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Recensione in anteprima: Il mare nasconde le stelle di Francesca Barra

Creato il 28 gennaio 2016 da Coilibriinparadiso @daliciampa

Ho ricevuto questo libro dalla Garzanti (ringrazio Martina per la disponibilità). Uscirà oggi e ho pensato di lasciarvi in anteprima questa recensione (che comunque non è abbastanza).

Il mare nasconde le stelle

  • Titolo: Il mare nasconde le stelle

  • Autore: Francesca Barra

  • Casa Editrice: Garzanti
  • Data pubblicazione: 28 Gennaio 2016
  • Pagine: 154
  • Genere: Biografico
  • Trama: Il sogno di Remon è cercare la libertà. Ma il mare sembra una distesa infinita davanti a lui. È solo un ragazzo di quattordici anni e da giorni è su una barca, infreddolito e affamato. Il rumore della paura è assordante in quel silenzio.
    Ma Remon non si sente solo. Guarda il cielo e affida i suoi sogni alle stelle. Non sa dove è diretto. Sa bene da cosa sta fuggendo. Dal suo paese, l’Egitto. Dall’odio e dalla intolleranza che hanno cambiato la sua vita all’improvviso. Perché Remon è cristiano e non è più libero di giocare per le strade, di andare a scuola, di pregare Dio. È stato costretto a scappare senza dire addio alla sua famiglia. Nei suoi occhi, troppo giovani per aver visto già tanto dolore, rivede i momenti felici con loro: gli abbracci di sua madre, le chiacchiere con suo padre, le risate con suo fratello. Tutto ora appare così lontano. Ora che il suo viaggio è finito e una terra sconosciuta lo accoglie: l’Italia. Remon non si aspetta più nulla dal futuro. Eppure i miracoli possono accadere. Perché basta poco per sentirsi di nuovo a casa. Basta l’affetto di amici inaspettati. Basta l’appoggio di insegnanti che credono in te. Basta l’impegno e la passione per lo studio. Remon giorno dopo giorno ritrova la speranza e il coraggio di sorridere ancora. Senza dimenticare il passato. Senza dimenticare da dove viene. Ma forte di una nuova scoperta: a volte anche dal mare si può volare.

Opinione personale:

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Parto col dire la prima cosa che ho pensato vedendo il libro, prima in foto e poi dal vivo: la copertina è una cosa assurdamente bella! La seconda cosa, che poi mi ha fatto iniziare bene la lettura, è stato sapere che fosse una storia vera. All’inizio non lo avevo capito, e lo avevo scelto perché mi sembrava un bel tema, difficile da trattare, ma molto attuale, quello dell’immigrazione in Italia, con i mezzi di cui tutti siamo a conoscenza, troppo spesso di bambini, a prescindere dalla religione. Poi ho capito che fosse una storia vera, guardando gli occhi e il viso di Remon, proprio lì sul retro della copertina, e la mia curiosità è triplicata.
Remon viveva in Egitto, prima di imbarcarsi per l’Italia, nel 2013, quando aveva solo quattordici anni. È partito da solo, con poche cose andate perse, solo tra altre persone sconosciute ma sole a loro volta, in mezzo a quelle onde, così spaventose da nascondere anche le stelle.

…a volte la speranza non ha bisogno di troppi dettagli. È una sensazione, una cosa di istinto.

Mi sembra un peccato concentrarmi troppo sulla trama, perché è bello leggere la storia di Remon, dalle sue parole, in un modo che per me è stato come sentirlo parlare e raccontare di fronte a me: prima l’ho conosciuto, poi mi l’ho seguito passo passo, onda dopo onda nel suo viaggio, fino alle coste Siciliane. Grazie a lui si è concretizzata in me quella che era solo un’idea lontana, qualche immagine cruda, notizia al telegiornale, dimenticandoci, troppo spesso che dietro ogni barca che arriva ci sono centinaia di individui, di persone, con le loro storie e sofferenze.
Lo stile che l’autrice ha usato, è perfetto: frasi semplici, brevi, chiare. C’è la voce di un

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ragazzo, e c’è la sua, sovrapposte, per raccontare ed evocare allo stesso tempo. Non avendo mai letto nulla di Francesca Barra (sto rimediando in questo momento con il suo romanzo precedente, Verrà il vento e ti parlerà di me), non ero sicura se fosse un caso che il suo modo di scrivere si adattasse così bene al contesto, o se fosse un immedesimarsi voluto. Poi però ho letto le ultime pagine, scritte da lei in prima persona, e ho capito che per tutto il libro c’è un gioco difficile e allo stesso tempo così naturale di voci sovrapposte. 
Remon parla dei suoi genitori, di suo fratello, della scuola, dell’Egitto… ma più di tutto parla di sogni. Perché sono i sogni ciò che lo hanno spinto fino ad oggi, fino a qui, ciò che ha vinto sulle assenze e sulla nostalgia: ed è stato così che in poche pagine, ho conosciuto anche il sogno di Remon, estremamente semplice eppure maturo, così coraggioso, ma a tratti egoista, di un egoismo che non è però cattiveria, ma forte determinazione, ad essere disposti a tutto pur di non sacrificare la propria libertà. 

come possiamo cercare la gioia, mentre cerchiamo tra le ferite?

Io non ve lo riesco a dire tutto ciò che c’è dietro a questa bellissima immagine, che è speranza e solitudine insieme. Ci sono così tante cose da scoprire e imparare, dalle più

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semplici, come la cultura egiziana, alle più complesse, quelle che servirebbero a ricostruire ciò che l’odio sta logorando. C’è la paura e l’incubo di giorni vuoti, senza parlare con nessuno, senza sapere se si è vivi o morti e la forza della preghiera; c’è la bellezza di chi accoglie, e la forza di chi viene accolto e ricomincia da capo; c’è l’amore puro di un quattordicenne (oggi sedicenne), verso la sua famiglia e verso la sua ragazza, innocente e maturo; c’è l’ignoranza di milioni di persone, distrutta, con tutto il razzismo che si porta dietro. Ci sono state le mie lacrime, leggere, che quasi neanche me ne accorgevo, mentre Remon si guardava indietro, e il suo dolore non era più quello di una foto di cronaca lontana, ma quello lancinante di chi ha ricordi bellissimi ormai persi, e ancora tanta speranza e forza. E poi c’è stato il suo dolore concerto, mentre congelava e vomitava su una barca qualunque in mezzo al mare, e bambini appena nati muovevano i loro primi passi tra decine di corpi stretti in pochi metri.
Una storia disarmante nella sua semplicità, bellissima nella sua durezza, che, sono sicura, servirebbe a tutti.

Anche quando qualcuno ancora mi chiama “immigrato id merda” perché passeggio sul suo marciapiede o occupo il suo posto. E sono, secondo lui, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ho imparato a sorridere anche nei momenti brutti, fingendo che sto bene. E se qualcosa di brutto mi sfiora penso sempre a mio fratello, alle risate con lui. E quell’immagine è il filtro davanti agli occhi e al cuore per non lasciarmi schiacciare dal dolore.

Il mio voto:

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L’autrice: 
Francesca Barra: è una giornalista professionista. Lavora in televisione per La7, Sky, Rai e Mediaset. Ha condotto su Radio1 Rai La bellezza contro le mafie, ha collaborato con “Sette” e “l’Unità”. È autrice dei libri Il quarto comandamento, Giovanni Falcone un eroe solo, Tutta la vita in un giorno. Per Garzanti ha pubblicato il romanzo Verrà il vento e ti parlerà di me.


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