Questa sera ospitiamo la recensione di un mio carissimo amico, che è anche un bravissimo scrittore, di cui ho avuto in passato il piacere e l'onore di leggere e recensire un libro: Gabriele Benelli.
Prezzo: € 17,50
E-book: € 9,99
Pagine: 160
Editore: Rizzoli Lizard
Genere: Biografia
Evase da un gulag e dal ghetto di Varsavia, sopportò le torture delle SS e sfuggì al fuoco dei bombardamenti. Portava con sé una verità che avrebbe dovuto scuotere il mondo dalle fondamenta, ma una volta al cospetto dei potenti la sua voce si perse nell'incredulità e nell'indifferenza, schiacciata dalle ferree leggi della guerra. Queste sono le parole inascoltate del partigiano polacco che nel 1943 denunciò a Churchill e a Roosevelt gli orrori della Shoah. Questa è l'incredibile storia di Jan Karski.
Dopo i graphic novels dedicati alla figura di Peppino Impastato, Che Guevara e Marco Pantani, il giornalista e scrittore Marco Rizzo e il fumettista Lelio Bonaccorso tornano a collaborare in un lavoro dedicato alla figura di Jan Karski. La figura di Karski, non sempre adeguatamente celebrata, è eccezionale. Nato nel 1914 a Lodz, in Polonia, Karski entra a far parte dell’esercito polacco come coscritto non appena l’esercito tedesco invade la Polonia nel 1939. Fatto prima prigioniero dai russi, poi dai tedeschi ed evaso più volte, Karski diventa un partigiano e un patriota. Il governo polacco in esilio a Londra gli chiede di documentare la bestialità del ghetto di Varsavia e quindi dei campi di concentramento e sterminio nazisti. Karski, rischiando costantemente la vita, deciderà di infiltrarsi in queste realtà disumane per riportare all’esterno, nella fattispecie al governo britannico ed americano nel 1943, l’urlo di soccorso dei prigionieri rinchiusi nei gulag. Karski scoprirà che, per interessi diversi e per gravità delle sue accuse, egli non sarà creduto. La stessa verità salterà però agli occhi degli Alleati dopo poco tempo. Jan Karski incarna così la figura di una Cassandra, che però non preannuncia una disgrazia ma ne sta testimoniando una in atto.
Il libro di Rizzo e Bonaccorso è una presa di coscienza storica e mette in luce un personaggio del quale non conosciamo abbastanza. Il genere è quello del romanzo grafico (o graphic novel), dove non sta alle parole descrivere un contesto e tutta la gamma delle emozioni delle quali siamo chiamati a fare esperienza. Sono invece i disegni a immergere il lettore, che si fa anche spettatore, nella storia. Bonaccorso possiede la capacità mirabile di far leggere un disegno. Di racchiudere in un’espressione facciale disegnata il dolore, lo smarrimento, la brutalità dei personaggi. Sono gli occhi di Karski, le bocche contorte degli aguzzini, le labbra serrate dei prigionieri a dire più di quanto possano esprimere le parole.
La struttura del libro ricalca la struttura tipica del romanzo. Questo si apre infatti trasportandoci all’interno di una stanza della Casa Bianca a Washington D.C. nel 28 luglio del 1948. Il Presidente e il suo staff si interrogano sull’attendibilità delle parole di un uomo polacco che ha appena raccontato loro il dramma della Polonia e l’esistenza dei campi di sterminio. IL sospetto di tutti è che quell’uomo, Jan Karski, sia solo un mitomane. A questo punto il racconto pratica un flashback fino al settembre 1939 a Lodz. Qui incontriamo Karski e una compagnia di amici intenti a festeggiare una serata di gala. Irrompe la guerra e i propri doveri di soldato sotto forma di un caporale dell’esercito polacco che dà notizia che Karski e i suoi amici devono servire al fronte. È a questo punto, quando il convoglio ferroviario della truppa polacca è fatta oggetto del bombardamento degli aeroplani tedeschi, che la storia precipita. Per Jan Kozielewski, il suo cognome prima di entrare in clandestinità, inizia un percorso di dolore e fuga dalla morte. Dalla reclusione in un campo di prigionia all’evasione, dalla nuova cattura e tortura, dalla nuova evasione grazie ai partigiani polacchi alla scoperta del dramma dei campi di prigionia, siamo compagni di capitolo in capitolo di Jan Karski. Ne condividiamo il terrore, lo smarrimento e il coraggio. I punti più dolorosi, e sui quali il libro di Rizzo e Bonaccorso raggiunge il suo apice, sono la visita al ghetto di Varsavia, dove era praticata sistematicamente la caccia all’ebreo (la judenjagd) e al campo di Belzec. In quest’ultimo caso le tavole non sono accompagnate dai fumetti dei personaggi ma sono le stesse parole di Karski contenute nel libro La mia testimonianza davanti al mondo. Storia di uno Stato segreto, pubblicato in Italia da Adelphi, a fare da cornice ai drammatici disegni di Bonaccorso. La scelta adottata in questo caso è spiegata da Rizzo: l’autore fa un passo indietro per riconsegnare alle parole dello stesso Karski l’importanza della testimonianza giunta fino a noi. È una vera e propria forma di rispetto dovuta a questo eroe per caso e testimone, dapprima inascoltato, della barbarie nazista.
Il libro si chiude, ciclicamente, così come si era aperto. Jan Karski giunge nel 1943 negli Stati Uniti per portare la sua testimonianza. Mentre si trova nei giardini della Casa Bianca alza lo sguardo verso la statua di Tadeus Kosciuszko, veterano della guerra d’indipendenza americana ed eroe nazionale polacco. Il giudice Felix Frankfurter, che lo accompagna in questa missione di testimonianza, accomuna Karski proprio ad un eroe polacco. Sono eroi come questi ad avere portato nuova luce nelle tenebre dell’inumanità che ha dato origine al dramma infinito dell’Olocausto.
Jan Karski. L’uomo che scoprì l’Olocausto è un libro molto interessante sicuramente per quanto riguarda il contenuto, ma anche per quanto riguarda il genere peculiare del romanzo grafico. Si tratta di una lettura breve e incisiva, tipica del fumetto, che si alterna allo sguardo su tavole disegnate e colorate con grande capacità e cura. Va fatto un sentito plauso al lavoro di Lelio Bonaccorso, che sa rendere palpitante i sentimenti espressi dal testo. Testo e disegni lavorano in ottimo sincrono emotivo e traggono reciproco vantaggio, rendendo il libro uno spettacolo completo (anche se truce) per gli occhi. Un ulteriore vantaggio, ma non ultimo per importanza, è la viva curiosità di approfondire la figura di Jan Karski e leggere finalmente quelli sono stati i diari della sua volenterosa e caparbia testimonianza davanti al mondo. © Gabriele Benelli