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Recensione, IL PRIGIONIERO DEL CIELO di Carlos Ruiz Zafón

Creato il 10 settembre 2014 da Leggiamo
Mi piace dedicarmi ai libri di Zafon in estate, quando ho la testa sgombra da ogni pensiero e tutto il tempo del mondo per calarmi nelle magiche atmosfere che l'autore spagnolo sa ricreare... solo che questa volta non è andata bene come le altre. T_T
Il Prigioniero del Cielo di Carlos Ruiz Zafón
Mondadori, 2012 | pag.349 | € 21,00 - € 13,00 |
il Cimitero dei libri dimenticati #3
Recensione, IL PRIGIONIERO DEL CIELO di Carlos Ruiz ZafónNel dicembre del 1957 un lungo inverno di cenere e ombra avvolge Barcellona e i suoi vicoli oscuri. La città sta ancora cercando di uscire dalla miseria del dopoguerra, e solo per i bambini, e per coloro che hanno imparato a dimenticare, il Natale conserva intatta la sua atmosfera magica, carica di speranza. Daniel Sempere - il memorabile protagonista di "L'ombra del vento" è ormai un uomo sposato e dirige la libreria di famiglia assieme al padre e al fedele Fermín con cui ha stretto una solida amicizia. Una mattina, entra in libreria uno sconosciuto, un uomo torvo, zoppo e privo di una mano, che compra un'edizione di pregio di "Il conte di Montecristo" pagandola il triplo del suo valore, ma restituendola immediatamente a Daniel perché la consegni, con una dedica inquietante, a Fermín. Si aprono così le porte del passato e antichi fantasmi tornano a sconvolgere il presente attraverso i ricordi di Fermín. Per conoscere una dolorosa verità che finora gli è stata tenuta nascosta, Daniel deve addentrarsi in un'epoca maledetta, nelle viscere delle prigioni del Montjuic, e scoprire quale patto subdolo legava David Martín - il narratore di "Il gioco dell'angelo" - al suo carceriere, Mauricio Valls, un uomo infido che incarna il peggio del regime franchista...

Voto:
"Ci sono epoche e luoghi in cui essere nessuno è più onorevole che essere qualcuno."
Ho detto che non avrei mai parlato male di Zafon, nemmeno sotto tortura, e non lo farò. Non si può parlare male di un autore che ha il raro dono di tessere incantesimi intorno alle parole, però Il Prigioniero del Cielo, non è stato - ahimè - all'altezza dei suoi due predecessori.
Sia chiaro, è un libro scritto magnificamente, ma la presa che ha sul lettore non è di quelle che ti tolgono il respiro annullando addirittura lo scorrere del tempo e i paragoni con L'Ombra del Vento e Il Gioco dell'Angelo - inevitabili - l'hanno penalizzato ulteriormente.
Ne Il Prigioniero del Cielo Zafon non porta ulteriormente avanti la storia (non più di tanto), ma ci dà nuovi tasselli del passato di Fermin da incastrare nel presente di Daniel Sempere.
Buona parte del romanzo è proprio un lungo flash back che vede questo insolito e incredibile personaggio prigioniero nel castello di Montjuïc insieme a David Martín l'ambiguo scrittore che era sceso a patti con il Male.
Nonostante credessi che a farmi emozionare sarebbero stati Daniel e Bea, finalmente sposati e con un bambino da crescere, Fermin si è riconfermato un grande cantastorie e alla fine, questo vagabondo anticonformista e insolitamente acculturato, ha rubato le luci della ribalta mettendo in ombra gli stessi protagonisti. Eppure, nonostante abbia riempito il libro di promemoria, tutte le allegorie e i sillogismi di Fermin (adoro il suo esistenzialismo cinico e pieno di sarcasmo) non mi sono bastati per dare al romanzo più di tre stelline. Un voto che odio tra l'altro. Un voto che non avrei mai voluto dare a Zafon.
Il palcoscenico è sempre la bellissima Barcellona, questa volta seppellita sotto una coltre di neve e segreti; al carismatico cast si aggiunge Mauricio Valls l'incarnazione del lato peggiore del regime franchista, oltre a essere un uomo privo di talento che tenta di sfruttare quello altrui; ma la sceneggiatura, solitamente dinamica e suggestiva, non presenta quegli elementi che tanto mi avevano fatto apprezzare l'autore spagnolo. Oserei dire che gli avvenimenti de Il Prigioniero del Cielo non necessitavano di un intero romanzo, ma potevano benissimo far parte di un libro più corposo. In fondo Zafon ci dice tutto e niente, cosa che non era mai successa, perché per quanto i suoi epiloghi si aprissero a nuove possibilità lasciavano comunque un forte senso di completezza e appagamento. In questo caso invece sembra che tutto sia pilotato per arrivare al colpo di scena finale che purtroppo non stupisce più di tanto dal momento che la vita di Isabella (la madre di Daniel) è sempre stata un misto di luci e tenebre.
Poi è inutile dirlo, il romanzo si legge bene, la traduzione rende assolutamente giustizia all'autore, e va benissimo spalancare nuove finestre verso orizzonti ancora sconosciuti, ma questa volta ci sono troppi spifferi e poca soddisfazione.
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I primi tre libri della tetralogiaIl Cimitero dei Libri Dimenticati
2002, L'Ombra del Vento » recensione2008, Il Gioco dell'Angelo » recensione2011, Il Prigioniero del Cielo » recensione
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