Lo so, lo so, siamo tutti un po’ orfani di Guido Guerrieri. Sembra passato un secolo – costellato da immancabili riletture – ma in realtà l’ultima avventura dell’avvocato per antonomasia del giallo italiano contemporaneo è datata gennaio 2010. E io sento il dovere di confortarvi: i protagonisti di “Il silenzio dell’onda”, ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio, non vi faranno rimpiangere questa prestigiosa assenza.
La trama, intrigante ed assolutamente voltapagina come è consueto nelle narrazioni di Carofiglio, ruota infatti intorno alle vicende di Roberto (carabinieri in congedo temporaneo), Emma (ex attrice) e Giacomo (un bambino su cui non voglio svelare niente per non cadere nella trappola dello spoiler). Ammetto di essere rimasto conquistato, in primissima battuta, dallo svolgimento narrativo adottato dall’autore: una curiosa alternanza fra i racconti di (e su) Roberto, protagonista ottimamente raccontato in terza persona e contemporaneamente narratore della sua storia, e quelli espressi direttamente dalla viva voce di Giacomo. Da appassionato e da (infelice) burattinaio di parole provo ammirazione ed invidia: si percepisce una ricercatezza ed una attenzione sovraumana nel passaggio fra due cifre stilistiche così differenti, senza che questo influisca minimamente sul ritmo del romanzo, che rimane calibrato ed è controllato dalla prima all’ultima pagina.
Una nota a parte la merita anche l’ambientazione: Carofiglio abbandona le strade a lui così note di Bari (correte a comprare “nè qui nè altrove” dello stesso autore, se non avete avuto occasione di metterlo sotto il naso) per tratteggiare una Roma ora accogliente ed ora livida, sfondo sfuocato ma che colora con proprietà le storie che accompagna.
Attenzione agli aspetti più psicologici dei personaggi, musicalità concepita fra sofferti racconti orali e significativi momenti di silenzio, sentimenti complessi svelati in momenti semplici che riportano alla mente attimi vissuti da ogni lettore. Aspetti che abbiamo imparato ad amare nei libri della serie Guerrieri e da cui l’autore non si distacca – e meno male! – in questa sua nuova prova.
Insomma, lasciatemelo dire: a me l’ultimo Carofiglio è piaciuto, e non poco. Ho la certezza che vi sentirete un po’ meno orfani dell’amatissimo avvocato barese, durante la lettura ed al termine di queste intensissime 300 pagine.