James Dashner
Fanucci Editore
428 pagine
1 Giugno 2011
17,00€
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★ ★★ ★
Quando Thomas si sveglia, le porte dell'ascensore in cui si trova si aprono su un mondo che non conosce. Non ricorda come ci sia arrivato, né alcun particolare del suo passato, a eccezione del proprio nome di battesimo. Con lui ci sono altri ragazzi, tutti nelle sue stesse condizioni, che gli danno il benvenuto nella Radura, un ampio spazio limitato da invalicabili mura di pietra, che non lasciano filtrare neanche la luce del sole. L'unica certezza dei ragazzi è che ogni mattina le porte di pietra del gigantesco Labirinto che li circonda vengono aperte, per poi richiudersi di notte. Ben presto il gruppo elabora l'organizzazione di una società ben ordinata e disciplinata dai Custodi, nella quale si svolgono riunioni dei Consigli e vigono rigorose regole per mantenere l'ordine. Ogni trenta giorni qualcuno si aggiunge a loro dopo essersi risvegliato nell'ascensore. Il mistero si infittisce un giorno, quando - senza che nessuno se lo aspettasse - arriva una ragazza. È la prima donna a fare la propria comparsa in quel mondo, ed è il messaggio che porta con sé a stupire, più della sua stessa presenza. Un messaggio che non lascia alternative. Ma in assenza di altri mezzi visibili di fuga, il Labirinto sembra essere l'unica speranza del gruppo o forse potrebbe rivelarsi una trappola da cui è impossibile uscire.
La mia Recensione
Questo libro è un labirinto. Non lo dico per sembrare figa nel fare riferimenti al titolo del libro, giuro. E' un labirinto mentale di quelli mica male, in cui l'inquietudine è la compagna di sacco a pelo più cortese e disponibile che puoi trovare. Stavo un po' impazzendo, mentre leggevo, e intendo in senso buono
Magari sto delirando. Magari sono stata punta e mi hanno dato il Siero e sto subendo la Mutazione. Di sicuro sono pazza per voi, che non state capendo un caspio.
L'oblio è ciò con cui il lettore, proprio come Thomas, inizia l'avventura nella Radura. Non sappiamo nulla di più sul mondo creato dall'autore, nulla se non ciò che egli stesso decide di farci sapere dall'inizio. Il protagonista conosce nitidamente il suo nome, un piccolo faro nel buio della sua mente, in cui i ricordi di qualsiasi tipo di passato abbia mai vissuto sono persi e introvabili, o raramente offuscati, opachi, solo un'impronta indistinta di quel che rappresentano davvero. Thomas ha sensazioni di familiarità, istinti che lo allontanano dal fare o dire certe cose, e in un luogo strano come quello in cui la sua nuova vita inizia, seguire l'istinto e se stessi è più un atto di coraggio che di sicurezza. O di stupidità. In ogni caso, quello del romanzo in questione è un vero e proprio inizio in medias res, e credetemi quando vi dico che coinvolgente non rende l'idea. Pensavo, "è interessante, ma nulla di che", eppure mi ritrovavo stranamente a pensarci, a desiderare di leggere con l'impressione di essere trascinata dalle parole stesse, via via che andavo avanti. Come se ci fosse qualcuno a controllarmi, a tenermi incollata alla sedia nonostante i dubbi.
Io, la lettura e le forze soprannaturali. Eccoci qua.
Lo shock iniziale è una scossa, e per un po' Thomas è odioso. Un -sentite un po'- vero Fagio(lino), termine legato al tentativo, davvero carino, da parte dell'autore di dire brutte parole nascondendole con termini ridicoli. Unico barlume di ilarità, che rendeva tutto un po' assurdo, persino divertente a tratti. Comunque, dall'iniziale comportamento del nostro protagonista derivavano le mie perplessità sul fatto di prendere tempo e continuare a leggere o meno. Ma la cosa mi intrigava -specie perché, tutto sommato, Thomas era circondato da gente interessante, sveglia, che valeva la pena approfondire. Perciò ho continuato e ho azzittito il mio lato coscienzioso.
Newt guardò la finestra con aria assente. «Ora sai cosa cacchio striscia in giro per il Labirinto, amico. Ora sai che non c’è da scherzare. Sei stato mandato nella Radura, Fagio, e ci aspettiamo che tu sopravviva e che ci aiuti a fare ciò che ci hanno mandato a fare.»
«E che sarebbe?» chiese Thomas, anche se aveva paura della risposta che avrebbe ricevuto. Newt si voltò e lo guardò dritto negli occhi. Ora stava cominciando ad albeggiare e Thomas riusciva a scorgere ogni dettaglio del suo viso, la pelle tesa, le fronte aggrottata. «Trova il tuo modo di uscire, Fagio» disse Newt. «Risolvi l’enigma del fottuto Labirinto e trova la tua strada per tornare a casa.»
Queste parole mi hanno un po' messo i brividi, ma hanno definitivamente acceso la mia curiosità. Frustrante per me come per Thomas era il fatto che tutti si rifiutassero di dargli spiegazioni, lasciando quasi intuire che si trattasse di una questione di vita o di morte. E ad accompagnare il tutto c'era anche il fatto che la composizione stessa della Radura avesse attratto subito il mio interesse, assurda e incomprensibile, diversa da qualsiasi cosa avessi mai letto. Una sorta di feudo medievale, abitato da ragazzini di strada il cui grottesco linguaggio stride con la serietà del peso che si ritrovano a dover sostenere, minacciati da creature storpie, animalesche, sbagliate, impossibili da concretizzare al di fuori della mente, ma che richiamano qui mostri alla Men in Black viscidi e mucosi. Très bizarre et horrible. Ma la cosa più sorprendente? Fondamentalmente non c'è neanche una donna. Sorprendente, in maniera piacevole, è il fatto che questa storia sia essenzialmente priva di momenti d'amore e smancerie... e io l'abbia adorata ugualmente! La mia vena drammatica è stata nutrita con tanto di quel dolore, rassegnazione, speranza, terrore, rabbia, voglia di lottare... da aver assorbito tutto incapace di saziarsene fino alla fine. E d'altronde si sa che noi donne portiamo guai. Perciò, quando a un giorno di distanza la Scatola -una sorta di "ascensore" che immette i nuovi arrivati nella Radura- sferraglia verso il suolo per depositare un'altra povera anima fra il già numeroso gruppo di maschi operai, nessuno si aspetta di trovarci una ragazza. Morta. O quasi. Ancora di più, nessuno si aspetta che quest'arrivo coincida con l'Apocalisse del Labirinto; più che altro, preferiscono accigliarsi contro il Fagio pive, in quanto nuovo arrivato. C'è dell'altro: probabilmente tutto quest'essere sospettosi nei confronti di Thomas e Teresa va a ragione della maggioranza. Il perché dovrete scoprirlo leggendo, poiché se ad un certo punto penserete di non poter più spalancare occhi e bocca, scoprirete di non aver ancora superato il limite massimo.
Thomas ebbe una stretta alle viscere. Sapeva che tra lui e la ragazza c’era un legame di qualche tipo. Erano arrivati a un giorno di distanza l’uno dall’altra, lei gli sembrava familiare, lui provava l’impulso bruciante di diventare un Velocista nonostante tutte le cose tremende che aveva appreso... Che significavano tutte quelle cose?
Thomas non è un eroe, non è un protagonista virtuoso e affascinante, pronto al sacrificio, non ha grandi qualità da combattente o da leader: è un ragazzo che non ricorda niente di sé, eccetto il suo nome e immagini confuse accompagnate da frustranti e sfuggenti sensazioni. Patetico e irruente è il modo migliore che mi veniva in mente per descriverlo, e se questo lo rende umano quanto una persona qualsiasi nella sua situazione -supposizione per assurdo
Capirete la mia reazione quando, andando avanti, vedrete succedere quel che succede. Thomas si rivela essere una sorta di chiave contorta, insieme a Teresa, come quando in un thriller il colpevole è l'unico contro cui non avevi puntato il dito. Ho già detto frustrante? Più volevo sapere e meno riuscivo a scoprire. E non credete che, da quel momento in poi, Thomas diventi un invincibile paladino super geniale. Quel titolo è riservato al Signor Dashner. Ma con Thomas, la storia prende carattere, si arma di coraggio, si difende con l'onore proprio del suo genere, macchinando soluzioni e rivelazioni che via via mi stordivano sempre di più. Davvero inaspettato. Emozionante in modo poco prevedibile. Alla fine mi sono resa conto di aver amato le sue "imperfezioni", una vera rivincita contro il cliché dell'eroico coraggio della comune protagonista di un romanzo -tra l'altro solitamente femminile, il che da un punto in più al giovane in questione. Thomas è vero fino alla fine -tremante di paura, coraggioso fino al midollo, disperato come un perdente in una mezza vittoria che, poi, non lo è davvero. In fin dei conti, è diventato un po' il mio eroe.
E poi il finale, incredibile, imprevisto, pazzesco. Se l'intero romanzo è stato ipnotico dall'inizio alla fine, gli ultimi capitoli hanno spezzato la bolla di vetro all'interno della quale erano rinchiusi sentimenti e segreti e rivelazioni, catapultando improvvisamente il lettore e i personaggi stessi nel mondo reale -e costringendo questi ultimi a oltrepassare l'ostacolo dallo loro memoria perduta. E' stato come un brusco risveglio, o forse meglio dire come andare a sbattere contro un muro. Rinchiusi in un luogo che non comprendevano, ciò che hanno fatto è scegliere la migliore fra le peggiori e inevitabili soluzioni, per poi ritrovarsi incastrati in un altro mondo -ve l'avevo detto, no? vena drammatica mode on! In che altra lingua potrei farvi capire che ho davvero, davvero apprezzato questo romanzo? James Dashner è riuscito a riunire in quattrocento pagine tutti gli elementi che un buon distopico dovrebbe avere, dal panorama apocalittico e futuristico all'originalità della trama e dei personaggi, padroneggiando il tutto con uno stile che non lascia spazio ai sentimentalismi e alle complesse descrizioni, ma che invece predilige l'azione e le riflessioni logiche, acute, brillanti. Diretto, preciso, ipnotico, racconta di una catastrofe dopo l'altra amalgamando la gravità dai fatti alla fredda razionalità delle parti coinvolte -Radurai vs. Labirinto-, suscitando inquietudine e desiderio di saperne di più nella mente del lettore. Per lo meno, nella mia di sicuro.