Il
tuo stesso nome – Giovanni – per te non avrebbe significato più
nulla, adesso, senza il suo accanto, un nome che a solo sentirlo ti
riempiva il cuore di gioia: Selvaggia. Poiché, prima di lei, tu non
eri niente.
Titolo:
Le affinità alchemiche
Autrice:
Gaia Coltorti
Editore:
Mondadori
Numero
di pagine: 367
Editore:
Mondadori
Prezzo:
€ 15,00
Data
di pubblicazione: 15 Gennaio 2013
Sinossi:
Le affinità alchemiche racconta l'amore più intenso e devastante
che possa nascere tra un uomo e una donna: quello tra due fratelli.
Figli gemelli di una coppia irrequieta, dopo la precoce separazione
dei genitori Selvaggia e Giovanni vivono separati per lunghi anni,
fino a che il ritorno a Verona della madre e della figlia non
ricongiunge la famiglia, e i due fratelli ormai nella piena
adolescenza. Quando rincontra la sorella, Giovanni ha un tuffo al
cuore: Selvaggia è bellissima, è piena di fascino, è capricciosa e
provocante fino allo sfinimento. L'estate è appena cominciata, prima
della ripresa scolastica Selvaggia sarà sola, in città non conosce
nessuno: solo il fratello, che lei ribattezza subito Johnny, può
farle conoscere la città e tenerle compagnia. Prestissimo tra i due
ragazzi si sprigionano un'elettricità, una tensione, un calore che
hanno un solo nome, sconvolgente: desiderio. Una relazione
impossibile e struggente, un magnetismo ineluttabile come
l'avvicendarsi della notte con il giorno.
La recensione
Laurita Mazapàn's picture
L'amore,
checché ne pensi Tiziano Ferro, non è mai una cosa semplice.E
amare tua sorella - carne della tua carne, sangue del tuo sangue,
figlia dello stesso seme che ti ha generato – è sbagliato, folle,
contro natura. Tutto, ma non semplice.
Eppure,
anni fa, Tabitha Suzuma ci aveva dimostrato, con il suo
indimenticabile Proibito, esattamente il contrario. Il
rapporto tra Maya e Lochan – fratelli, amici, anime affini – non
era più complesso o sbagliato di quello che lega insieme i nostri
genitori, dopo vent'anni di matrimonio, o le affiatate coppie di
nostri coetanei. Come l'essere per Parmenide, semplicemente era.
Il
tema, delicato e distruttivo quanto una bomba ad orologeria, diviene
materiale per il romanzo d'esordio della talentuosa Gaia Coltorti,
che, a soli vent'anni, giunge in libreria con una storia suggeritale da un matura forma di romanticismo che,
sorprendentemente, possedeva già a diciassette anni, quando inviò
il suo manoscritto ancora acerbo alla Mondadori. Leggendo la trama e
soffermandomi sull'asettica copertina, però, avevo perfettamente
compreso di non trovarmi difronte a uno young adult come gli
altri.Le
affinità alchemiche, i cui
diritti sono stati già venduti in 8 paesi, era figlio di un gusto
letterario e di un oscuro livello di auscultazione, che
era proprio di bestseller come Acciaio eLa solitudine dei numeri primi. Nonostante
la freddezza superficiale, con una trama capace di fare innamorare e
discutere, era destinato allo stesso successo, ma altresì alle
stesse diatribe che hanno reso, e tuttora rendono, i romanzi di Paolo
Giordano e Silvia Avallone oggetto delle critiche più feroci e degli
elogi più commossi.
Ricordate
cosa diceva Shakespeare, preannunciando il triste fato dei suoi Romeo
e Giulietta? “Queste gioie violente hanno fini violente. Muoiono
nel loro trionfo come la polvere da sparo e il fuoco, che si
consumano al primo bacio.”
I
due giovani protagonisti sono lingue di fuoco in una polveriera.
Uniti in un'unica fiamma come Ulisse e Diomede all'Inferno, tuttavia
destinati a far crollare una famiglia intera, le forme più radicate
di pensiero, la loro società. Non hanno i nomi delle casate opposte
di Montecchi e Capuleti, ma, per loro sfortuna, all'anagrafe sono
segnati come Giovanni e Selvaggia Mantegna. Un cognome che li vincola
eternamente, classificandoli per quello che, in diciott'anni di vita
lontani, non si sono mai sentiti davvero: fratelli.
Figli di genitori
che, quando erano ancora in fasce, si sono separati, separandoli, per
poi portarli, una vita dopo, a vivere sotto lo stesso tetto, nella
città dell'amore – Verona – e nel “tempo delle mele” e dei
bombardamenti ormonali – l'adolescenza.Con
l'estate che impazza fuori, le gonne che si accorciano
vertiginosamente e le notti alcoliche che non finiscono più, il loro
primo incontro è un seducente risveglio di sensi. Sono cotti l'uno
dell'altra, ubriachi di desiderio al primo “ciao”.La
prima impressione è quella di trovarsi dinanzi a una sfiziosa farsa
in jeans e T-Shirt. Lontano dai lividi ancora sanguinanti di
Proibito e dai canoni, mi ha
colpito e sorpreso per l'approccio giocoso, erotico, irresponsabile,
seducente.
Inoltre,
come una piacevole commedia in costume, non ha come
narratore uno dei protagonisti, ma una sorta di giullare onnisciente
ed estraneo alla storia, che, con strafalcioni ed
espressioni da fumetto, risulta, a volte, sgraziato e burlone; altre,
con esclamazione enfatiche, vocativi d'altri tempi, frasi in
assonanza e toni inusualmente lirici, poetico, giovanile, intimista.
L'utilizzo del tutto particolare di aggettivi inusitati e avverbi
accademici fa meravigliare dell'audacia delle scelte linguistiche e,
a tratti, fa sorridere, contrapposto ai “moccieschi” nomignoli
dei compagni di Johnny e all'austera semplicità dei coniugi
Mantegna, che, come nel gergo dell'Italia settentrionale dabbene, non
sono per Selvaggia e Giovanni genitori,
bensì parents.Questo
entusiasmo iniziale, purtroppo, non ha voluto (e potuto) accompagnarmi
oltre la prima metà del romanzo e, scoperta ad ogni nuovo passo la
reale indole dei protagonisti,la fresca
originalità dell'inizio è degenerata in un'antipatica leziosità di fondo.
Da
annunciati epigoni di Romeo e Giulietta, i due sono diventati
spaventosi mostri di egoismo e il loro continuo cercarsi è diventato
quasi inquietante: l'Alcatraz dell'amore.E'
un'insana ossessione quella che comincia a legarli visceralmente; un
sentimento sensuale e sbagliato che li cambia nel fisico e nella
psiche, fino a isolarli in un lussuoso fortino fatto di lenzuola
ancora calde di amplessi, gite fuori rotta e collane costose.Giovanni
è, come lo chiama spesso il beffardo narratore, un ingenuo “sardone”
sottolio: un ragazzo troppo buono, che non sa dire mai di no agli
occhi di smeraldo e alle mani calde della sua sorella/amante.
Selvaggia, invece, ha il fascino e la sottile cattiveria di una
comune teenager, ma elevati all'ennesima potenza, in un corpo
statuario e sexy – tentatore come la più succosa delle mele per
Adamo - che la rende una nuova, ammiccante Lolita.Parlando
schiettamente, l'ho trovata semplicemente odiosa! Come ho trovato
odioso il suo gemello che, perdutamente irretito dal fascino di
quella maga portatrice di un doppio cromosoma X, è legato per sempre
al suo capriccioso amore, che da morbido nodo potrebbe diventare un
ruvido cappio.Quando
ho letto del suo lui che, con mani tremanti, spiava il profilo del
suo seno nudo dalla fessura della porta, ho capito di aver sbagliato,
forse, tragedia. Lei, maliziosa e corrotta, non era la dolce
Giulietta. Ma Lady Macbeth. La fata Morgana.
“Lei
che era la tua Psiche dalla leggiadria infinita, e la tua Lesbia più
sensuale; la tua Circe soggiogatrice, e la Marzia più empatica; la
tua Calliope – la poesia più pura – e la ritrosa Dafne che
profuma di rosa.”
In
Proibito era forse il degrado
che faceva da cornice ad avermi profondamente commosso. La povertà
che regnava all'esterno, ma non nei loro cuori graffiati. Qui,
l'ostentazione di tanto benessere mi ha, al contrario, infastidito.
Settimana bianca per la vacanze, Mito fiammante a Natale, gioielli e
mazzi di rose per riparare a un torto amoroso: l'amore tra questi due
fratelli ritrovati è spoglio di qualsiasi sognante idillio.
Nonostante la forma armoniosa in cui è narrato, è concreto nel
senso più brutale del termine. Ha un prezzo.Si
arriva, in questo modo, al finale già stremati. Ci facciamo scorrere
addosso il bellissimo ed emozionante epilogo che i nostri cuori,
purtroppo, hanno già spento l'interruttore dinanzi all'ennesima
ostentazione o bugia. Qualche pagina, e qualche vagheggiamento in
meno, avrebbero potuto fare una sostanziale differenza.I
lunghi pianti, i “m'ama non m'ama” ripetuti allo sfinimento e i
tira e molla trascinati fino agli ultimi capitoli non fanno di certo
dimenticare la straordinaria maestria con cui è scritto, ma lo
rendono lento, non provocatorio.
Avvalendosi
di una scrittura raffinata e ispirata, Le affinità
alchemiche è logorroico,
eccessivo, ribelle e sprezzante, quasi come fosse stato scritto dagli
spiriti stessi che fanno dell'adolescenza un inferno e un paradiso
insieme. Se, accanto alla maturità della giovane autrice, c'è
un'altra cosa che ho apprezzato è l'immensa, straordinaria
strafottenza che lo pervade. Un invito fisico ad amare chi ha la
pelle diversa dalla tua o il tuo stesso sesso senza il bisogno che il
mondo, fuori, comprenda. Io, personalmente, penso di non aver
compreso.Selvaggia
e Johnny, rintanati in un nuovo utero, legati per sempre da un nuovo
cordone ombelicale, hanno fuggito i miei sguardi. Il loro mondo, in
parte, è rimasto una zona con “Vietato l'accesso” e io, per
poco, mi sono accontentato di studiarne i gesti e le storie dallo
spioncino.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Gotye – Somebody that I used to know