Recensione: Il giovane Holden

Creato il 18 febbraio 2016 da Chaneltp @CryCalva
Buongiorno carissimi lettori come procedono le vostre letture? Le nostre abbastanza bene, mi sto meravigliando di quanto io stia riuscendo a leggere in questo periodo :P Tra l'altro sto riuscendo ad alternare vari generi letterari e vari autori, dai classici della letteratura ai nuovi autori emergenti dedicandomi anche un po' di più al panorama italiano! Bè non mi resta che lasciarvi a leggere una nuova recensione di un libro la cui valutazione ha avuto bisogno di essere meditata a lungo per potere realmente entrarci dentro ^^
IL GIOVANE HOLDEN Einaudi | 251 pp. | €12,00

Sono passati più di sessant'anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell'aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e tutto quello che gli è cascato addosso dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ciascuno vi ha letto la propria rabbia, ha assunto il protagonista a "exemplum vitae", e ciò ne ha decretato l'immenso successo che dura tuttora. Torna, in una nuova traduzione di Matteo Colombo, il libro che ha sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l'immaginario collettivo e stilistico del Novecento.
"A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentirsi quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giú. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell'altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Sicché hanno smesso di cercare. Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato"


Pura innocenza, candore incontaminato, veste bianca non erosa dal tempo, sguardo non inquinato dalla decadenza del mondo. Si erge sfrontato a difesa dei propri sogni, delle proprie speranze e convinzioni, lontano dalle disillusioni di una società ormai spenta, stanca. Mentre il mondo fuori si sgretola e soccombe a se stesso, lui rimane saldo, incapace di comprendere, incapace di farne parte. Non un eroe, non un titano indistruttibile ma un ragazzino, un giovane appena adolescente con gli occhi di un bambino spesso dimenticato, taciuto, nascosto, morto. Questa è la vera essenza di Holden. La parte più nascosta di noi e forse la più autentica, la parte "intoccata" dalle convenzioni e dalle strategie sociali che ci costringono ad adattarci, a perdere un io, non solo anticonformista e rivoluzionario, ma in grado di ritrovare ancora la bellezza della vita nelle piccole cose, una stretta di mano, il volto di una sorella, la quotidianità. Holden non riesce ad adattarsi, trova stretta la gabbia sociale che lo sovrasta: incapace di terminare gli studi viene cacciato da diverse scuole, noncurante e a tratti quasi egoista, un irresponsabile a prima vista, un immaturo incapace di scegliere e assumersi delle responsabilità, di diventare grande. Ma che fretta c'è a diventarlo, a sorpassare il valico quando hai soltanto 14 anni e vivi di sogni nel tuo mondo dove non c'è spazio per "la fantastica vita" degli adulti? Holden è l'intero romanzo: non c'è spazio per la narrazione di particolari avvenimenti degni di nota, né per personaggi secondari e poco utili alla costruzione, non c'è dinamicità. Ma il romanzo tuttavia non è, come si potrebbe supporre, piatto e monotono. Salinger ha creato un personaggio e lo ha sviscerato, l'intero mondo circostante, la neve accumulatasi nelle strade, i volti di gente simile, sono filtrati attraverso gli occhi di Holden mettendo in mostra tutta la sua personalità. Sono i suoi pensieri il vero protagonista del romanzo, è la sua anima fatta di dubbi e contrasti, di paure e idee impossibili da realizzare ma in cui credere fortemente. Perchè Holden riesce a credere ancora in un mondo che si sta disfacendo sotto i suoi occhi, in un mondo in cui bisogna essere inquadrato e inquadrasi, il rischio è quello di restarne fuori. Ma è proprio questo che fa Holden, rimane fuori, in disparte, come se fosse incapace di vivere ma la realtà è ben diversa. Lui vuole la vita, lui insegue la vita, quello che rifiuta è la vita che gli viene offerta, il mondo fatto di finto buonismo, superficialità, ipocrisia, ricerca dell'utile, un mondo losco, svuotato. Ma come riempirlo allora? Cosa vuole realmente Holden? Questa è la domanda chiave dell'intero romanzo che il protagonista si pone più volte, anche in occasione dei dialoghi con la piccola sorella. Si tratta quindi non di un viaggio tra le strade di una New York imbiancata, ma di un viaggio dentro la personalità di un ragazzino che Salinger ha saputo tratteggiare con maestria ricalcando alla perfezione pensieri e modalità di espressione (cosa che tuttavia non ho molto apprezzato nella lettura del libro). Holden si ritrova bloccato in un lago stagnante, incapace di muoversi, di trovare una direzione, di appigliarsi a un punto di riferimento in quel mondo caotico e estraneo a lui. E dove vanno le anatre quando il lago gela? Dova andrà il nostro Holden in futuro? 
"Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anitre quando il lago gela?  Lo sa, per caso?"
Holden non vuole rimanere inghiottito dal mondo: vuole capirlo, ascoltarlo, instaurare un dialogo. Vuole essere sicuro delle decisioni che prenderà, vuole essere in grado di avere il pieno controllo di sè una volta che il tempo lo porterà al cambiamento, alla crescita. Ma già a questa età, la tipica età dei primi dubbi e problemi insieme al senso di inadeguatezza, Holden appare "grande" nella sua saggezza e nella sua tenerezza che sfocia sopratutto nei confronti della sorella. La maturità non è forse la capacità di fermarsi a vedere il mondo con i propri occhi e indirizzare, senza influenze esterne ma consapevolmente, la propria vita? Bisogna scavare, scavare ancora per entrare realmente dentro il personaggio: se all'inizio risulta essere insopportabile, troppo lavativo e irresponsabile, in realtà piano piano inizia a emergere la bontà e l'insofferenza di questo individuo tormentato dalla vita, dai suoi schemi, da quello che dovrebbe essere e invece non è. Non apatico, non superficiale, ma critico e tendente alla purezza. Eppure Holden non può non fare i conti con la realtà, tappa fondamentale della crescita di tutti gli individui, rappresentata simbolicamente dalle notti passate a New York tra alcol, sesso, fumo, approcci non riusciti con una prostituta. Perchè Holden non sa approcciarsi, Holden non vuole. Non vuole abbracciare e immergersi nel mondo che gli si mostra davanti, l'umanità gli desta quasi ribrezzo. Un romanzo di formazione, un viaggio interiore in cui immedesimarsi, un percorso alla fine del quale chiedersi "E se potessi realmente fare l'acchiappatore nella segale?"
VOTO:

Voi lo avete letto? Che ne pensate?


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