Recensione: Il seggio vacante, di J.K Rowling
Creato il 29 dicembre 2012 da Mik_94
Ciao a tutti, e bentrovati! Come avete passato il Natale? Io, in questi ultimi giorni, sono stato alle prese con uno romanzo che mi ha letteralmente prosciugato. Uno dei titoli, forse, più attesi di quest'anno. Abbracciandovi, vi lascio con la mia recensione e vi auguro buona lettura. Perdonate la lunghezza, ma con un'autrice di questo calibro non poteva non essere così. Per farmi meno odiare da voi, in grassetto, sono evidenziati i punti chiave. Come sempre, fatemi sapere la vostra. A prestissimo! ;)
Titolo: Il seggio vacanteAutrice: J.K RowlingEditore: Salani Numero di pagine: 553Prezzo: € 22,00Sinossi: A chi la visitasse per la prima volta, Pagford apparirebbe come un'idilliaca cittadina inglese. Un gioiello incastonato tra verdi colline, con un'antica abbazia, una piazza lastricata di ciottoli, case eleganti e prati ordinatamente falciati. Ma sotto lo smalto perfetto di questo villaggio di provincia si nascondono ipocrisia, rancori e tradimenti. Tutti a Pagford, dietro le tende ben tirate delle loro case, sembrano aver intrapreso una guerra personale e universale: figli contro genitori, mogli contro mariti, benestanti contro emarginati. La morte di Barry Fairbrother, il consigliere più amato e odiato della città, porta alla luce il vero cuore di Pagford e dei suoi abitanti: la lotta per il suo posto all'interno dell'amministrazione locale è un terremoto che sbriciola le fondamenta, che rimescola divisioni e alleanze. Eppure, dalla crisi totale, dalla distruzione di certezze e valori, ecco emergere una verità spiazzante, ironica, purificatrice: che la vita è imprevedibile e spietata, e affrontarla con coraggio è l'unico modo per non farsi travolgere, oltre che dalle sue tragedie, anche dal ridicolo. J.K. Rowling firma un romanzo sulla società contemporanea, una commedia sulla nozione di impegno e responsabilità. In questo libro di conflitti generazionali e riscatti le trame si intrecciano e i personaggi rimangono impressi come un marchio a fuoco. Pagford, con tutte le sue contraddizioni e le sue bassezze, è una realtà così vicina da non lasciare indifferenti. La recensione J.K Rowling mi ha cresciuto come fosse una seconda mamma. Mi ha preso per mano quando, con il grembiulino blu e il colletto bianco delle scuole elementari, leggevo ancora sillabando e, quasi dieci anni dopo, con un affetto e una complicità accresciuta ad ogni avventura vissuta inconsapevolmente assieme, mi ha lasciato percorrere per l'ultima, indimenticabile volta il binario 9 e ¾ . Direzione: Hogwarts. La sola e unica. Per sempre.Ma quando, insieme a mezzo mondo, ho saputo che in autunno sarebbe ritornata nelle librerie con un nuovo romanzo, ho provato un istintivo moto di rigetto. La stessa amara indifferenza provata sedici anni prima, quando, un giorno come un altro, avevo realizzato che mia madre - sempre più felice, affaticata e pesante - stava foderando la stanza per i giochi con una carta da parati comprata per un bambino che non ero io. La stessa incredulità apparsa negli occhi di una bambina che, la notte di Natale, vede la mamma scambiarsi un bacio sotto il vischio con un uomo che non è il suo papà, né certamente un Santa Claus dalle mani troppo lunghe. La cara zia J. aveva dato vita, alla fine, a una nuova creatura.Come una moderna mamma single, rimasta sola alla partenza dei figli ormai adulti, aveva riarredato l'appartamento, subaffittato la vecchia cameretta del primogenito, riallineato le foto di anni lontani sul caminetto e finto, suo malgrado, di vivere una nuova vita. Non mi conosceva nemmeno, ma, ripeto, mi aveva cresciuto.Non mi aveva pagato gli alimenti, non era a conoscenza delle mie allergie e dei miei progressi a scuola, non aveva mai svuotato spazientita il carrello che, a sua insaputa, avevo riempito dei dolcissimi alleati del Mostro della Carie, ma, finché aveva avuto la magia per farlo, era stata l'ultima voce sentita prima di addormentarmi; il primo e ultimo angelo custode venuto ai piedi del mio lettino a darmi la buonanotte. Su quel caminetto, adesso, vedevo incorniciate le foto dei miei inseparabili fratelli d'inchiostro: le foto - di Harry alla prima partita di Quidditch, di Hermione meravigliosa come non mai nel suo abito da ballo, di Ron con la bacchetta fatta a pezzi dal famelico Platano Picchiatore e dei tre amici, finalmente genitori - chiuse, senza nemmeno avvertire, in uno scatolone da imballaggio. Le cornici che si urtavano tra loro; i vetri che cozzavano forte; l'asfalto che trema sotto di loro, divorato dalle gomme di un traballante camion dei traslochi. Una nuova città, una nuova casa, una nuova storia. La Rowling mi aveva... tradito, voltato le spalle. E io ero fermamente intenzionato a non seguirla. Poi, proprio alla soglia delle feste, Il seggio Vacante arrivò tra le mie mani sotto forma di un inaspettato regalo da parte di mio fratello Diego. Dopo quel gesto di inaudita generosità fraterna il mondo poteva anche finire: guardate, avevo visto proprio tutto! Ma no, il mondo quella volta non finì, e il libro rimase. Sopravvissuto all'apocalisse sbandierata da Mistero e da una lunga schiera di ciarlatani invasati, al trattamento della commessa che l'aveva incartato con la stessa delicatezza di Psycho quando aveva un coltellaccio fra le mani e ad un viaggio che aveva portato l'autrice alle porte dell'Inghilterra più malfamata, poteva non sopravvivere al mio muto rancore? Mai.Perché cambiano il genere, il tono, i protagonisti, le ambientazioni, i temi, ma sulla sua immensità non si discute. Rimane, si consolida, si espande oltre l'infinito dei suoi limiti. Se mai qualcuno ne avesse messo in discussione la bravura, infatti, anche solo qualche capitolo di questo suo nuovo capolavoro - perché sì, amici: di capolavoro si tratta – basterebbe a fare annegare quell'eventuale sprovveduto nel brodo dei suoi infondati pregiudizi.C'è chi scrive per denaro; chi lo fa per avere successo facile; chi, invece, perché non potrebbe fare altro. La Rowling è la Rowling. Il suo nome, acclamato perfino nelle lingue più sconosciute del mappamondo, diventa status. Brava lo è sempre stata, ma nemmeno io, che l'ho seguita dagli albori della sua pubblicazione, mi sono accorto, fino a questo momento, di quanto lo sia davvero. Un viaggio in treno le ha ispirato mondi fantastici e avventure sul filo del soprannaturale, ma da quei finestrini appannati dalla brina londinese ha visto - tra graffiti colorati e scritte oscene, villette a schiera e bottiglie di birra - cose non destinate ai sognatori. Perdere la strada della (sporca, violenta, vorace) realtà non è mai stato per nessuno benedizione più grande; ma il genio dell'autrice non ha mai chiuso gli occhi davanti ad essa. La narrativa per ragazzi le ha fatto le ossa, destreggiarsi tra Avada Kedavra e nemici a cavallo di scope volanti l'ha portata a questo: la saga di Harry Potter è stata la sua spietata e maniacale palestra mentale.Non sorgono paragoni e non ci sono indizi evidenti che conducano ad essa, ma è da nessuna parte e ovunque al tempo stesso.A quasi cinque anni dai commoventi adii dei Doni della morte, una nuova tappa: Pagford. La vita. Lo scenario del suo nuovo romanzo, con le antiche abbazie, le strade lastricate e le piazze in fiore, potrebbe sembrare la mancata ambientazione dell'ultimo successo di Joanne Harris, passata momentaneamente dalla Francia di Chocolat a un timido e radioso sorriso di Dio perso nel cuore della moderna Inghilterra; tuttavia Pagford non è parte di una suggestiva fiaba, ma di una commedia più nera e pericolosa della notte. Non è un sorriso sul volto di Dio, ma un ghigno. A partire dall'ultimo giorno di vita del compianto Barry Fairbrother, la Rowling intesse un'intricata tela di alleanze e dissapori che vanno, tutte insieme, a creare il manifesto elettorale per occupare a colpi di scandali e vittime il seggio vacante del titolo. E in politica, come in guerra e in amore, ogni trucco è valido. Il seggio vacante è il mondo a portata di mano.E' una guerra combattuta a colpi di gelidi sorrisi; di pettegolezzi più fragorosi e distruttivi di colpi di cannone; di frecciatine impregnate di veleno che, assetate di caos e distruzione, mettono a soqquadro cucine e camere da letto, relazioni e amori, rapporti interpersonali e famiglie in cui i parenti e serpenti fanno certamente rima. Per capire, immaginate l'intera comunità di Pagford riunita al capezzale di Barry. Attorno all'umile bara di vimini, persone che si spintonano come per conquistarsi il primo piano in una foto di gruppo. Sono strette in un abbraccio collettivo, gli uomini in un elegante completo nero e le donne con cappelli a tesa larga all'ultima moda. Ma, nella calca, si fanno sgambetti e dispetti, fanno linguacce per beffarsi dell'autorità paterna, allungano le mani lascive sul sedere di Gaia (l'avvenente ultima arrivata) e, ridendo sotto i baffi, fanno il gesto delle corna a Miles, la cui moglie (la simpaticissima e tristissima Samantha) è una “Desperate Housewife” in incognito. Hanno gli occhi lucidi, ma non in tutti i casi si tratto di pianto. C'è chi ha già fumato la prima canna di quella mattina, chi ha passato la notte insonne per paura dei suoi peccati o degli scatti di violenza di suo padre, chi ha passato la sua giornata nel tentativo di ingraziarsi l'inconsolabile vedova.Krystal, con il fratellino Robbie aggrappato alla gamba, e la timida Sukhvinder non spiccano nella massa. La prima, proveniente dalle brutture dei Fields, è appariscente, ma tiene gli occhi bassi sentendosi fuori luogo; la seconda, membro di una delle famiglie più prestigiose, nasconde i segni della sua infelicità sotto le maniche lunghe del suo maglione.Sono le rappresentanti di due mondi diversi, ma si riconoscono come simili sullo sfondo di una società alienante ed alienata. Una ci prende a parolacce, l'altra non ci rivolgerebbe, per pudicizia, nemmeno la parola. Entrambe sono alla ricerca di un rifugio incontaminato e il nostro grande cuore è pronto ad accoglierle e a tenerle lontano dai vizi dell'una, dalle fragilità dell'altra.Noi siamo dietro quella Reflex che sta per immortalare il tutto per i giornali locali. Osserviamo la vita da un obiettivo che ha la forma perfetta di un microcosmo e, al posto delle inutili coordinate celesti, abbiamo solo un prezioso rullino che racchiude gli scatti rubati a questa lunga fiera della vanità. I retroscena più curiosi, il backstage di un'inevitabile catastrofe, le foto segnaletiche dei colpevoli e i referti medici delle povere vittime intossicate dal velenoso British humour. Lo straordinario realismo di questo romanzo è dato dal perfetto plurilinguismo di cui fa sfoggio l'autrice. Lei, infatti, non è la signora capricciosa che fa una gita di piacere nei bassifondi; non usa il gergo per sentirsi più moderna o termini assai crudi per scioccare chi la crede l'eterna mamma di Harry Potter. Lo fa per onestà intellettuale, per raggiungere tutti (dal ragazzino più svogliato al conservatore più rigido), per dare voce – sulla base del dantesco sinolo di contenuto e forma - a un'adolescenza interrotta che non potrebbe mai passare dallo stato brado dei Ragazzi dello zoo di Berlino al più edulcorato e piccolo degli young adult. Magnificamente scritto e costruito con maniacalità e genio esemplari, il ritorno dell'autrice più amata è una feroce, brillante e spregiudicata commedia umana. Una splendida martellata sui denti che, inaspettata come la bellezza impensabile di questo romanzo, sconvolge fino alla commozione.La scrittrice inglese avrà anche rimandato al mittente il richiamo ad Hogwarts, ma non ha perso di certo il suo magico tocco da re Mida. Tutto quello che la sua penna tocca diventa oro inestimabile e Il seggio vacante sembra ritornare a quell'epoca lontanissima in cui, secondo la definizione di Hegel, compito di ogni autore era quello di dar vita a una “moderna epopea borghese”. A quell'epoca in cui i veriromanzi erano così. Il mio voto: ★★★★★Il mio consiglio musicale: P!nk - Try
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