greca destinati allo
struggimento eterno fino alla fine dei tempi. Adair l'ha catturata e
tenuta chiusa nella casa di Barbablù, fino a quando lei non ha
combattuto la magia nera con l'astuzia. Lui, un alchimista
sopravvissuto ai secoli e alle sue stesse spoglie mortali, che ha
legato a sé uomini e donne. Artefice di una lussuriosa corte di
dolci torture, depravati tormenti, schiavi eterni. Nel suo passato e
nel suo presente ci sono l'omicidio, lo stupro, la pedofilia, le arti
oscure, ma la Katsu è brava: a lui sono serviti duecento anni di
solitudine per scoprirsi una persona nuova, a noi due libri appena.
Dall'odio alla comprensione. Il lettore viene proiettato nella sua
mente e i suoi pensieri proibiti sono quasi contagiosi. Densissimi
come catrame. Pericolosi come le sabbie mobili. Il suo risveglio –
a metà tra Dark
Shadows
e Intervista col
vampiro
– è divertente, affascinante. La caccia a Lanny può avere inizio,
ma gli istinti primitivi da cui è dettata sono tra i più dispersivi
e vari. Sconcertano, sono talmente credibili da far star male.
L'autrice gioca abilmente con i grandi e torbidi tasselli del nostro
animo e crea un ritratto umano e straordinariamente coinvolgente di
protagonisti disumani. Rinnovo il mio paragone. Rinnovo il mio
complimento. Alma Katsu, infatti, mi ricorda la migliore Anne Rice.
Nel primo della Rice aveva le eccessive dilungaggini, la prolissità,
i dettagli minuziosi e trascurabili che adoro. Qui tutto è più
immediato e scorrevole. Non ci sono intoppi e la trama è un perfetto
congegno di salti, rimandi, ricordi. C'è una grande umanità nella
caratterizzazione di personaggi che di umano non hanno apparentemente
niente. Tra tanti di loro, nessuno che sia buono, nessuno che sia
virtuoso. Schiavi dei loro vizi, sarebbero – forse – i Lupi di
Wall Street, di Martin Scorsese. Costituiscono una famiglia unica nel
suo genere, composta da membri adoranti e intontiti come gli adepti
di una setta religiosa, ma il rancoroso Adair è un capo talmente
carismatico e ipnotico che le ragioni dei legami che li uniscono a
lui non risultano poi misteriose, come, invece, appaiono
dall'esterno. Si tratta di mera chimica, dalla cattiva esposizione al
potere, dei bruttissimi scherzi del subconscio. Fanno prigionieri,
sono prigionieri. S'instaurono tra loro gli effetti della Sindrome di
Stoccolma. E Adair, chiuso a lungo dietro una parete di mattoni e
pietre, si scopre innamorato della sua sfuggente e capricciosa
nemesi. Perché così è. I sentimenti seguono impulsi atavici e
ambigui comandi. Alma Katsu, in maniera molto insolita, in Il
dominatore
parla d'amore. E, continuamente, lo fanno i suoi personaggi, che sono
vecchissimi, ma non per questo saggi. Lanny, nella Venezia
ottocentesca, ha avuto come interlocutore e coreggiatore il mitico
Lord Byron in persona; Adair, oggi, dialoga con un Jonathan che ha
nuova forma e nuova vita: un Golem di carne e ossa, amante segreto
dell'imperscrutabile Regina degli Inferi. I gesti di tenerezza si
confondono con lo stupro, l'anima gemella è una nemica giurata. La
passione è animalesca, totale, ingorda: Adair e Lanny sono un leone
e una gazzella che s'inseguono, una Bella che fugge dalla Bestia. Un
bacio è un morso, un abbraccio è una tagliola mortale di nervi e
braccia. La saga della Katsu ha un gusto fortemente scultoreo e tanto
deve, secondo me, al dramma in musica nostrano: stessi strazi, stesse
passioni, stessa arte. Immagino i dialoghi tra i protagonisti come i
duetti tra un soprano e un tenore e, così espressivi e fermi, hanno
la mimica, l'universalità, l'intensità dei vecchi attori del cinema
muto. Storie come questa e uno stile come questo, alla fine, sono
semplicemente cose d'altri tempi. “Perché
da oggi io sono il tuo padrone: un padrone che non può ingannare,
che non può sfidare, a cui non potrai mai sfuggire. Da oggi fino
alla fine dei tempi, tu e tutto ciò che possiedi siete miei. Ora io
sono la tua vita. Io sono il tuo dio.”
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Lana Del Rey – Born to Die
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