[Recensione] Il momento del risveglio

Creato il 10 novembre 2012 da Topolinamarta

Dopo tre eBook, oggi è il turno di recensire un libro in carne e ossa – o meglio, in carta e cartoncino – che mi è arrivato tramite il progetto “Recensioni d’inchiostro”, che ormai ben conoscete. Buona lettura!
(Come al solito, per visualizzare i terribili spoiler, selezionate la parte in bianco e il testo riapparirà magicamente.)

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Titolo: Il momento del risveglio
Autore: Nicola Fossati
Genere: fantasy, natura
Editore: Lampi di stampa
Collana: Narrativa e poesia
Pagine: 625
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo di copertina: €20,00
ISBN: 9788848812610
Formato: brossura
Valutazione: Grazie all’autore per avermi spedito il libro.

   

RIASSUNTOLa vita di ciascun individuo è segnata da una serie di situazioni che si verificano in sequenza durante il proprio cammino, talvolta senza lasciare particolari tracce. Tra queste c’è però una occasione “straordinaria”. Un’epifania in cui ogni barriera o limitazione creata dai timori, dalle inquietudini e dalle sofferenze si sgretola, lasciandoci liberi di vivere pienamente… questo è il momento del risveglio! Può avvenire in un istante, infondendoci la forza, la sicurezza e la tranquillità per affrontare qualsiasi cosa.
Tutto ciò accade a Sidney, personaggio principale del romanzo. Il giovane si troverà immerso in un’avventura che lo porterà a conoscersi, a crescere, conducendolo al definitivo risveglio. Pur mantenendo alcuni canoni della letteratura fantastica, risulta arduo riassumere l’intera vicenda. Numerosi personaggi, colpi di scena e una mitologia che comprende tutto il folklore mondiale sono racchiusi nel romanzo. Alchimia, Numerologia, Enneagramma, tradizioni Sufi e Sciamaniche si fondono in un’ambientazione medievale, richiedendo differenti approcci di lettura.
Un ruolo chiave è interpretato dalla Natura: pur rimanendo per lungo tempo silenziosa, è una presenza costante. Il libro è anche un’esortazione a rivolgere uno sguardo rinnovato verso la Natura e a considerarLa un prolungamento di noi… o viceversa. L’autore ci invita a prestare attenzione alle piccole cose, cercando di non vivere senza posa come una freccia scoccata a grande velocità. A volte le risposte che cerchiamo sono sotto i nostri occhi, ecco perché niente accade per caso.

L’AUTORE - Nicola Fossati è nato nell’agosto del 1981. Dopo una serie di spostamenti familiari che lo hanno portato in diverse parti della penisola, attualmente vive a Monticelli Brusati, in Franciacorta. Dopo il diploma di liceo scientifico e durante gli studi universitari, presso la facoltà di beni culturali, ha iniziato a scrivere riversando ogni giorno di più le sue energie in questo settore. Da più di dieci anni, seguendo gli interessi dei genitori, si è dedicato allo studio e alla pratica di diverse discipline riguardanti lo sviluppo personale, pur mantenendo le sue attività di giocatore di basket e informatore scientifico per la Bemer Italia.

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RECENSIONE

Era un po’ che ce l’avevo sotto – almeno tre settimane –, ma sono riuscita a finirlo solo nei quattro meravigliosi giorni del “ponte dei morti” (e a recensirlo un’altra settimana dopo… no comment). Il fatto è che, come mi accade spesso, è stata una fatica dannata superare l’incipit, che invece dovrebbe essere una sorte di amo in grado di acchiappare l’attenzione dei lettori.
Ciò non significa che l’abbia trovato noioso, anzi: il pregio principale de Il momento del risveglio è senz’altro la scorrevolezza, tranne in passi occasionali. Il problema – anzi, i problemi – qui riguardano principalmente lo stile. Avete presente quegli errori in cui si imbattono spesso gli scrittori esordienti, ovvero gli infodump, i cambi di punto di vista, i dialoghi innaturali e così via? Be’, ho purtroppo dovuto constatare che ne Il momento del risveglio ci sono praticamente tutti.

I primi della lista si fanno sentire già a partire dal capitolo 1 e continuano senza interruzioni per l’intero romanzo, che risulta costellato di queste fastidiose descrizioni piazzate a tradimento:

Alcuni bambini si erano raccolti attorno al vecchio Hansel, il cantastorie. Figura particolare, dotata di grande fantasia, aveva viaggiato per diversi anni prima di insediarsi definitivamente ad Agen. (pag. 13)

Era il mese del Salice e si celebrava Beltain, la ricorrenza più significativa dell’Intissar, la provincia centrale. […] La festività simboleggiava una purificazione e un nuovo inizio. Purtroppo il tempo, con il suo lento fluire, aveva celato queste valenze e oramai Beltain era divenuta una delle tante feste. (pag. 14)

Sempre i primi capitoli, inoltre, sono assai caotici, ricchi di molteplici cambi di scena e di punto di vista che mi hanno costretto a rileggerli due volte per capirci qualcosa. Andando avanti questo senso di confusione si attenua, ma resta il fatto che un incipit del genere, a mio parere, non invoglia per niente a continuare la lettura; anzi, se avessi trovato Il momento del risveglio tra gli scaffali di una libreria, molto probabilmente mi sarebbero bastate pochissime pagine per rimetterlo al suo posto e passare al successivo.

Altri punti a svantaggio dello stile li troviamo nella gestione del narratore: infodump a parte, sembra che la voce narrante provi gusto nel far sentire stupido il lettore ribadendo in più occasioni persino ciò che parrebbe scontato. Volete alcuni esempi?

Il villaggio era in fiamme, le urla delle persone si mischiavano allo sferragliare delle spade. La situazione era davvero caotica.[…]
«Il mio è un ordine!», disse duramente la ragazza. (pag. 64)

«Haidecisodirimanereconnoi?», chiese la ragazza tutto d’un fiato […]
«Ehm… sì, volevo dire… se hai… deciso di… rimanere con noi?», Miriam riuscì a formulare la domanda balbettando. (pag. 100)

«Questione di riflessi…», rispose Sidney con un mezzo sorriso, dandosi delle arie. (pag. 118)

Insomma, voi capite che sentirsi spiegare l’ovvio tutte le sante volte – anche quando, per esempio, il tono con cui è pronunciato un dialogo è già abbastanza chiaro per conto suo – è decisamente poco simpatico.

In altre scene sono invece gli stessi dialoghi a risultare artefatti e per nulla naturali:

«L’assenza di una famiglia mi ha costretto fin da ragazzo a divenire un mercenario. […] Eppure, con il passare del tempo, mi sono accorto che non era questa la mia strada. Assieme ad un misero, ma fedele, gruppo di compagni ho deciso di intraprendere un differente cammino. Avremmo seguito chiunque avesse avuto bisogno di un intervento armato.» (pag. 43)

E troviamo anche cambi di punto di vista all’interno della medesima frase:

I due si scambiarono un lungo e penetrante sguardo. Gideon non poteva nascondere la crescente ammirazione verso quell’individuo, capace di cogliere l’indole delle persone che aveva d’innanzi in così poco tempo. Sidney non distoglieva i suoi occhi da quelli del ragazzo. Lo scrutava cercando di carpire anche la minima reazione. Gideon era abbastanza alto, con un fisico strutturato, frutto del lavoro al posto. Aveva mani vigorose e gambe agili. (pag. 386)

Riguardo allo stile descrittivo le cose vanno persino peggio. Non tanto perché le descrizioni risultino noiose, ridondanti o semplicemente poco efficaci, quanto perché si insinuano dappertutto spezzando la narrazione e disturbando così la lettura:

Un urlo allarmò Lara, la madre. Riconosciuta la voce della figlia, subito si lanciò verso di lei. La donna aveva un fisico robusto, imponente, abituato a compiere lavori pesanti. Il grido di paura della figlia le fece tenere un passo impressionante. (pag. 84)

Per diverso tempo, il ragazzo [Sidney] continuò ad inveire contro sé stesso, non riuscendo a perdonarsi la disattenzione. Se esteriormente appariva superficiale, interiormente aveva un’indole perfezionista. Valutava sempre anticipatamente le situazioni per incappare il meno possibile in errori, soprattutto quelli banali. (pag. 111)

Frasi del genere si incontrano quasi a ogni pagina, in particolare ogniqualvolta in cui entra in scena un nuovo personaggio:

La vista di suo marito che veniva incontro [a Lara] le fece tirare un sospiro di sollievo. […]
«Andiamo… non c’è tempo da perdere», suggerì [Earl].
Earl, nonostante non fosse più giovanissimo, era dotato di braccia forti. Anni e anni di lavoro, diviso tra boscaiolo e fabbro, avevano temprato il suo fisico. Correva come avesse in spalla un leggerissimo sacco di iuta. (pag. 85)

«Devo assolutamente parlare con lui [Stonerook]!», sentenziò deciso lo Smeraldo [= Sidney]. «È una questione di vitale importanza!»
I Giganti erano un popolo molto saggio e sensibile. La preoccupazione negli occhi dello straniero non poteva lasciarli indifferenti. (pag. 466)

… oppure quando viene presentato un luogo:

La luce lo investì non appena sbucò dal fitto del bosco. Un’ampia radura circondava lo specchio d’acqua. L’Arpisson era alimentato da due fiumi, l’Artanavaz ed il Serbino. Simile ad un fagiolo, era una sorta di oasi tra le piante del Buthier. La particolarità del lago era quella di essere talmente cristallino, da consentire di specchiarsi e di riflettere il paesaggio circostante. Per prima cosa, Sidney si rinfrescò e bevve, riempiendo poi la borraccia. (pag. 142)

Non dimentichiamoci, inoltre, delle descrizioni rigorosamente politically correct:

Kira si voltò lentamente. Un’orrenda figura, dalle fattezze a metà tra un essere umano ed un rapace, dormiva appollaiata su di un albero. Il sangue della ragazza si gelò in un istante, non essendo abituata a vedere certe creature (pag. 218)

Come presumo avrete intuito, inoltre, Nicola Fossati non fa certamente economia di aggettivi e avverbi, soprattutto di quelli in –mente. A parte il fastidio generale, però, vi invito a leggere il passo che sto per riportare, preso da pagina 242, e a dirmi se non è una vergogna che compaia in un libro pubblicato:

Somigliante ad un re, comodamente seduto sul suo imponente trono, il comandante attendeva impassibile l’arrivo dell’avversario. Il massiccio blocco di pietra, finemente lavorato e decorato, presentava esternamente minuziose incisioni di quelli e scene di battaglie campali. Il piano orizzontale ed il poggia schiena erano rivestiti da magnifici drappi, che rendevano più morbida la seduta, evitando il diretto contatto con la nuda roccia. Sembrava pronto per essere immortalato su una tela d’artista.

No, purtroppo non è l’eccezione, e non esagero quando dico che ho perso il conto di tutti i passi come questo.

Infine, ci tengo a segnalare alcuni passi che nei miei appunti di lettura ho contrassegnato sotto “momenti LOL”, ovvero quelle scene durante le quali è stato assai difficile non scoppiare a ridere a crepapelle.
Innanzitutto, non può mancare la descrizione della gnocca di turno:

«Non ci si comporta così con un ospite!», sentenziò l’amazzone sbucata dalla tenda verde. Il suo aspetto era divino. Il fisico sembrava scolpito nella pietra per quanto proporzionato e definito. La muscolatura non prevaleva sulla sua femminilità. Lunghi capelli neri incorniciavano un viso accattivante, dove risaltavano delle morbide labbra e degli occhi di un colore cristallino. Il volto era fiero e deciso, il suo sguardo penetrante e provocatorio. Sembrava una pantera intenta a studiare la sua preda prima di spiccare il balzo per aggredirla. (pag. 472)

E poi non dimentichiamoci del modo spiccio in cui vengono descritte le morti dei due kattivi, che a me personalmente sono sembrate ridicole:

«Ekunnn!», lo Smeraldo evocò lo Spirito Supremo e una devastante bordata spazzò via definitivamente quella minaccia [= il kattivo]. (pag. 307)

La spada cominciò a vibrare, prima che dalla sua lama scaturisse un’esplosione tale da dissolvere il negromante. (pag. 608)

Oppure la scena più clue dell’intero romanzo, in cui, durante un combattimento, Sidney viene colpito a morte e cade apparentemente privo di vita, per poi essere magicamente rianimato dal BacioDelVeroAmore™ della dolce Amaya… o ancora quello che avrebbe dovuto essere il chiodo attorno a cui ruotava tutta la trama e che si risolve in modo così banale da non meritare nemmeno lo spoiler alert:

Il guerriero ebbe un sussulto e con le ultime stille di vita, allungò il braccio, riuscendo a prendere tra le sue dita l’impugnatura della santa spada.
Fu quello il momento del risveglio! (pag. 605)

A voler parlare più in dettaglio degli aspetti della trama e dei personaggi… in tutta sincerità non mi hanno lasciato niente di che. Ho imparato secoli fa a non stare a sentire le “premesse auto-celebrative” che quasi sempre vengono piazzate all’inizio dei romanzi (trovate qui quella de Il momento del risveglio, talmente ovvia e inutile che l’ho tranquillamente omessa), ma la speranza che una volta tanto siano attendibili rimane sempre… e purtroppo questa speranza è svanita nel giro di poco.

In particolare, la storia non è poi tanto diversa dalle altre decine e decine di fantasy in commercio: la fortezza in cui vivono i guerrieri viene attaccata e questi ultimi uccisi o dispersi; il protagonista, ferito, viene ripescato in un fiume e curato nella classica famiglia di brava e povera gente; inizia il lungo viaggio alla ricerca dei kattivi responsabili della strage e il ricongiungimento con i compagni creduti morti; il protagonista trova quello che crede sia il superkattivo, ma questi in punto di morte rivela di essere sempre stato una marionetta nelle mani del vero kattivo; nel frattempo il protagonista viene a conoscenza dei magic powers datigli dalla Natura e delle varie e potenti spade in grado di scatenarli, con conseguente ricerca dei guerrieri degni di brandirle; le coraggiose donzelle amate si sacrificano per il protagonista; anche l’altro kattivissimo viene sconfitto; il protagonista si defila come suo solito, ma tutti sanno che tornerà a salvare la Natura in caso di necessità.

Naturalmente non è solo questo, altrimenti sarei andata ben sotto le due goccioline: il background mitologico-naturalistico in cui è ambientata la storia mi è piaciuto abbastanza, pur non brillando per originalità (però intanto niente elfi e nani, yeah!), e lo stesso vale per l’intreccio e la gestione delle complesse vicende che lo compongono.
In particolar modo, riguardo ai personaggi, le avventure e disavventure che vive Sidney gli conferiscono uno spessore psicologico che mi è sembrato mancare a quasi tutti gli altri protagonisti. Il fatto è che dall’indice ne risultano più di centoquaranta, e non è difficile immaginare che non sia stato semplice gestire una tale moltitudine di personaggi.

Un’altra critica riguarda ciò che, a giudicare dalla premessa, è uno dei punti chiave del romanzo. Come troviamo scritto sul sito dell’autore:

La storia non è frutto di fantasia, ma è una specie di resoconto delle esperienze affrontate a contatto con i maestri sufi e gli sciamani. L’idea iniziale era quella di ambientare la storia ai giorni nostri, ma non avrebbe reso… e così ecco la cornice fantasy! Ideale per rappresentare, sotto forma di metafora e di simbolo, tutto quello che ho vissuto in prima persona.

Anche solo limitandosi a una lettura “alla leggera”, senza soffermarsi troppo sui contenuti e sulle allusioni metaforiche, questo è evidente già dai nomi. Un esempio può essere Amaya, che se non ricordo male vuol dire “valle della pioggia” – significato ovviamente legato alla storia – e moltissimi altri di innumerevoli origini diverse. C’è stata però una perplessità che non mi ha lasciata durante l’intero il libro: come si spiega la presenza di nomi talmente eterogenei? Ok per le loro accezioni, ma come hanno fatto lingue tipo l’arabo, l’indu, il giapponese o lo stesso inglese (i nomi delle spade sono tutti così) a finire nel mondo fantasy creato da Nicola Fossati? Stesso discorso per le feste di origine celtica, Beltain e Samhain, a cui si fa spesso riferimento: perché un universo fantastico, presumibilmente inventato, deve avere così tante caratteristiche in comune col nostro? E soprattutto, cosa c’è di originale in tutto ciò?
La mia impressione, riguardo a Il momento del risveglio è che la maggiore cura sia stata messa nel costruire certi dettagli pressoché insignificanti, di quelli che magari solo gli “addetti ai lavori” sono in grado di cogliere, piuttosto che in aspetti più importanti e visibili – tanto per cominciare, lo stile. Ciò non vuol dire che curare i particolari sia inutile: semplicemente, per come la vedo io bisognerebbe prima di tutto dedicarsi all’essenziale, per poi passare ai dettagli. In questo caso, invece, sarebbe stato di gran lunga preferibile impegnarsi a migliorare la scrittura, che presenta ancora gravi difetti, e magari economizzare un po’ sui “significati nascosti”.

Un totale disastro, insomma? Direi di no, o almeno non del tutto: certo, il numero e il peso dei difetti è assai superiore di quelli dei pregi, ma devo ammettere che, alla fine, non mi è dispiaciuto.
Il fatto è che, in linea di massima, è scritto piuttosto male: abbiamo visto molti problemi di descrizioni e di lessico, ma spesso anche la grammatica lascia a desiderare (non vi dico quante virgole soggetto/verbo ho pescato… per non parlare di quelle mancanti, delle troppe “d” eufoniche). L’impressione che mi ha dato è che l’autore si sia messo a scrivere senza un ricco bagaglio di buoni fantasy alle spalle, e soprattutto senza essersi preoccupato troppo di curare lo stile, privilegiando invece aspetti secondari – per quel che mi riguarda – come i simbolismi o le “storie dentro la storia”. Purtroppo un romanzo non è fatto soltanto di quei particolari invisibili agli occhi dei lettori comuni: secondo il mio modesto parere, occorre innanzitutto preoccuparsi degli aspetti percepibili da tutti.
O forse la colpa ricade su di me, che non sono stata capace di apprezzare i “significati occulti” e che mi sono soffermata troppo sull’esteriorità… In ogni caso, questo è ciò che penso de Il momento del risveglio.

*        *       *

In sintesi… 

Nonostante tutto scorrevole e quasi
mai noioso. Incipit e primi capitoli confusionari,
poco coinvolgenti.

Background mitologico/classico ben
costruito. Infodump, descrizioni che spezza-
no la storia e/o ripetono l’ovvio.

Il protagonista è caratterizzato
abbastanza bene… … ma molti altri personaggi sono
assai superficiali.

Molta cura per i dettagli e i “signi-
ficati nascosti”… … ma molta meno per gli aspetti
essenziali.

PoV ballerino.

Decine di aggettivi e avverbi inutili,
anche rime involontarie.

Momenti LOL, scene cliché e tirate via.

Presenza non giustificata di nomi
assai eterogenei.

Vari difetti di stile (virgole, “d” eufo-
niche e sviste varie).

*        *       *

Una frase significativa…
Il tempo in sua assenza trascorse rapidamente. A differenza della precedente occasione, nessuno temeva per la sua incolumità. L’evento di cui erano stati personalmente testimoni, durante lo scontro con Aleister, scongiurava qualsiasi pensiero negativo. I Generali cercarono di scoprire che fine avesse fatto lo Smeraldo, ricevendo molteplici informazioni. Molti sostenevano che si fosse recato nell’Alpherat, con la volontà di oltrepassare la Grande Catena delle Orepadi e scoprire cosa ci fosse aldilà dell’invalicabile barriera montuosa. Altri affermavano con sicurezza di averlo visto passare da Meridia, dove si trovava Rachael, sua madre. […] Infine diversi asserivano di essersi imbattuti in lui durante i loro viaggi.
L’unica certezza, nei cuori dei membri del Consiglio, consisteva nel fatto che ogni qual volta si fosse ripresentata una minaccia nei confronti della Natura, lo Smeraldo, brandendo Xantia, sarebbe tornato.

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