Recensione: In piedi nella neve, di Nicoletta Bortolotti
Creato il 09 marzo 2015 da Mik_94
La
palla ne ha, di coraggio: lei sa che, certe volte, a ucciderti non è
quello che fanno i nemici, ma quello che non fanno gli amici. La
palla ha il coraggio che manca agli esseri umani di iniziare quel
viaggio lunghissimo tra fare una cosa giusta e non farla. Tra
guardare chi sale su un treno e non guardare.
Titolo:
In piedi nella neve
Autrice:
Nicoletta Bortolotti
Editore:
Einaudi Ragazzi
Numero
di pagine: 181
Prezzo:
€ 11,00
Sinossi:
Sasha
ha quasi tredici anni e una passione bruciante: il calcio. Come
potrebbe essere altrimenti? Suo padre è Nikolai Trusevyc, portiere
della squadra più forte del Paese: la Dynamo Kiev. Ma in Ucraina,
nel 1942, il pallone non è cosa per ragazze. E dopo l'invasione da
parte del Reich non è cosa nemmeno per i campioni della Dynamo:
accusati dai nazisti di collaborare con i sovietici e ridotti per
questo alla fame e all'inattività, i giocatori hanno perso la voglia
di vivere. Quando, a sorpresa, i tedeschi organizzano un campionato
cittadino, non lo fanno certo per perdere; Sasha, d'altra parte, sa
che suo padre e i compagni giocano sempre per vincere... Stavolta,
però, vincere significherebbe morire. E qual è la vera vittoria?
Lottare fino all'ultima azione, come chiede il pallone, o sabotare la
partita, come le ha intimato un misterioso spettro, nel buio di un
sottopasso? Mentre il fiume Dnepr, gelido, si porta via l'infanzia di
Sasha, la Storia segue il proprio corso: il match avrà un esito cosi
incredibile che nessuno, per lungo tempo, potrà raccontarlo.
La recensione
“La
guerra fa esplodere non solo le case, ma anche i pensieri.”
Quando mi è arrivata un'email in cui mi si chiedeva di recensire In
piedi nella neve sono stato
colto in contropiede; altamente impreparato. Tutto preso dal mio
famoso esame di Letteratura Latina – correva, perciò, il mese di
febbraio -, mi erano sfuggite le ultime uscite e mi era sfuggita, in
particolar modo, questa qui. Non collaboro con la Einaudi e sui loro
titoli, in realtà, non sono aggiornatissimo, soprattutto se pensati
per i ragazzi: raramente, nei blog che seguo, c'è spazio per quelli,
a meno che non abbiano illustrazioni e copertine da sogno. A meno che
non ci ricordino com'era essere bambini e leggere una favola prima di
andare a dormire. Avrei notato mai il libro della Bortolotti se, in
una mattina freddissima, non mi avesse lei stessa contattato per un
parere spassionato? La copertina di In piedi nella neve
è illustrata e bella, ma la vicenda che la sinossi riassume – una
partita di calcio tra verità e leggenda, una rievocazione della
Seconda Guerra Mondiale con un punto di vista pressoché inedito:
troppo vera, troppo poco fiabesca – avrebbe potuto allontanare chi
il calcio non lo segue e chi la storia la studia e la dimentica, ma
sa ricordarla, a volte, grazie ai bei film e ai bei libri. Bei libri
come questo. Nemici del pallone e dei sussidiari, per chiarire invece
la precedente voce, come il sottoscritto – parte della bassisima
percentuale di italiani che non segue il Campionato e che si siede in
poltrona solo quando gioca la Nazionale, nonché di quegli studenti
di lettere che si lasciano all'ultimo il laborioso esame di Storia
Contemporanea. “Sorpresa” è il sostantivo che ricorrerà
per tutta la recensione di In
piedi nella neve:
vi avverto. La sorpresa che mi ha fatto l'autrice, redattrice
editoriale e professionista ormai affermata, nel prendersi la briga
di propormi il suo ultimo romanzo, neanche fosse un'esordiente alle
prime armi, e di inviarmelo di persona, con mille parole gentili e
con una graditissima dedica in prima pagina. La sorpresa nel leggere
uno scritto – accettato all'inizio per pura cordialità; perché
estremamente breve; perché proposte del genere, da parte di un
editore che non mi conosce e da un'autrice che si fida ciecamente di
me, sono più uniche che rare – che ho trovato davvero bello.
Sorpreso, io, perché non conoscevo la scrittura di Nicoletta e,
prendendo il libro un po' a scatola chiusa, sono rimasto conquistato
sin da pagina uno; dài, diciamo da pagina dieci, perché mi devo pur
fare desiderare. Lei scrive come piace a me. Con spiccato buon gusto,
con la passione per le descrizioni più suggestive, con la testa e
con il cuore. Con quel fattore X
-
inafferrabile e misterioso, ma quando lo trovi lo sai - che insegue
un noto talent. Inoltre, non conoscevo la storia narrata, se non come
una lontana leggenda, e alla fine mi ha toccato profondamente.
Scosso, pure un po' commosso. Mi è piaciuta per una vicenda pensata
per lettori ancora bambini, ma in grado di coinvolgere anche chi è
già cresciuto. Si sa che i piccoli sono il pubblico più esigente,
no?, e Nicoletta sa trattarli con intelligenza, come una mamma e come
un'insegnante: come se fossero – e infatti lo sono, solo che altri
dovrebbero capirlo meglio, più spesso, di più – i nuovi adulti.
Nella Kiev sotto lo schiaffo dei nazisti, raccontata ora a mo' di
telecronaca, ora come un romanzo di formazione vecchio stile, la
storia di una ragazzina con il sogno del pallone; quella dei suoi
migliori amici; quella della sua famiglia.
Quando Sasha perde la sua
infanzia sotto le bombe, il padre, portiere di una squadra
imbattibile ed imbattuta, perde il suo amato lavoro: in casa adesso lei litiga spesso con la madre, una donna che nasconde un segreto triste
sul fondo di una matrioska, e non può più giocare a calcio, se non
clandestinamente. E il papà non può osare fare un affronto ai
tedeschi, e il suo amico del cuore non può dire ai genitori di
sognare una carriere da ballerino e la Dynamo ricostruita non può
vincere – nella "partita
della morte" in
cui in ballo c'è tutto – contro il nemico crucco. Certe volte, quando si vince si perde. In In
piedi nella neve c'è
il freddo e c'è “una guerra che secca il cuore”, la privazione e
la negazione di sé. Cosa fare e cosa no? Filtrato dalla sguardo di
Sasha - lunghe ciglia e un corpo ancora acerbo, le ginocchia sbucciate per
le partite contro i muri a pezzi, i palloni di cuoio bucati, le mamme
normative e le minacce al buio che odorano di acqua di colonia da
quattro soldi – uno scorcio di storia vera che ha dell'incredibile,
costituito da pensieri spesso crudeli e da dolci giochi d'infanzia.
La narratice, con i suoi pregi, la sua ottusità e le sue piccole
malefatte, è di una complessità incantevole. La rievocazione della
Kiev assediata, pulsante e contraddittoria, ammalia e i fantasmi dei
soprano nei sottopassi, il pensiero delle Baba Jaga nel fondo del
bosco e gli avvertimenti dei falchi che fiutano il nevicare delle
bombe antiuomo riempiono il romanzo di suggestioni varie e il lettore
di pensieri originali. I dialoghi e le discussioni, così, vengono
raccontati come nella telecronaca sportiva. Si fa un fallo, quando si
mente a un amico. Si fa una finta, quando mentiamo agli adulti e
fingiamo che di quel primo bacio mai dato non ci importi poi granché.
In piedi nella
neve è
un esempio di coraggio; un paradigma della sportività. Nicoletta, al
diavolo chi dice che le donne e il calcio non siano compatibili, tira
dritta in porta e fa perfettamanete centro: a colpo sicuro. Non
importa se siate tifosi o meno, se vi manca l'abc del gioco e se le
strategie militari, a lungo andare, vi annoiano o confondono.
Imparerete nel corso del viaggio - perché sì, questa lettura è un
piccolo viaggio - a lasciarvi contagiare dall'entusiasmo della folla.
E al gol decisivo, oltre la guerra e il fuoco, vi solleverete sulle
vostre gambe in un boato che fa paura anche al temibile nemico, non
pensando a quel che verrà. Alle conseguenze imprevedibili di un atto di valore.
“Il
male è il solo bene che ci resta.”
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: The Book Thief - John Williams
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