Buona domenica e buona lettura!
Il libro racconta la storia di una Berlino della fine degli anni ’70 distrutta da un virus che ha ucciso tutti gli adulti e continua a fare vittime tra i ragazzi sopravvissuti che raggiungono i 18 anni. Senza adulti e senza regole prestabilite, i ragazzi si sono radunati in alcuni gruppetti e hanno preso possesso di edifici storici della città imparando a sopravvivere. In questa città senza leggi, si muove un gruppo di ragazzi che ha come obiettivo quello di riportare a casa Theo, un bambino di due anni rapito dal gruppo più violento e radicale che risiede nell’aeroporto di Tegel.
Dopo aver concluso la lettura del libro, la parola che mi è venuta in mente è: incompletezza. Dal mio punto di vista di lettrice “esperta” del genere distopico/fantastico young adult, “Berlin” è un romanzo che presenta delle pecche a livello di contenuti e caratterizzazione dei personaggi, pur avendo delle buone premesse iniziali. Ma andiamo con ordine. Per me, la storia non è ben contestualizzata perché manca quasi del tutto una descrizione degli avvenimenti precedenti alla situazione di partenza, spiegazione che non arriva neanche nel corso del libro. Da lettrice sono riuscita a capire che c’è un virus che ha ucciso gli adulti due anni prima e che stermina i ragazzi che arrivano a una certa età, stop. Non c’è un racconto del prima, tranne qualche flashback dei protagonisti, non c’è un resoconto della diffusione della malattia, delle possibili cause, dei sintomi e delle conseguenze, delle ricerche effettuate per cercare di contrastarlo (anche solo info date da televisione, radio ecc. e non completamente comprese dai ragazzi): insomma non c’è tutta la premessa necessaria che poi andrebbe a dare maggiore “realismo” alla storia narrata. I ragazzi non raccontano i loro sforzi per sopravvivere, non pensano neanche lontanamente a come poter contrastare la malattia, non si chiedono se il virus abbia colpito anche al di fuori di Berlino, non si domandano se ci può essere salvezza per loro visto che sanno che potranno vivere solo pochi anni. C’è solo un gruppo di ragazze a cui hanno rapito un loro bambino che chiedono aiuto, per poterlo trarre in salvo, a un altro gruppo di adolescenti, c’è il percorso per arrivare a Tegel, le prove a cui sono sottoposti e la fine. Mi è sembrato come se il romanzo fosse lo scheletro incompleto, la bozza iniziale ancora da arricchire e completare. Insieme a questo ho notato che i protagonisti, sei in totale più i “cattivi”, non hanno una vera e propria caratterizzazione o spessore: sembrano dei burattini che si muovono in questa Berlino desolata e distrutta per arrivare al loro obiettivo. Questa sensazione è resa più forte dal fatto che questi personaggi, che sono degli adolescenti e bambini che hanno perso ogni affetto e punto di riferimento stabile e sanno che molto presto toccherà a loro morire, vivono “normalmente”, non raccontano in modo efficace ciò che hanno provato e ciò che provano e si distinguono l’uno dall’altro solo grazie ai nomi, al sesso e alle diverse età. Per questo sembrano non amalgamati con l’ambientazione distopica fatta di insicurezza e distruzione. I sei protagonisti, che sono descritti fisicamente in modo piuttosto sommario, vanno in missione ma non trasmettono le sensazioni di tensione, paura, speranza e quant’altro sia normale provare: camminano, combattono, parlano tra di loro. Anche in questo caso, credo che siano dei personaggi abbozzati ma non conclusi che andrebbero arricchiti di emozioni e sfumature per creare empatia con lettore e aiutarlo a distinguerli. Oltre a questo ho notato che il rapporto ragazze/ragazzi è piuttosto idilliaco e voglio ricordare che qui si parla di adolescenti senza regole: non c’è una componente sensuale anche di base, ma questo fattore potrebbe essere legato alla mancata caratterizzazione dei personaggi che non si esprimono. Tenendo buona la premessa iniziale del rapimento del bambino (che in realtà non è chiarissima perché i rapitori non hanno un vero e proprio scopo ma sono mossi da un capriccio), il libro mi è sembrato davvero incompleto e credo sia un peccato perché l’ambientazione berlinese (con il muro ancora in piedi) della fine degli anni settanta non mi sembra male, così come il virus che uccide solo gli adulti e la divisione in tribù dei ragazzi sopravvissuti. Ci sono alcuni buchi nella storia e argomenti, descrizioni non complete; capisco che questo è il primo libro di una serie, ma ci sono troppe poche informazioni per poter coinvolgere il lettore, creare il “film” mentale e risucchiarlo in ciò che accade. Per questi motivi ho deciso di assegnare al romanzo due stelline, non meno, perché potrebbe essere una lettura piacevole per ragazzi molto giovani che si approcciano a questa tipologia di romanzo per la prima volta.