oggi vi presento in anteprima, la recensione di un nuovo libro che sta a cavallo tra un urban fantasy, un paranormal romance e un chick-lit. Primo libro per adulti di un’autrice famosissima per la serie adolescenziale “The princess diares”, portato al cinema con il volto della bella Anne Hathaway.
Lei è Meg Cabot con il suo nuovo ed originale romanzo dal titolo “Insatiable. Vampiri a Manhattan”. Sempre dedicati ad un pubblico giovane, sono arrivati in Italia: la serie Avalon High, Una ragazza americana e il racconto La figlia dell’ammazzavampiri, contenuto nell’antologia Danze dall’Inferno, raccolta di racconti con il tema del ballo studentesco, alla quale ha partecipato anche S. Meyer.
Insatiable, a detta della stessa autrice, è stato un lavoro che le ha richiesto uno sforzo notevole di tempo, ricerche e lavoro, che visto il successo immediato di pubblico in America, non è stato mal speso. Una storia originale, liberamente ispirata al capolavoro di Stoker, al quale rende omaggio, dando alla protagonista il nome di Meena Harper, tanto simile al Mina Harker di Dracula. Un libro che la stessa autrice definisce sul suo sito ufficiale un Girl Gotic. Qui sotto riporto l’estratto tradotto da Germana in esclusiva per voi lettori di Diario di Pensieri Persi.
Nelle prime bozze, il romanzo Insatiable era narrato in prima persona attraverso il punto di vista di Meena. La storia era costituita da un unico lungo flashback che iniziava con la scena in cui Alaric appare per la prima volta alla porta di Meena. Questo flashback, lungo più di cento pagine, descriveva la terribile notte del ballo di fine anno di Meena insieme a Peter Delmonico, un ex dannato. Ho presto capito che la prima persona non si confaceva al racconto, e neanche il flashback, per cui decisi di eliminare entrambe. Peter viene ora nominato appena più avanti nel racconto, quando Lucien scopre il potere di Meena. Forse un giorno pubblicherò la storia di quella notte di Meena con Peter, ma per ora, c’è solo questo: “Cassandra, figlia del re di Troia, Priamo, aveva il dono della profezia. E poiché decise di non ricambiare l’amore di un dio, questo dono fu trasformato dallo stesso dio in maledizione, in modo che nessuno credesse mai alle profezie di Cassandra, nonostante si rivelassero in seguito corrispondenti a verità.” Io non ho mai rifiutato l’amore di un dio, o almeno non che io ricordi. Eppure nessuno crede mai anche alle mie profezie….E per questo motivo muore.
— Meena Harper
Autore: Meg Cabot
Titolo: Insatiable, Vampiri a Manhattan Data di pubblicazione: 20 aprile Editore: BUR Rizzoli Prezzo: 11 euroPagine: 400Trama: Meena abita a Park Avenue e lavora come autrice per la seconda serie tv più famosa d’America. Una vita da sogno? Niente affatto. Non solo la promozione che attendeva da un secolo è andata alla sua bionda collega maniaca del fitness. Ma subito dopo i produttori le hanno anche annunciato di voler introdurre un nuovo personaggio nella fiction: uno stupido vampiro. Come se la gente non ne fosse già arcistufa… Se poi a questo si aggiunge che Meena è single praticamente dalla notte dei tempi – e magari c’entra un poco il suo piccolo problema, il “dono” che ha sin da ragazzina di prevedere la morte altrui – non è che ci sia proprio da stare allegri. Finché, una notte, avviene l’inesplicabile. Un attacco di insonnia spinge Meena ad avventurarsi lungo le strade deserte di una Manhattan addormentata. All’improvviso dalle guglie di un’antica cattedrale si stacca una colonia di pipistrelli che puntano furibondi contro di lei. Solo l’intervento di un misterioso sconosciuto la salverà da una fine orribile. Chi era quell’uomo? Come è sopravvissuto all’aggressione? E, soprattutto, come fare per rivederlo? Quel che Meena non sa, è che le sue domande non resteranno a lungo senza risposta.
RECENSIONEMeena Harper ha iniziato ha seguire la serie televisiva Insatiable sin da quando era bambina, e grazie alla sua fantasia e al talento, riesce a diventare la scrittrice dei dialoghi di una delle protagoniste. Un giorno, l’anoressica e griffatissima nipote dei produttori, riceve promozione e carta bianca per le sue nuove idee, che prevedono di catturare un pubblico più giovane inserendo nella storia dei vampiri, ultimo trend dal merchandising milionario. Sarebbe fantastico, se solo la promozione non se la fosse beccata un’altra e se non fossero stati inseriti i vampiri nella trama, visto che lei è altamente satura di perfetti bellimbusti pallidi e anemici. Un disastro su tutta la linea insomma.
Che dire poi, di quella particolare capacità che si porta dietro fin dall’infanzia? Vedere come ogni persona che incontra morirà: incidente d’auto, attacco cardiaco, da percosse, per decapitazione ad un concerto. Dite un modo, e state sicuri che Meena lo ha visto negli occhi del suo prossimo. Dopo giornate così stressanti, è bello poter tornare a casa e rilassarsi, se non fosse che ad attenderla c’è un fratello in crisi da post licenziamento, momentaneamente accampato nel suo appartamento, e un cane nevrotico e agitato di nome Jack Bauer. Naturalmente niente marito o fidanzato. Forse, la vita di Meena non è proprio al suo apice, ma qualcosa sta per cambiare, e sarà con un salvataggio in pieno stile principe che soccorre la dama in difficoltà, a segnare il giro di boa.
Una notte, in pigiama e impermeabile, con un Jack Bauer agitatissimo e con la vescica piena, si avventure per le strade deserte. Giunta di fronte alla chiesa di San Giorgio, viene attaccata da uno stormo di pipistrelli. Un uomo misterioso le si getta addosso coprendola con il suo mantello ed evitandole così di essere graffiata da quella miriade di artigli. Un incontro singolare, per un eroe che segue l’archetipo dettato da mille e mille storie: alto. Bellissimo. Gentile. Galante e misterioso. Meena non riesce a smettere di pensare a lui, ma non sa il suo nome ne il suo indirizzo.
Immaginate la sua sorpresa quando lo vede alla festa organizzata dalla sua vicina di casa per il cugino del marito, Lucien Antoniescu, che guarda caso, è un principe (archetipo più perfetto di così!) e viene dalla Romania. La scintilla, scattata con il primo incontro, divampa. Qell’uomo, con le sue spalle larghe, i lineamenti perfetti e gli occhi tristi, la attira come una calamita, e poi, per la prima volta, non riesce a vedere come e quando sarà la sua morte (vi ricorda qualcosa? Edward e Bella? Sookie e Bill?), cosa che la rende stremamente rilasatta e a proprio agio. Ma c’è un perché, se il dono di Meena non funziona, dono che non ha mai fallito e si è sempre rivelato veritiero.
E’ una questione di addizioni: principe + Romania + non mangiare mai in sua presenza + particolari morsi d’amore + l’uscire illeso da un attacco di pipistrelli pazzi e inferociti. Un solo risultato: Vampiro. Nonostante i tanti indizi, sarà Alaric Wulf, guardia Palatina, ammazza vampiri, e gran bel pezzo di biondo fisicato, a metterla di fronte alle ovvie conclusioni. Meena dovrà scegliere, il suo amore per l’uomo l’ha fatta sentire speciale, o il disgusto per una creatura… morta?
Trama troppo semplice e scontata?Errore, perchè in mezzo si inseriscono un fratellastro rumeno geloso e avido di potere, una congrega di puristi del vampirismo vecchio stile, un organico lavorativo in continuo cambiamento e una serie in trasformazione, un’amica incinta che non sa la verità sul proprio figlio, un fratello bambinone sempre tra i piedi e un cane snervante e agitato che crede di dover salvare il mondo, un ringhio per volta, e molto altro. Questo libro, si è rivelato ben scritto e originale, con una sottile ironia che accompagna il lettore in tutto il percorso. Il fatto che sia la prima opera per adulti, della Cabot si fa notare, poiché manca un po’ di quel pepe e di quella tensione sessuale che caratterizza altre storie di questo genere. Diciamo che momentaneamente, la tipologia del libro, sta a cavallo tra lo YA e il romance più adulto. Nonostante ciò, è una lettura piacevole che sono convintissima migliorerà nel seguito, dal titolo Overbite, in uscita a Luglio in America. Menzione particolare, va fatta per il finale, che naturalmente non vi svelerò, ma che mi ha particolarmente colpito per la sua originalità di scelte, cosa rara in un genere di cui ormai si è scritto moltissimo. Il personaggio di Meena è ben caratterizzato, mentre quello di Lucien rimane ancora misterioso, ma sono sicura che sarà meglio delineato nell’episodio successivo. Molti dei comprimari sono molto particolari e, di ognuno, sono state tratteggiate caratteristiche che lasciano il segno, uno su tutti il cane: meraviglioso! Vivamente consigliato per la storia vampirica un po’ diversa, che la Cabot è riuscita a regalarci.
Se avete letto le mie recensioni, saprete che amo andare a spulciare nei siti ufficiali degli autori e, devo dire che quello di questa autrice è molto divertente e ricco (quella qui sotto è la pagina dedicata a Insatiable con il relativo menù).
Nel caso aveste il dubbio su come pronunciare i nomi dei personaggi, per voi c’è una lista con riportato il modo corretto: Meena va pronunciato MEAN-nuh, mentre Lucien Antoniescu sarebbe Loo-see-yen ANT-uh-nesk-you. In un’altra sezione, troverete il link per un divertente quiz, che ha lo scopo di stabilire quale tipo di creatura paranormale è il vostro fidanzato: http://www.proprofs.com/quiz-school/story.php?title=what-kind-paranormal-creature-is-your-boyfriend
Altra chicca, sono le scene tagliate.Ce ne sono tre, io ho scelto quella riguardante Meena, ve la riporto tradotta dalla sempre pronta e veloce Germana, in esclusiva per questo Blog. Enjoy it!
"Io posso prevedere le cose prima che accadano.L'AUTRICE:Meg Cabot è autrice di oltre venticinque romanzi che hanno venduto cinque milioni di copie in tutto il mondo. Rizzoli ha pubblicato, tra gli altri, The Princess Diaries (che ha ispirato il film Pretty Princess con Anne Hathaway). Per Fazi è uscito il suo racconto La figlia dell’ammazzavampiri. Questo è il primo volume di una serie dedicata a Meena Harper. Il sito ufficiale dell’autrice è http://www.megcabot.com/
Non sono in grado di spiegarne la ragione.
Posso e basta.
Sapevo ad esempio che quell’uomo alto e assurdamente bello, lì in piedi nel mio salotto, era venuto per uccidermi.
La mia solita fortuna, no? Finalmente un figo nel mio appartamento, e cos’era venuto a fare?
A fottermi, ma non nel senso buono del termine.
Dall’aspetto non sembrava un assassino. Indossava abiti piuttosto eleganti, jeans neri e aderenti, un maglione di cashmere, e un cappotto lungo e scuro… Sicuramente di Hugo Boss. Anche la sciarpa che gli avvolgeva il collo sembrava di cashmere, almeno da quanto potevo vedere dalla mia posizione, e risaltava l’azzurro dei suoi occhi…
… Quella tonalità di azzurro che uno si sarebbe immaginato in un tipico latin lover che sfila su un tappeto rosso, o che cavalca su una tavola da surf su una bianca costa australiana.
Non sembravano proprio gli occhi di un assassino.
Se solo non avessi subito capito il motivo per il quale si trovava lì, nello stesso istante in cui aveva aperto la porta e mi aveva svelato il volto nascosto dietro ad un enorme mazzo di rose rosse (perché ero cascata proprio nel vecchio trucco del mazzo-di-fiori-messo-di-fronte-all’occhiello-della porta? Meritavo di essere assassinata solo per il fatto di essere stata talmente stupida da aprirgli la porta).
Non avevo pensato quindi Oh, guarda un po’, un bel ragazzo che mi è venuto a trovare per portarmi un mazzo di fiori.
No. Nello stesso istante in cui l’avevo visto, avevo capito che era un assassino.
Ed era venuto per uccidere me.
Sfortunatamente, l’avevo capito solo dopo che aveva lasciato cadere il mazzo di fiori.
Entrò quindi nel mio appartamento, e si tolse il cappotto, rivelando la spada che portava appesa al fianco.
Mi piace definirmi una ragazza tipica del ventunesimo secolo. Ho un Blackberry (che so far funzionare a malapena) e un MacAir, oltre al PC che ho in ufficio. Ho due iPods con due capacità di memoria diverse — uno per le rare volte che vado in palestra (e giuro di ricominciare ad andarci da domani… Già, proprio ora che sto per morire), e uno da usare in casa. Sono in contatto con amici delle superiori e dell’università tramite Facebook, che non mi curo troppo di chiamare perché, diciamocela tutta, sono proprio noiosi. Sono capace di registrare i reality show dalla TV con il mio DVR, e sono campionessa internazionale di invio di sms… Anche mentre guido, sebbene lo faccia raramente, perché non ho un’auto e vivo a New York City.
Ma sarei capace di farlo se ne avessi l’occasione!
Eppure, in qualche modo, non ero al corrente del fatto che andarsene in giro con una spada fosse trendy.
E una di quelle stava proprio per trapassare il mio corpo.
Buffo come capitano queste cose, vero?
Non avevo niente a portata di mano con cui difendermi. Indossavo solo reggiseno e mutandine di seta nera, perché solo qualche minuto prima mi ero tolta con grande sollievo gli abiti che avevo indossato tutto il giorno al lavoro. Voi penserete, sapendo che stavo per incontrare il mio assassino, avrei potuto almeno infilarmi qualcosa per rispetto alla decenza (nessuna ragazza vorrebbe mai essere trovata dal coroner con su solo la biancheria intima), o almeno avrei potuto afferrare qualcosa da usare come arma… Una bomboletta di lacca e un accendino, per improvvisare una fiamma ossidrica, o anche solo una scarpa da lanciargli contro.
Invece, come al solito, avevo afferrato istintivamente il mio BlackBerry, che in mano mia sarebbe stato piuttosto inutile in qualsiasi caso. Ma in questo contesto era addirittura ridicolo, a meno che non avessi voluto chiamare in aiuto qualche poliziotto, per farlo uccidere insieme a me. Ma cos’altro avrei potuto fare? Rimanere lì a farmi tagliare la testa? Nel mio appartamento nell’Upper East Side, per diventare la vittima decapitata protagonista di una puntata di Law and Order SVU il mese successivo?
Ehm, no, grazie mille.
Si guardava intorno, vagamente curioso riguardo il mio arredamento Ikea. Ehi, lavoro per la televisione. Pensi che possa fare una vita da nababbo? Pensaci bene, amico.
Nel frattempo, le dita della sua mano destra stringevano quello-che-sapete. Già.
Sembrava incredibile, ma considerando tutto quello che era successo durante la settimana passata, non ne ero poi così sorpresa. Era senza dubbio l’elsa di una spada. Un’elsa terrificante, tra l’altro. Trattenni il fiato mentre gli occhi azzurri mi scrutavano.
- Non sono qui per te, Meena - e la sua voce mi fece sobbalzare, così profonda che sembrava vibrarmi nel petto. – Dimmi solo dov’è, e ti lascerò vivere.
Io sussultai.
Va bene. Quindi sapeva il mio nome. Ma certo. Era scritto sul biglietto che accompagnava i fiori, ecco perché Kevin, il mio portiere, l’aveva fatto salire.
Un ragazzo con una spada nascosta sotto il cappotto. E Kevin lo aveva fatto entrare.
Grazie mille, Kevin. Ti sei appena giocato la mancetta di Natale.
Parlava con un qualche tipo di accento, forse europeo, anche se non ero in grado di identificarlo con precisione.
Ma come poteva sapere il mio nome? Non avevo idea di chi fosse. Non l’avevo mai visto prima. Credo che saprei riconoscere un assassino se l’avessi già visto, no?
Eppure… Mi sentivo come se lo conoscessi da sempre.
Forse è la stessa sensazione che provano tutti quando incontrano il loro assassino.
Oppure sono solo io. Sono sempre stata… Bé, una tipa originale.
Aprì il cappotto con noncuranza e tirò fuori la spada.
Mentre usciva dal fodero, la lama tintinnò nel silenzio della stanza, con un suono simile ad un campanellino.
Il fodero di una spada. Stavo veramente per essere uccisa da un tipo che possedeva un fodero con dentro una spada.
I pensieri che ti saltano in mente prima di morire sono sorprendenti. Tutto quello a cui riuscivo a pensare, ad esempio era, Magnifico.
Niente preliminari con questo tipo.
E, Non è giusto, ecco.
Perché il fatto è, non avevo mai fatto niente per meritarmi una fine del genere. Avevo trascorso una vita abbastanza tranquilla, non avevo mai truccato la dichiarazione dei redditi, avevo dato in beneficienza un sacco di soldi che avrei potuto benissimo spendere in vestiti – e in mobili migliori. Non avevo mai fregato il fidanzato a nessuno. In quel momento, non ce l’avevo neanche un fidanzato! Bé, a meno che Lucien non potesse essere definito un fidanzato. E non ne ero troppo sicura.
Non era giusto che dovesse finire così. Sul serio.
E guardando il filo cesellato della lama, ero sicura di non avere più neanche la minima speranza.
Ma è incredibile cosa uno può inventarsi pur di sopravvivere.
Aprii la bocca per parlare e mi passai la lingua sulle labbra.
- So che stai mentendo – dissi. – Sei qui per uccidermi.
La mia voce era tremolante. La percepivo debole perfino alle mie orecchie, come quella che usavo per convincere il ragazzo che consegnava cibo indiano a domicilio del fatto che non mi avesse portato la dose extra di salsa al tamarindo da me ordinata (anche quando non era vero).
Potevo capire dalla sua espressione che anche per lui risultavo poco credibile.
Ma mi sbagliavo. Non era disgustato dalla mia debolezza, era semplicemente offeso dalle mie accuse.
- Io non mento mai – disse. – Dimmi solo dov’è, e ne uscirai illesa.
Prossima com’ero alla morte, non riuscii ad evitare di scoppiare a ridere. Forse la consapevolezza di essere in punto di morte rende incauti o qualcosa di simile.
- Va bene – risposi. – Quindi puoi ucciderci entrambe? Non credo.
Sembrava infastidito. Vai così, Meen. Contrasta il tuo assassino. Un comportamento proprio intelligente.
Esaminò per un momento la lama splendente e disse, alzando livemente le sopracciglia scure – Te l’ho già detto Mena. Non mi interessa ucciderti. Ma hai intenzione di fare la difficile…
Difficile. Non aveva neanche idea di quanto potessi essere difficile. Specialmente nel momento in cui sapevo di essere bell’e morta e non avevo niente da perdere.
Ecco perché decisi di scagliargli addosso con tutta la forza possibile il mio Blackberry.
Ehi. Era tutto quello che avevo a disposizione. Quello, e la mia vita.
Poi mi voltai e scappai a gambe levate.