Recensione in anteprima: Le affinità alchemiche, di Gaia Coltorti

Creato il 06 gennaio 2013 da Mik_94
Il tuo stesso nome – Giovanni – per te non avrebbe significato più nulla, adesso, senza il suo accanto, un nome che a solo sentirlo ti riempiva il cuore di gioia: Selvaggia. Poiché, prima di lei, tu non eri niente.
Titolo: Le affinità alchemiche Autrice: Gaia Coltorti Editore: Mondadori Numero di pagine: 367 Editore: Mondadori Prezzo: € 15,00 Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2013 Sinossi: Le affinità alchemiche racconta l'amore più intenso e devastante che possa nascere tra un uomo e una donna: quello tra due fratelli. Figli gemelli di una coppia irrequieta, dopo la precoce separazione dei genitori Selvaggia e Giovanni vivono separati per lunghi anni, fino a che il ritorno a Verona della madre e della figlia non ricongiunge la famiglia, e i due fratelli ormai nella piena adolescenza. Quando rincontra la sorella, Giovanni ha un tuffo al cuore: Selvaggia è bellissima, è piena di fascino, è capricciosa e provocante fino allo sfinimento. L'estate è appena cominciata, prima della ripresa scolastica Selvaggia sarà sola, in città non conosce nessuno: solo il fratello, che lei ribattezza subito Johnny, può farle conoscere la città e tenerle compagnia. Prestissimo tra i due ragazzi si sprigionano un'elettricità, una tensione, un calore che hanno un solo nome, sconvolgente: desiderio. Una relazione impossibile e struggente, un magnetismo ineluttabile come l'avvicendarsi della notte con il giorno.                        La recensione 

Laurita Mazapàn's picture

L'amore, checché ne pensi Tiziano Ferro, non è mai una cosa semplice.E amare tua sorella - carne della tua carne, sangue del tuo sangue, figlia dello stesso seme che ti ha generato – è sbagliato, folle, contro natura. Tutto, ma non semplice. Eppure, anni fa, Tabitha Suzuma ci aveva dimostrato, con il suo indimenticabile Proibito, esattamente il contrario. Il rapporto tra Maya e Lochan – fratelli, amici, anime affini – non era più complesso o sbagliato di quello che lega insieme i nostri genitori, dopo vent'anni di matrimonio, o le affiatate coppie di nostri coetanei. Come l'essere per Parmenide, semplicemente era Il tema, delicato e distruttivo quanto una bomba ad orologeria, diviene materiale per il romanzo d'esordio della talentuosa Gaia Coltorti, che, a soli vent'anni, giunge in libreria con una storia suggeritale da un matura forma di romanticismo che, sorprendentemente, possedeva già a diciassette anni, quando inviò il suo manoscritto ancora acerbo alla Mondadori. Leggendo la trama e soffermandomi sull'asettica copertina, però, avevo perfettamente compreso di non trovarmi difronte a uno young adult come gli altri.Le affinità alchemiche, i cui diritti sono stati già venduti in 8 paesi, era figlio di un gusto letterario e di un oscuro livello di auscultazione, che era proprio di bestseller come Acciaio eLa solitudine dei numeri primi. Nonostante la freddezza superficiale, con una trama capace di fare innamorare e discutere, era destinato allo stesso successo, ma altresì alle stesse diatribe che hanno reso, e tuttora rendono, i romanzi di Paolo Giordano e Silvia Avallone oggetto delle critiche più feroci e degli elogi più commossi. Ricordate cosa diceva Shakespeare, preannunciando il triste fato dei suoi Romeo e Giulietta? “Queste gioie violente hanno fini violente. Muoiono nel loro trionfo come la polvere da sparo e il fuoco, che si consumano al primo bacio.” I due giovani protagonisti sono lingue di fuoco in una polveriera. Uniti in un'unica fiamma come Ulisse e Diomede all'Inferno, tuttavia destinati a far crollare una famiglia intera, le forme più radicate di pensiero, la loro società. Non hanno i nomi delle casate opposte di Montecchi e Capuleti, ma, per loro sfortuna, all'anagrafe sono segnati come Giovanni e Selvaggia Mantegna. Un cognome che li vincola eternamente, classificandoli per quello che, in diciott'anni di vita lontani, non si sono mai sentiti davvero: fratelli. 
Figli di genitori che, quando erano ancora in fasce, si sono separati, separandoli, per poi portarli, una vita dopo, a vivere sotto lo stesso tetto, nella città dell'amore – Verona – e nel “tempo delle mele” e dei bombardamenti ormonali – l'adolescenza.Con l'estate che impazza fuori, le gonne che si accorciano vertiginosamente e le notti alcoliche che non finiscono più, il loro primo incontro è un seducente risveglio di sensi. Sono cotti l'uno dell'altra, ubriachi di desiderio al primo “ciao”.La prima impressione è quella di trovarsi dinanzi a una sfiziosa farsa in jeans e T-Shirt. Lontano dai lividi ancora sanguinanti di Proibito e dai canoni, mi ha colpito e sorpreso per l'approccio giocoso, erotico, irresponsabile, seducente. Inoltre, come una piacevole commedia in costume, non ha come narratore uno dei protagonisti, ma una sorta di giullare onnisciente ed estraneo alla storia, che, con strafalcioni ed espressioni da fumetto, risulta, a volte, sgraziato e burlone; altre, con esclamazione enfatiche, vocativi d'altri tempi, frasi in assonanza e toni inusualmente lirici, poetico, giovanile, intimista. L'utilizzo del tutto particolare di aggettivi inusitati e avverbi accademici fa meravigliare dell'audacia delle scelte linguistiche e, a tratti, fa sorridere, contrapposto ai “moccieschi” nomignoli dei compagni di Johnny e all'austera semplicità dei coniugi Mantegna, che, come nel gergo dell'Italia settentrionale dabbene, non sono per Selvaggia e Giovanni genitori, bensì parents.Questo entusiasmo iniziale, purtroppo, non ha voluto (e potuto) accompagnarmi oltre la prima metà del romanzo e, scoperta ad ogni nuovo passo la reale indole dei protagonisti,la fresca originalità dell'inizio è degenerata in un'antipatica leziosità di fondo. Da annunciati epigoni di Romeo e Giulietta, i due sono diventati spaventosi mostri di egoismo e il loro continuo cercarsi è diventato quasi inquietante: l'Alcatraz dell'amore.E' un'insana ossessione quella che comincia a legarli visceralmente; un sentimento sensuale e sbagliato che li cambia nel fisico e nella psiche, fino a isolarli in un lussuoso fortino fatto di lenzuola ancora calde di amplessi, gite fuori rotta e collane costose.Giovanni è, come lo chiama spesso il beffardo narratore, un ingenuo “sardone” sottolio: un ragazzo troppo buono, che non sa dire mai di no agli occhi di smeraldo e alle mani calde della sua sorella/amante. Selvaggia, invece, ha il fascino e la sottile cattiveria di una comune teenager, ma elevati all'ennesima potenza, in un corpo statuario e sexy – tentatore come la più succosa delle mele per Adamo - che la rende una nuova, ammiccante Lolita.Parlando schiettamente, l'ho trovata semplicemente odiosa! Come ho trovato odioso il suo gemello che, perdutamente irretito dal fascino di quella maga portatrice di un doppio cromosoma X, è legato per sempre al suo capriccioso amore, che da morbido nodo potrebbe diventare un ruvido cappio.Quando ho letto del suo lui che, con mani tremanti, spiava il profilo del suo seno nudo dalla fessura della porta, ho capito di aver sbagliato, forse, tragedia. Lei, maliziosa e corrotta, non era la dolce Giulietta. Ma Lady Macbeth. La fata Morgana. Lei che era la tua Psiche dalla leggiadria infinita, e la tua Lesbia più sensuale; la tua Circe soggiogatrice, e la Marzia più empatica; la tua Calliope – la poesia più pura – e la ritrosa Dafne che profuma di rosa.” In Proibito era forse il degrado che faceva da cornice ad avermi profondamente commosso. La povertà che regnava all'esterno, ma non nei loro cuori graffiati. Qui, l'ostentazione di tanto benessere mi ha, al contrario, infastidito. Settimana bianca per la vacanze, Mito fiammante a Natale, gioielli e mazzi di rose per riparare a un torto amoroso: l'amore tra questi due fratelli ritrovati è spoglio di qualsiasi sognante idillio. Nonostante la forma armoniosa in cui è narrato, è concreto nel senso più brutale del termine. Ha un prezzo.Si arriva, in questo modo, al finale già stremati. Ci facciamo scorrere addosso il bellissimo ed emozionante epilogo che i nostri cuori, purtroppo, hanno già spento l'interruttore dinanzi all'ennesima ostentazione o bugia. Qualche pagina, e qualche vagheggiamento in meno, avrebbero potuto fare una sostanziale differenza.I lunghi pianti, i “m'ama non m'ama” ripetuti allo sfinimento e i tira e molla trascinati fino agli ultimi capitoli non fanno di certo dimenticare la straordinaria maestria con cui è scritto, ma lo rendono lento, non provocatorio. Avvalendosi di una scrittura raffinata e ispirata, Le affinità alchemiche è logorroico, eccessivo, ribelle e sprezzante, quasi come fosse stato scritto dagli spiriti stessi che fanno dell'adolescenza un inferno e un paradiso insieme. Se, accanto alla maturità della giovane autrice, c'è un'altra cosa che ho apprezzato è l'immensa, straordinaria strafottenza che lo pervade. Un invito fisico ad amare chi ha la pelle diversa dalla tua o il tuo stesso sesso senza il bisogno che il mondo, fuori, comprenda. Io, personalmente, penso di non aver compreso.Selvaggia e Johnny, rintanati in un nuovo utero, legati per sempre da un nuovo cordone ombelicale, hanno fuggito i miei sguardi. Il loro mondo, in parte, è rimasto una zona con “Vietato l'accesso” e io, per poco, mi sono accontentato di studiarne i gesti e le storie dallo spioncino. Il mio voto: ★★★ Il mio consiglio musicale: Gotye – Somebody that I used to know 

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