Autore: Michail Bulgakov
Editore: Newton Compton
ISBN Libro: 9788854119277
Num. Pagine: 352
Prezzo: 6,00
Voto:
Trama: Il Diavolo è il più appariscente personaggio del grande romanzo postumo di Bulgakov. Appare un mattino dinanzi a due cittadini, uno dei quali sta enumerando le prove dell'inesistenza di Dio. Il neovenuto non è di questo parere. [...] Ma c'è ben altro: era anche presente al secondo interrogatorio di Gesù da parte di Ponzio Pilato e ne dà ampia relazione in un capitolo che è forse il più stupefacente del libro. [...] Poco dopo, il demonio, in veste del professore di magia nera Woland, si esibisce al Teatro di varietà di fronte a un pubblico enorme. I fatti che accadono sono così fenomenali che alcuni spettatori devono essere ricoverati in una clinica psichiatrica. [...] Un romanzo-poema o, se volete, uno show in cui intervengono numerosissimi personaggi, un libro in cui un realismo quasi crudele si fonde o si mescola col più alto dei possibili temi: quello della Passione, non poteva essere concepito e svolto che da un cervello poeticamente allucinato. È qui che [...] Bulgakov si congiunge con la più profonda tradizione letteraria della sua terra: la vena messianica, quella che troviamo in certe figure di Gogol' e di Dostoevskij e in quel pazzo di Dio che è il quasi immancabile comprimario di ogni grande melodramma russo (Eugenio Montale).
Recensione:Non è per niente un libro facile. Assomiglia a una scatola chiusa ermeticamente, non sai da che parte rivoltarla per aprirla e capire cosa vi sia dentro. In una parola: sconcertante. Praticamente un unicum.
Su un tavolo ideale ho messo insieme altri romanzi che mi hanno fatto la stessa impressione, anch'essi unici. Parlo de L'uomo di fiduciadi Melville e del lupo della steppadi Hesseche, insieme al Maestro e Margherita, costituiscono una trilogia che parla la stessa lingua oltre che della stessa cosa.
Vediamo perché.
Quanto ha in comune Il maestro e Margherita con L'uomo di fiducia di Melville, cosa accomuna Woland con la figura inquietante che si aggira per il battello smascherando la grettezza, il male che alberga tra i viaggiatori? In entrambi i casi compare il maligno, solo che il primo si muove con una schiera di aiutanti assurdi.
E con il Lupo della Steppa, scritto negli stessi anni? Il teatro, l'ultimo capitolo del romanzo di Hesse, richiama lo spettacolo di magia nera di Woland.
Nel Maestro e Margherita e nel Lupo della Steppa compaiono personaggi che fino all'ultimo tentano di resistere, di non precipitare e non capisci bene se questo significa stare ai margini o vivere compiaciuti nell'alveo di tutti. Il Maestro, per evitare la persecuzione e la censura, ha dato alle fiamme il suo discusso e contrastato romanzo, ma questo non gli consente di vivere in pace. Anch'egli si troverà ricoverato in clinica. Tra l'altro il romanzo stesso testimonia come il Maestro abbia intuito una verità che nessuno può togliergli dalla testa e che lo pone al di sopra di tutti gli altri, persino al di sopra di Woland che la medesima verità (il processo di Gesù) conosce per esserne stato testimone oculare. Non può più cadere, ha raggiunto un guado cui è predestinato e dal quale nessuno potrà cacciarlo. Cosa che non è riuscita al lupo della steppa.
Il Maestro suo malgrado è posto ai margini, perseguitato, il lupo della steppa invece è continuamente ghermito, tentato dal mondo da cui vorrebbe fuggire. Nel caso di Haller lo stare ai margini esprime un atto di volontà, come tale rettificabile in ogni momento.
La I parte del romanzo fotografa una società - quella russa - in sfacelo, un mondo che recalcitra a ogni passo, racchiuso in un teatro vastissimo, al di là dei confini dell'edificio in cui Woland presenterà il suo spettacolo di magia nera. L'effetto è così sconcertante da dissolvere qualsiasi allegoria di fondo. Il quadro che ne scaturisce è reale e surreale insieme, ma anche consistente, plastico. Lo possiamo toccare con mano. Si parla di pensieri, di anime, di corpi, non solo di simboli. Gli unici simboli, volendo, sono Jeshua Hanozri, Pilato, Woland e forse persino il Maestro. Woland, tra tutti, il più impalpabile, è figura diafana e indistinta, ma non per questo meno inquietante. Sembra annidarsi nella mente di chi lo incontra, popolandone i sogni, gli incubi. Non per niente lo spettacolo di magia nera è vissuto, col senno di poi, come un caso di ipnosi collettiva.
Woland al contrario dell 'Uomo di fiducia, non è un vero e proprio tentatore: toglie soltanto i coperchi alla realtà, mette a nudo anime che non hanno bisogno di essere corrotte. Woland non deve andare a caccia di anime. Gli si sono già offerte.
La II parte racconta invece la storia di Margherita. A un certo momento si domanda:"Perché sono esclusa dalla vita?", perché mi trovo ai margini? Domanda assai pericolosa. Segue lo strano incontro con Azazello, la stipula di un patto: se presenzierà alla serata in casa di uno straniero, l'amato Maestro uscirà dalla prigionia. La liberazione più sconcertante è quella della stessa Margherita, a mezzo di un unguento magico. Libera da tutto, anche dei propri vestiti, lascia un messaggio al detestato marito, votandosi completamente alla sorte del Maestro:
"Perdonami e dimenticami il più presto possibile. Ti lascio per sempre. Non cercarmi, sarebbe inutile. Sono diventata una strega per il dolore e le disgrazie che mi hanno annichilita".
La sua storia è riassunta da una favola raccontata a un ragazzino:
"C'era una volta una zietta... E non aveva bambini, e nemmeno un poco di felicità. Ed ecco che dapprincipio pianse a lungo, e poi divenne cattiva...".
Se Margherita si sente esclusa dalla vita, osserverà quella degli altri dall'alto, a cavallo di una scopa, strega tra streghe, giudice tra giudici. Ha parte attiva nel processo che vede la carrellata di quel mondo che ha soggiogato il Maestro.
Date queste premesse ho trovato affascinante il personaggio di Margherita, non un essere di luce, ma una donna in carne e ossa che nella sua fisicità adempie a una missione salvifica, strappando alle tenebre (della società russa del tempo) forse l'unico che lo meritasse: il Maestro. In che modo? Mediante un inaudito rovesciamento del Faust goethiano.
A ben vedere il Maestro non è Faust, non scambia la propria anima al fine di ottenere chissà quali ricchezze materiali o spirituali, successi e riconoscimenti. É giusto il contrario: vive in un universo colmo di saccenti Faust che l'anima l'hanno regalata senza che sia stata loro chiesta, senza che nessuno rammenti d'aver sottoscritto un patto. Semplicemente hanno afferrato, arraffato, preso senza domandare prima il prezzo.
A fine romanzo ci domandiamo: ma esattamente Woland chi è? La domanda è sensata perché dalla risposta dipende, a parer mio, la stessa comprensione del romanzo.
Goethe, in epigrafe, offre la più persuasiva:
" Io sono una parte di quella forza che vuole costantemente il male e opera costantemente il bene. "
la quale potrebbe essere concepita al contrario, tanto per confondere le acque: I o sono una parte di quella forza che vuole costantemente il bene e opera costantemente il male.
Come a dire che a fronte di un essere che compie il male, vi è chi ciò consente in ragione di un disegno più alto.
Non appare sufficiente rispondere che Woland incarna il diavolo, che è Satana, colui che separa e divide, distingue e allontana. Fuorviante sarebbe assimilarlo al male assoluto. Il male, come insegna Pasolini, non è assoluto per definizione, è solo una parentesi:
Il Male non è che un'esperienza transitoria, non sta né nel Principio, né nella fine. Bisogna passarci in mezzo, ecco tutto." ( da Petrolio, appunto 34 bis)