Recensione: Insurgent, di Veronica Roth

Creato il 20 luglio 2013 da Mik_94
La paura è più potende del dolore.
Titolo: Insurgent Autrice: Veronica Roth Editore: DeAgostini Numero di pagine: 510 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Una scelta può cambiare il destino di una persona... o annientarlo del tutto. Ma qualsiasi essa sia, le conseguenze vanno affrontate. Mentre il mondo attorno a lei sta crollando, Tris cerca disperatamente di salvare tutti quelli che ama e se stessa, e di venire a patti con il dolore per la perdita dei suoi genitori e con l'orrore per quello che è stata costretta a fare. La sua iniziazione avrebbe dovuto concludersi con una cerimonia per celebrare il proprio ingresso nella fazione degli Intrepidi, ma invece di festeggiare la ragazza si è ritrovata coinvolta in un conflitto più grande di lei... Ora che la guerra tra le fazioni incombe e segreti inconfessabili riemergono dal passato, Tris deve decidere da che parte stare e abbracciare completamente il suo lato divergente, anche se questo potrebbe costarle più di quanto sia pronta a sacrificare                        La recensione
Una volta ho letto che non esiste una spiegazione scientifica per il pianto. Le lacrime servono solo a lubrificare gli occhi. Io penso che piangiamo per liberare la nostra parte animale senza perdere la nostra umanità. Perché dentro di me c'è una bestia che ringhia e agogna la libertà. Tobias e soprattutto la vita. E per quanto ci provi, non riesco a ucciderla. Mi sono fiondato a peso morto su Insurgent. Disperatamente. In cerca di una conferma. Stanco di troppe letture carine e basta, di troppi libri da leggere e dimenticare, ho preso tra le mani un voluminoso tomo che ormai da qualche tempo prendeva polvere nella mia libreria: il secondo capitolo della trilogia distopica di Veronica Roth. Era lì che mi fissava da quasi un mese, con quella copertina verde e blu che tutti detestano, ma che a me – in verità – piace parecchio. Mi ero detto di cominciarlo alla fine degli esami di maturità, come un piccolo e prezioso premio di consolazione, ma altri libri più scorrevoli e brevi avevano rimpiazzato la seconda avventura di Tris e Quattro e i miei buoni propositi. Mercoledì pomeriggio l'ho iniziato, sabato mattina l'avevo già finito. Cinquecento pagine divorate in poco tempo. Per me, che nutro una paura segreta verso i libri lunghi, un record. L'ho amato, mi direte voi. Invece no, per la maggior parte del tempo, il romanzo mi ha deluso terribilmente. Divergent si era rivelato un'esperienza esaltante, da capogiro: adrenalinico, originale, imprudente, bello. L'esordio perfetto. Con questo suo seguito, sin dall'inizio, l'approccio non è stato dei migliori. Sarà che non ho una buona memoria, sarà che i personaggi secondari non erano così memorabili come in un primo tempo pensavo, sarà che le mie alte aspettative avevano caricato le spalle della giovane autrice di un fardello che non poteva sopportare con le sue sole forze da intrepida. Insurgent si apre, infatti, nel punto esatto in cui il romanzo precedente si era concluso. Nel caos. Un caos di personaggi e situazioni, di scontri e alleanze. Strappato dalla realtà e condotto bruscamente nel bel mezzo dei fatti, ho provato confusione, disorientamento, capogiri suggeriti non dal brivido dell'azione, ma dal troppo che stava accadendo attorno a me e ai personaggi. 
Leggevo e speravo che le mie idee si schiarissero un po'. Che ci capissi qualcosa. Recuperati i vari tasselli, fatto uno schema mentale di fazioni e protagonisti, ho proseguito nella corsa a perdifiato che la prosa della Roth sa sempre assicurare. Leggevo e vedevo le pagine che mi separavano dalla fine diminuire man mano. Leggevo con piacere, senza annoiarmi un attimo, ma non succedeva assolutamente niente. Sparatorie, fughe, salti nel vuoto e arrampicate pericolose, agguati e tradimenti. Scene di implicita violenza e di fervore assemblate tra loro senza un filo conduttore che fosse unico, senza una trama. Ho avuto l'impressione che l'autrice si fosse giocata tutte le sue carte vincenti nel primo volume, in cui la carne al fuoco era appetitosa e abbondante. Nel sequel, invece, c'era una triste carestia di novità. Di una cosa, però, mi sono meravigliato, e in positivo: la bravura straordinaria di Veronica Roth. Una fuoriclasse. Riempire quasi 300 pagine di puro nulla non è decisamente da tutti. Ed oggettivamente nella prima metà di Insurgent avviene poco o niente. Quindi due sono le opzioni: o lei è un'idiota, o è un genio del male. Personalmente, propendo per la seconda. Tendo a specificare nella prima parte perché, fortunatamente, anche se in corner, il libro trova la via del riscatto nella seconda. L'epilogo è geniale e da mozzare il fiato, i capitoli conclusivi si lasciano divorare con una velocità che non credo sia umana. L'autrice riempie tutto di mistero, mette in discussione situazioni e personaggi, mantiene viva la curiosità sia quando dice tutto e niente, sia quando è tempo dei colpi di scena più importanti. Intrattiene come pochissimi sanno fare. Gli elementi verso cui ho storto il naso sono veramente tanti, innumerabili, ma con un finale davvero ben architettato lei salva tutto e rigira nuovamente le carte in tavola. 
La scelta efficace ed audace di chiudere Insurgent così avrebbe potuto farmi arrabbiare ancora di più, ma la paraculaggine della Roth – non mi vengono altri termini, no: furbizia sarebbe limitativo – me l'ha fatta amare. Lei e la sua protagonista, Tris, sono gemelle separate alla nascita: identiche. Lei è Tris. Le ho odiate di pari passo, ho faticato a seguire le loro fughe a rotta di collo, ma alla fine le ho ritrovate entrambe dove le avevo lasciate. Stare dietro a Tris diventa davvero complicato in questo secondo volume. La sua psicologia è più altalenante, il suo carattere è meno monolitico, le sue scelte sono meno mirate. Sfila in mezzo a traumi e macerie come un'eroina, guarda in faccia la morte una pagina sì e l'altra pure, ma ha sedici anni. E' una bambina. Una ragazzina. Proprio come l'autrice, che è pienamente consapevole di sé e un tantino spietata a soli ventiquattro anni. Accanto a lei, c'è Quattro. Con i suoi incubi, con le sue poche paure, con una famiglia che è un peso mortale, con una tenerezza e una fedeltà verso Tris così poco “intrepida”, ma tutta da scoprire. Tutte le morti di cui il libro è disseminato, inoltre, non commuovono e non sconvolgono come, invece, avveniva in Divergent. Muore un personaggio, ne muoiono due, ne muiono un centinaio e altri ancora, ma è una carneficina continua che non lascia segni nei sentimenti del lettore. Più che altro una domanda ironica: con tutti i personaggi decimati, mortalmente mutilati, feriti o menomati, chi ci sarà in Allegiant? Le atmosfere e le ambientazioni sono più ampie e claustrofobiche di quelle del primo, ma a mio parere questo è un altro degli elementi che fa sì che l'interesse del lettore vada scemando. Senza più la familiarità, il chiasso, il calore e la pazzia che si respiravano nel covo sotterraneo degli Intrepidi viene meno una parte importante dell'anima di Divergent. A circa metà libro, quando Tris e i suoi amici ritornano dove tutto è iniziato, tra quelle grotte e quegli spuntoni di roccia così suggestivi, sono tornato a respirare e a sorridere, davanti a una partita a Paintball all'ultimo schizzo di vernice. Il mio voto: ★★★★ = Il mio consiglio musicale: Bastille – Laura Palmer   

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