Recensione: Jimmy’s hall

Creato il 21 gennaio 2015 da Mattiabertaina

Genere: drammatico/storico

Regia: Ken Loach

Cast: Barry Ward, Simone Kirby, Jim Norton, Andrew Scott, Francis Magee

Durata: 109 minuti

Distribuzione: BIM

O con Dio o con Gralton” – così il reverendo padre dall’alto del suo scranno nella consueta predica della domenica. Ken Loach torna in terra irlandese e traspone sullo schermo la storia di un attivista realmente vissuto negli anni ’30 che, dopo la Grande Depressione, torna in terra natia (dopo essere stato costretto all’esilio un decennio prima). Jimmy Gralton torna nella casa in cui è nato, al fianco di una coraggiosa madre ormai anziana. Jimmy ora è diverso dal Jimmy del 1921 ma anche l’Irlanda è diversa per molti aspetti. La coesione sociale è da tempo andata in pezzi per una sanguinosa guerra civile che ha lasciato cocci difficili da raccogliere e sistemare. Una cosa però non è affatto cambiata: Jimmy, prima di essere cacciato perché tacciato di comunismo, aveva aperto una piccola sala da ballo, una sorta di centro culturale ante-litteram in cui si imparava a ballare, leggere le poesie, disegnare, boxare. Molti furono gli antagonisti di Jimmy un decennio prima, dalla parte civile più nazionalista al clero retrivo e poco propenso al cambiamento, costringendo la sala alla chiusura. Quando Jimmy torna in patria, i giovani chiedono di riaprire la sala, ma il protagonista si trova nuovamente ostacolato da nemici vecchi e nuovi con il reverendo padre asserto e convinto capofila. Ken Loach ha presentato il suo ultimo lavoro, Jimmy’s Hall, all’ultimo Festival di Cannes, raccogliendo un ampio consenso di pubblico, ma le vicende di Jimmy Gralton concedono qualche licenza di troppo al sentimentalismo, perdendo in efficacia e forza di denuncia di fatti realmente accaduti. Lo strapotere della chiesa in quel periodo, talmente forte da poter decidere della vita o della morte (sociale) di un individuo, fa ancora oggi tremare i polsi ma la storia di Loach non riesce a colpire nel profondo, non creando mai, a parere di chi scrive, un vero legame empatico. I personaggi sono intrappolati nei loro stereotipi: Jimmy Gralton è sempre l’eroe senza macchia, vittima incolpevole del sistema; il reverendo è il solito faccendiere ancorato al passato senza ripensamenti; i comprimari sono bidimensionali e un po’ opachi, non dando mai l’impressione di un vero sviluppo. La storia rappresentata, di indubbio interesse, risulta a conti fatti troppo lineare e prevedibile, verso un finale che non prevede climax e lascia con l’amaro in bocca per la grande occasione mancata. Rispetto ai lavori precedenti difetta di mordente e di quel piglio che da sempre fa risaltare e splendere i perdenti e gli emarginati di Loach.

Voto: 3 su 5

Il trailer del film:


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