Autore: Nicos Panayotopoulos
Editore: Ponte alle Grazie
ISBN: 9788879287357
Num. Pagine: 136
Prezzo: 12.00€
Voto:
Trama
Siamo nel 2063, in un nosocomio inglese un medico prende in consegna le memorie di un anziano deceduto da poco, il quale prima di morire gli ha lasciato intendere che avrebbe voluto che lui le leggesse, e successivamente le facesse pubblicare.
L’anziano era in realtà James Wright, scrittore. Scrittore che si è sempre rifiutato di sottoporsi al test Zimmerman.
Veniamo così a scoprire che nel 2026 tale Albert Zimmerman, dopo aver studiato approfonditamente per anni il genoma umano, avrebbe rivelato l’esistenza di molecole che erano in grado di determinare la predisposizione o meno all’arte, una vera e propria cartina di tornasole per riuscire a distinguere finalmente i veri scrittori geneticamente predisposti.
Inizia così nel mondo dell’editoria di un futuro prossimo una vera caccia alle streghe, gli editori si affidano soltanto a questo test per far entrare nelle loro fila nuove leve, escludendo invece chi si rifiuta di sottoporsi all’analisi, Uno di questi è proprio James, che in precedenza aveva ottenuto in incredibile successo coi suoi due primi libri, si ritrova improvvisamente gettato ai margini della società soppiantato dalle leggi di mercato completamente stravolte dalle nuove scoperte, ridotto quasi alla fame e preso in giro dalla sua stessa sorte dopo essere stato assunto come ghost writer per conto di uno di quegli enfant prodige che tanto l’editoria acclama.
Recensione
Niente a che vedere con l’apocalittico Farenheit 451 ma sempre di libri si parla. Il gene del dubbio è un bel testo che fa riflettere dopo aver letto l’ultima pagina, che mette di fronte a domande che forse nessuno si è mai posto sul serio, l’autore mette su carta un’eventualità folle quanto palpabile, quella della misurazione effettiva e fantomaticamente certa del talento.
In questo breve romanzo leggibile in poche ore vediamo uno scenario caotico e completamente ridimensionato da questa scoperta, i genitori accorrono a far testare i figli già nella culla, e se risultano positivi, le case editrici fanno a gara per accaparrarsi i futuri scarabocchi del piccolo. Perché? Ma perché lui può, ovvio, ce l’ha nel DNA. I lettori naturalmente seguono questa scia come foglie nella corrente del fiume, e con l’andare del tempo gli scrittori si assottigliano di numero, romanzi e racconti sono sempre meno, i prezzi dei libri schizzano in aria e le traduzioni hanno la loro impennata.
E’ geniale come Panayotopoulos abbia dipinto una visione così surreale e al contempo credibile della società editoriale odierna in cui i paradossi sono all’ordine del giorno, in cui si preferisce fare affidamento ad un test pur di avere qualche vendita in più, senza curarsi minimamente delle vere e proprie capacità della persona, senza far caso al fatto che scriva veramente bene o sia solo una grande apparenza. Si tende sempre ad affidarsi ad un’analisi del sangue – o nel nostro caso ad un nome altisonante – a discapito del vero talento che potrebbe far infervorare i lettori, con un abile gioco di superficialità si riesce a vendere la più banale delle cose come un grande capolavoro, e al contempo si ignorano i piccoli dettagli, i piccoli autori misconosciuti che parlano soprattutto attraverso la loro bravura.
E’ un romanzo politicamente corretto che mira alla critica feroce di un’editoria dai metri di giudizio sempre più iniqui che sfiorano la ridicolaggine, scritto bene e in maniera scorrevole, pochi sostantivi e digressioni, lineare e pacato, che mette in moto gli ingranaggi del cervello un poco alla volta, rivelando un futuro molto prossimo troppo simile al presente.
Molto bello, consigliato a chi voglia diventare uno scrittore. O anche un critico letterario.