Descrizione: Perché una donna diviene malvagia? Cosa sposta la sua
mente dal calore rassicurante del focolare al gelo del sangue della sua vittima? E sono due tra le molteplici domande che Mariarosaria Alfieri si pone in un viaggio nella storia della devianza al femminile alla ricerca della causa oscura che soggiace al male-donna. Non un semplice manuale del crimine rosa poiché Io, Assassina con chiarezza e sistematicità svela l’essenza del delinquere al femminile. In un’indagine inedita che passa dal sesso a colei che lo vende, che lo impiega come veicolo confuso del divino. Tratta la prostituzione. Donne di satana. Ladre. Avvelenatrici. Streghe. Brigantesse. Donne d’onore. Donne della malavita. Sino alla logica spietata delle omicide seriali, alle prive di logica dei turpi infanticidi. Pagine che cercano il senso della società misogina, della mascolizzazione delle donne… Nella storia come nella contemporaneità.
L'autrice:
Mariarosaria Alfieri, criminologa, esperta in scienze forensi. Da almeno sei anni si occupa in particolare di criminalità femminile. Collaboratrice all’Università Federico II di Napoli, docente al Master in Scienze Criminologiche Investigative e della Difesa all’Università S. Pio V di Roma ma anche al corso di Criminologia Investigativa e Security alla Questura di Roma. Consulente della Commissione Parlamentare Anti-Ecomafie. Socio fondatore e presidente della Criminalt, un’ associazione culturale che promuove lo studio della
criminologia e delle scienze sociali. E’ inoltre impegnata alla Cooperativa Sociale Campo dei Fiori di Nola, Napoli.
Libri pubblicati: Io, Assassina, IRIS 4 EDIZIONI, 2008.
La recensione di Sara:
Nell’immaginario collettivo la donna è associata a una figura gentile, delicata, quasi indifesa e incapace di fare del male. Forse per il suo ruolo di madre, forse per lo stereotipo della principessa intrappolata nella torre che attende di essere salvata, regalatoci dalle favole, siamo incapaci di pensare a una donna come violenta e omicida. Eppure, la storia, ci fornisce innumerevoli esempi in cui figure angeliche si trasformano in brutali macchine di morte senza scrupoli o rimorsi.
Cosa succede? Perché una donna è spinta a uccidere? Immaginare un uomo omicida, nell’opinione comune, è molto più semplice, l’idea di violenza e furia assassina è quasi automaticamente associabile. In realtà, quello che spinge un’esponente del gentil sesso a compiere un atto del genere non è poi così diverso da quello che spinge i “colleghi” uomini. Io, assassina, tramite un ex-cursus storico, ci riporta alle origine del crimine femminile analizzandone gli aspetti in relazione a diverse situazioni possibili. Ci troviamo così di fronte alle donne del brigantaggio che, tutti ignorano, ma che in realtà hanno partecipato attivamente ai colpi messi a segno in quegli anni, non rinunciando ad armarsi di coltelli e pistole a, al momento necessario, a uccidere. Tante sono anche le donne della criminalità organizzata che, se in passato venivano accolte nei clan solo per tener compagnia ai mariti, oggi partecipano alle attività criminose sporcandosi le mani tanto quanto i loro compagni. Altre sono poi le categorie delle madri che uccidono i figli, quelle che uccidono per soldi e quelle che lo fanno per vendetta. Quest’ultima categoria è forse quella più diffusa Le donne sono spesso spinte da un movente razionale nel compiere omicidi, qualcosa che non accettano e che devono a tutti i costi rivendicare. La vendetta, che sia nei confronti di parenti, amici o compagni, sembra l’unica risposta alle loro domande. Tante sono le ragioni che possono spingere a diventare assassini, la psicopatia gioca sicuramente un ruolo fondamentale. Anche la situazione familiare in cui le carnefici sono vissute gioca un ruolo importante ma, non determinante. Nella maggior parte dei soggetti che compiono atti di tale violenza non è raro diagnosticare o riscontrare caratteristiche riscontrabili in soggetti borderline, schizoidi o bipolari. Mariarosaria Alfieri analizza alcune delle sindromi che potrebbero interessare le potenziali assassine, spiegandone cause, sintomi ed effetti. Il saggio è abbastanza interessante, poche sono le cose effettivamente nuove che ci vengono dette a proposito dell’argomento ma, si lascia leggere piacevolmente. La parte clinica-antropologica è arricchita da una serie di esempi di assassini che ne spiegano brevemente dinamiche e moventi. La parte che secondo me pecca di credibilità è quella legata al Satanismo. L’autrice fa evidentemente confusione tra Satanismo e Paganesimo, mettendo in risalto come pericolosi, aspetti del tutto innocui di queste due filosofie. Tanti sono gli equivoci che si riscontrano nel capitolo, dalle imprecisioni sulla figura di Aleister Crowley a quelle ancor più evidenti sul Anthony S. LaVey, fondatore della Chiesa di Satana. Quello che sfugge è che, spesso atteggiamenti che vengono associati al satanismo sono in realtà già latenti nel soggetto e non sono affatto indotti dal culto satanico, né tanto meno dal culto di cui parla l’autrice che, più che satanico è, palesemente, pagano… Tanti sono gli spunti che questo saggio offre, senza però approfondire troppo alcuna questione. Tante informazioni ma poche conclusioni reali. Da leggere soprattutto come un invito alla riflessione e un inizio da cui partire per avviare nuove ricerche sull’argomento.