La fantascienza, per come la vedo io, è sempre stata l'occasione (per l'uomo) di spingersi oltre. Oltre il nostro pianeta, oltre la scienza, oltre le conoscenze. Oltre quello che siamo abituati a vedere o (credere di) sapere. Nel bene e nel male, tra alieni ostili e mondi meravigliosi, su astronavi futuristiche aiutati da robot a caccia di mostri spaziali o sulla terra, preda di macchinazioni governative o poteri super-umani. Una fantascienza a misura d'uomo, ma che ha sempre indagato su quel che era oltre l'uomo, da tutti i punti di vista.
In tal senso Interstellar di Christopher Nolan si pone comodamente nella tradizione. In questo senso l'Interstellar di Christopher Nolan va esattamente nel senso opposto - seguendo il solco lasciato da ben altra fantascienza, da Solaris a Moon - e trasforma l'essere umano nel centro gravitazionale della vicenda. Questa ambivalenza nel film di Nolan è il suo punto di forza. Quest'ambivalenza è il suo punto debole. Il risultato è un film imponente, importante, gigantesco ma anche lunghissimo, lento, imperfetto. E se vi state chiedendo se mi sia piaciuto, la risposta è sì, moltissimo!
Ventunesimo secolo: la Terra è su punto del collasso. Tempeste di sabbia la sconvolgono ripetutamente mentre il cibo scarseggia sempre più. Tutta colpa di una crisi dell'agricoltura irreversibile che sta portando l'umanità al collasso. Cooper è un ingegnere ed ex pilota della Nasa, vive con il suocero e i suoi due figli e fa l'agricoltore. La sua vita scorre tranquilla tra le difficoltà giornaliere di un mondo sul punto di finire, finché un giorno il suo passato torna a sconvolgerla: la Nasa lo rivuole come pilota per una missione ai confini dell'universo. Lo scopo? Scoprire un altro pianeta, in un altra galassia, su cui l'umanità possa trasferirsi per sfuggire all'estinzione.
Per come la vedo io Interstellar è un film dalla duplice anima: da un lato una riflessione sull'Umanità, sui rapporti tra le persone (famiglia, amicizia, amore) e sulla morale. Da un altro un film sui viaggi spaziali, sull'Universo e sulla natura matrigna e indifferente contro cui è impossibile combattere. Allo stesso tempo però Interstellar è un film in pieno stile Nolan che, abbandonate le velleità meta-cinematografiche, sviluppa una storia su due piani narrativi - due piani temporali - fondendo/confondendo microcosmo e macrocosmo, particolare e universale, fisica e metafisica, film d'autore e blockbuster. Per questo, forse, Interstellar è il suo lavoro più ambizioso in cui risaltano pregi e difetti di un regista tanto osannato quanto bersagliato. Le proporzioni tradiscono gli errori, l'imponenza va a discapito dell' omogeneità e 169 minuti di film subiscono i buchi di una sceneggiatura che pretende troppo: di stupire, di essere coerente, di spiegare.
La coerenza sta nel basarsi su teorie scientifiche. E all'inizio ci riesce anche. Tutto sembra essere calcolato nei minimi dettagli, la fantascienza diventa meno fanta, si procede sui presupposti teorici del famoso fisico Kip Thorne senza mai pesare sulla mente (e sugli occhi) dello spettatore ignorante. Io che sono ignorante, ad esempio, ho capito tutto quel che succedeva e l'ho trovato persino credibile. E' questo lo scopo della fantascienza, quindi al diavolo le licenze poetiche e le esigenze cinematografiche, farle il pelo e contropelo in tal senso è inutile e sciocco. Tutto procede alla grande tra azione e introspezione, colpi di scena e l'alternarsi dei punti di vista finché, ad un certo punto, Nolan sente il bisogno di spiegare. L'ho detto prima, si tratta di un blockbuster e lo spettatore cerebroleso (non quello ignorante come me) deve essere imboccato. Ma gli spiegoni sono il male del cinema ed è così che, spiegando spiegando viene meno la chiarezza espositiva che aveva contraddistinto il film e Interstellar cade nella trappola del paradosso temporale. La trappola più pericolosa quando si parla di wormhole e viaggi nel tempo. Da quel momento in poi tutto cambia, perché l'incredibile diventa improbabile, lo stupore un sopracciglio alzato, il film perde la coerenza per strada (assieme a qualche personaggio) e il finale diventa una lungaggine a favore dell'happy ending (e di un sequel?).
Eppure, nonostante ciò, il film funziona. Anzi, no: nonostante ciò il film mi è piaciuto e a farmelo piacere è stata quel mettere al centro l'uomo, spostando l'attenzione dalle stesse su di noi. Si capisce da subito che sarà così: la prima, lunga parte è ambientata sulla terra e i protagonisti sono una famiglia, quella composta da Cooper (Matthew McConaughey), Tom e Murphy. Anzi, è proprio il rapporto straordinario che unisce Coopera a Murphy a mettere in moto una catena di eventi che porterà il padre a lasciare la figlia per la salvezza di quest'ultima dalla fine del mondo. L'amore in tutte le sue forme regola le azioni e i comportamenti dei personaggi. Il concetto di male proposto da Amelia Brand (Anne Hathaway), compagna di viaggio di Cooper, è puramente umano e proprio per questo stupido: confondere il male con la malvagità, connotarlo in termini etici. Ma il male e il bene non sono elementi dicotomici, concetti netti. Sacrificare chi vive sulla terra per preservare l'intera specie è male? Fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere è male? Sembra quasi che i personaggi intraprendano questo viaggio per trovare una risposta ai loro dilemmi. E la ricerca è molto dolorosa, forse persino troppo. Allo stesso tempo l'amore diventa l'unica cosa che, al di là del tempo e dello spazio, ci permette di andare avanti, osando e superando i propri limiti. L'amore, un polo d'attrazione più forte della gravità. Da un punto di vista umano ho trovato Interstellar un gran film, un film gigantesco in grado di sbalordirmi ed emozionarmi, spaventarmi e farmi diventare gli occhi lucidi. Se una pellicola riesce a colpirmi emotivamente io la promuovo perché è sempre più raro, sempre più difficile.
Interstellar è la fiera delle citazioni. dei riferimenti cinematografici. C'è 2001: Odissea nello Spazio e sì, ok, dal 1968 è diventato impossibile prescindere da questo film, ma le riprese nello spazio profondo e le intelligenze artificiali richiamano prepotentemente il capolavoro di Kubrick. Ci sono anche Incontri Ravvicinati del III Tipo con quell'elemento sovrannaturale e quel viaggio nel deserto alla ricerca di una spiegazione, Contact (che, guarda un po', è con Matthew McConaughey) e Mission to Mars. C'è Inception, da cui prende il prestito il gioco su due piani narrativi (e il sogno è quell'universo in cui spazio/tempo hanno regole proprie e mutevoli). Hans Zimmer scrive le musiche ma devo ammettere che questa volta le ho trovate irritanti e insopportabili. Impossibile, invece, dire qualcosa contro gli attori partecipanti: per me un cast perfetto.
E allora, trascurando i buchi neri di sceneggiatura (dei fratelli Nolan, di nuovo insieme), le musiche e un certo compiacimento nel mostrare, tralasciando Matt Damon e il suo stronzissimo personaggio o la mancanza di una vera e propria verve originale, Interstellar è un viaggio nell'ignoto di noi stessi e di un Universo claustrofobico in cui regna il silenzio, la disperazione e il coraggio, il tempo che passa, quello che resta. Ognuno di noi ha il proprio bagaglio e questo film, con tutti i suoi difetti, potrebbe arricchire il vostro.
"Non entrare lieve in quella buona notte, la vecchiaia dovrebbe infiammarsi e strepitare al termine del giorno, Ribellarsi, ribellarsi alla luce che si estingue"