Recensione “L’Amore ai Tempi della Rivoluzione” di Yadi Sharifirad

Creato il 05 aprile 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Francesca Rossi In Iran, uno dei regimi più repressivi al mondo, un uomo lotta disperatamente per la libertà
La libertà è qualcosa di cui ti accorgi solo quando l’hai persa. Molte volte abbiamo sentito frasi come questa, forse troppe, tanto che ormai sono diventate quasi un luogo comune. La storia vera di Yadi Sharifirad ci insegna a non sottovalutare mai quello che abbiamo, anche le cose più piccole, perché potrebbero esserci tolte quando meno ce lo aspettiamo.
Titolo: L’Amore ai tempi della rivoluzione
Autore: Yadi Sharifirad
Casa Editrice: Newton Compton
Pagine: 283
Prezzo: 9.90 
Anno: febbraio 2012
Trama
Quando l’Ayatollah Khomeini salì al potere nel 1979, promise ai suoi cittadini la libertà dopo la tirannia dello Shah. Ma la sua promessa era destinata a infrangersi nel terrore e nella repressione. L’amore ai tempi della rivoluzione ne è un’esemplare testimonianza. Yadi Sharifirad, pilota nella guerra tra Iran e Iraq negli anni Novanta, era sfuggito miracolosamente alla morte ed era tornato da eroe in patria. La fama e il successo però durarono poco. Accusato di essere una spia americana, Sharifirad subì il carcere e la tortura, e soltanto dopo anni di disperati tentativi riuscì, con l’aiuto di un contrabbandiere, a oltrepassare il pericolosissimo confine con la Turchia e a raggiungere la sua famiglia in Canada. La storia intensa e sofferta di un uomo alla ricerca della libertà in un romanzo toccante e avvincente, drammatico documento delle repressioni e dei soprusi perpetrati dal regime iraniano.
RECENSIONE Un bambino che sognava di volare come un’aquila, libero nel cielo. Questo era il grande sogno di Yadi Sharifirad. In questo desiderio c’era già scritta tutta la sua vita. Nel volo dell’aquila c’era già l’uomo che sarebbe diventato: generoso, libero e, soprattutto, pensante. Chi impara a volare, poi, non si accontenta più dei limiti imposti dal mondo. La sua mente corre più veloce di quella degli altri. Yadi realizza il suo sogno, diventando colonnello e comandante di squadriglia dell’aviazione iraniana. Ha tutto ciò che un uomo possa desiderare: una bella famiglia, un buon lavoro, la casa tanto desiderata e la libertà.

La sua felicità si infrange contro la rivoluzione iraniana, in un giorno che sembra qualunque, uguale a tanti altri. Yadi viene prelevato e portato in un carcere per dissidenti. L’accusa: essere una spia americana. A nulla servono i suoi tentativi di difesa. A nulla serve spiegare l’amore verso la Patria, gli anni di fedele servizio, il fatto di essere considerato un patriota e un eroe che ha combattuto strenuamente nella guerra tra Iran e Iraq ed il suo impegno diplomatico. Ore ed ore di interrogatori in carcere che lo sfiniscono, torture fisiche e psicologiche – come la fustigazione e la privazione del sonno – che mirano a ridurlo ad una larva umana. Uniche letture consentite: il Corano ed il libro dell’ayatollah Khomeini. Il carcere inghiotte chi vi entra quasi fosse un enorme buco nero. Chi varca quella soglia diventa un fantasma per la sua stessa famiglia. Per Yadi gli incontri con moglie e figli arrivano dopo molto tempo ed una infinità di bugie da parte delle autorità. Già, perché anche la menzogna fa parte del campionario di torture; a Yadi viene fatto credere che persino sua moglie è stata arrestata e che la vita di entrambi dipende da lui e dalla sua collaborazione con la polizia iraniana.
Nonostante i numerosi momenti di sconforto, però, il protagonista non si lascia abbattere e non si fa abbrutire. Trova rifugio e forza nei figli e nella fede, ma non quella imposta dall’ayatollah, bensì quella che pervade e avvolge le parole del Sacro Corano. Sia in prigione che una volta riottenuta la libertà, Yadi si chiede quale sia il confine tra religione e fondamentalismo, che senso abbia agli occhi di Dio un tale scempio della libertà e della vita umana. D’un tratto si rende conto che le belle parole dell’ayatollah Khomeini nascondono, in realtà, un feroce odio nei confronti di tutto ciò che è occidentale e, nella fattispecie, americano e una visione distorta anzi, malata, della fede. E’ da questo rancore che nasce uno dei regimi più repressivi della Storia; Khomeini si presenta come l’uomo capace di restaurare il “vero Islam”, di epurare la società da tutti gli elementi considerati estranei (traducete: occidentali) e di portare la pace e la prosperità che il “corrotto” Shah Pahlavi ha sacrificato in nome del denaro e del lusso.

Le ragioni della rivoluzione in Iran del 1979 sono molteplici: dall’autocrazia all’appoggio degli Stati Uniti con il conseguente attrito tra lo Shah ed i religiosi sciiti. La modernizzazione mai del tutto accettata, il nazionalismo, la posizione strategica dell’Iran e la sua ricchezza petrolifera hanno accelerato il processo conclusosi con il ritorno di Khomeini dall’esilio e la partenza definitiva dello Shah, che portò al crollo della monarchia e della dinastia Pahlavi. Yadi Sharifirad vive tutti questi avvenimenti e li riporta nel suo libro, in particolar modo nel capitolo secondo, “Una Piccola Lezione di Storia”, che si contraddistingue per la chiarezza espositiva unita alla buona capacità di sintesi di un avvenimento storico molto complesso. Nei momenti di maggiore angoscia il protagonista ripensa agli antichi fasti del passato e al suo idolo, Ciro il Grande. E’ molto interessante il parallelo che egli fa tra la semplice e spoglia tomba di Ciro, che pure è stato un grande condottiero, con il fasto e il lusso sfrenato del mausoleo dedicato all’imam Reza, leader religioso sciita del IX secolo. Yadi si chiede a cosa serva tutto quel fasto, se un uomo umile come l’imam abbia davvero bisogno dell’oro e dei pregiati mosaici. Le sue riflessioni religiose, politiche e sociali si intrecciano con la sua esistenza solo apparentemente libera; la polizia morale è ovunque, pronta ad arrestare chiunque osi violare e i dettami del regime. È vietato, per esempio, vestirsi all’occidentale, truccarsi, bere alcolici, lasciar intravedere qualche ciocca di capelli dal chador, avere contatti non autorizzati con stranieri. Inoltre, Yadi è sempre spiato dall’intelligence iraniana
Questo costante e assiduo controllo diventa talmente opprimente da fargli decidere di fuggire dall’Iran con la famiglia. Ovviamente uscire dal Paese non è cosi facile, occorre un piano. Il protagonista riesce, grazie ai contatti giusti e al denaro, a far partire la moglie e i figli più piccoli verso il Canada. Poi è la volta del figlio più grande, Shahram, per cui la situazione è ancora più complicata, visto che ha l’età giusta per il servizio militare. Dopo molte peripezie anche Shahram riesce a scappare. L’ultimo a dover abbandonare la propria esistenza, i parenti, i pochi amici rimasti, i ricordi e a dover sradicare le proprie radici dal suolo iraniano è proprio Yadi. 
È avvincente ed emotivamente coinvolgente il racconto della sua fuga, tra paura, falsi allarmi, angoscia e tristezza per un Paese che forse non rivedrà mai più. Gli ultimi, commoventi, capitoli in cui vengono narrati gli ultimi giorni in Iran di Sharifirad, sono scritti nello stesso stile semplice ma fluido e ricco di descrizioni che si ritrova in tutto il libro. Oggi Yadi Sharifirad vive in Canada con la famiglia, ma l’Iran gli è rimasto nel cuore, nonostante i torti subiti. La sua è una storia di libertà e per la libertà che dovrebbe essere letta da tutti. E’ la ricerca incessante di un uomo che ha accettato di perdere tutto ma non se stesso, i sogni e la dignità. La triste avventura di un patriota che ha imparato ad assaporare ogni istante e ad essere grato per ogni respiro di libertà che gli viene concesso, perché niente ci è dovuto, niente rimane immobile e mai nulla può essere dato per scontato.
 
Biografia Yadi Sharifirad pilota, è stato colonnello e comandante di squadriglia nella forza aerea iraniana negli anni Settanta e Ottanta. Dopo aver conosciuto il carcere e la tortura, è riuscito a scappare dall’Iran e attualmente vive a Vancouver con la sua famiglia.

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