Recensione "L'Emblema del Drago - Cronaca Prima" di Martino Vecchi (Artestampa)

Da Valentinabellettini


Mezzelfo? No, è un mezzodrago!
"Era una notte buia e tempestosa... questa celebre frase di Edward Bulwer-Lytton viene automatica per ricordare l'inizio del romanzo fantasy di Martino Vecchi; tutto comincia in una notte di tempesta, quando nelle acque dell'isola di Telmagar si consuma un naufragio e lo sguardo della draghessa Tylieg incontra quello disperato di una donna che stringe il figlio, un neonato ormai prossimo ad affondare insieme a lei. Presa dalla compassione, Tylieg recupera il neonato e lo porta al Nido Celato per consultarsi con gli altri draghi dell'isola: le condizioni del piccolo sono estreme e sembra non riuscirà a passare la notte, tuttavia esiste una possibilità di salvezza nell'utilizzo della sacra Pietradrago, dono del Sire Opalescente Vydlogar - il nobile dragone del mondo di Adeimos - che racchiude il suo potere e ha il peso di un compito preciso, quello di riunire draghi e uomini in un'epoca di pace. Incastonata nel cuore del piccolo, la Pietradrago lo salva, ma un giorno si risveglia totalmente per richiamare il giovane uomo a svolgere il compito a cui è destinata: sedici anni dopo, infatti, Magoran deve fare i conti con quel fato imprevedibile, e solo allora comprende il vero motivo per cui il maestro drago Ashnard gli ha trasmesso il suo sapere riguardo il popolo dei draghi unitamente a quello degli uomini, ma d'altra parte è ansioso di ricongiungersi a quelli della sua razza, nonostante l'affetto per coloro che lo hanno allevato, prima fra tutti la madre adottiva, la draghessa Nafaeran.
Nella Foresta Costiera, mentre Magoran fa il suo primo ingresso nella terra degli uomini, una giovane maga runica di nome Myril assiste allo sterminio della gente del suo Ordine, i Werga, il Signore dei Demoni mira, infatti, a spezzare il Sigillo Imperituro per tornare su Adeimos, liberando i seguaci e portando caos e distruzione; come ultima rappresentante dei Werga, Myril riceve dal maestro Hades il suo Bordone Magno e diventa l'improvvisa speranza di salvezza per contrastare i piani dei demoni. Accompagnata dal fido famiglio Zogma, Myril incontra Magoran, e i due, insieme ad altri valorosi rappresentanti delle varie razze di Adeimos, partiranno per un lungo viaggio che li condurrà dinanzi alla Suprema Triade Elfica, e solo allora la missione acquisterà un nuovo senso...
Questo corposo romanzo (480 pagine circa) si divide in cinque parti dove la prima è una lunga introduzione a Magoran e la sua vita coi draghi sull'isola di Telmagar; inutile dire che mi ha preso subito, visto il mio amore per i draghi, tanto più che Magoran mi ha ricordato Mowgli de "Il libro della Giungla", solo che, a differenza del celebre film Disney, i draghi sono ben consapevoli che Magoran dovrà tornare tra i suoi simili e s'impegnano perché ciò accada, soffrendo comunque per la separazione.
Buoni sentimenti e commozione si allontanano appena entriamo nella seconda parte del romanzo, dove l'idilliaca ambientazione di Telmagar viene sostituita dalla cruda realtà della Foresta Costiera: tragici eventi vedono protagonista Myril, così che tra la pacifica isola dei draghi e la tormentata terra degli uomini, continente ora preda dei demoni, si crea un contrasto evidente, palpabile. La violenza dei demoni, un abominevole mostro senza scrupoli, il coraggio del maestro Hades, la lotta, la magia, la compassione che nasce per Myril in quell'evento che è shockante anche per il lettore, e subito dopo, di nuovo la tenerezza, con l'ingenuo Magoran che s'imbatte nella giovane maga, non la prima umana che incontra, ma di certo la prima con cui parla e si relaziona; Magoran sogna ad occhi aperti, ricordando le fanciulle delle storie cavalleresche raccontate dal drago Ashnard, mentre Myril è emotivamente distrutta, in un ulteriore contrasto che evidenzia quanto l'animo di Magoran sia puro e incontaminato. Eppure, nel corso della storia, anche il nostro eroe cade in alcuni momenti d'ombra - l'ingenuità gli costa cara in un paio di casi - e mentre l'esperienza forma il suo carattere, anche Myril vive una crescita personale: con gli addestramenti fisici e le lotte interiori per sconfiggere i propri fantasmi, Myril diventa un'eroina moderna, una madamigella che non attende d'essere salvata, ma che viceversa porta soccorso, e se necessario, reagisce. Myril acquista spessore (e sicurezza) col proseguire della storia, talvolta surclassando Magoran e diventando la protagonista principale; d'altronde il romanzo si sviluppa perché seguiamo la sua missione, e lei stessa rappresenta la chiave per la salvezza di Adeimos.
Un aspetto molto interessante del romanzo è che la contrapposizione tra il bene e il male presenta delle sfumature, non solo riguardo ai "buoni" (la "contaminazione" dell'animo di Magoran o i fantasmi interiori di Myril), anche i "cattivi" riservano sorprese, ed è qui che il discorso si fa profondo fino ad abbracciare messaggi universali: non esiste solo la lotta per il bene e la lotta per il male, Myril vuole trovare la terza strada, quella senza sangue, quella del perdono e della redenzione; inconsapevolmente o meno, Magoran compie la stessa scelta.
Dal romanzo emergono anche riflessioni sul senso di giustizia, anche qui con sfumature che toccano gli estremi di chi causa del male muovendosi per amore (dico solo: una coppia), e di chi, invece, sacrifica il proprio amore per uno scopo più alto, ossia il bene comune e la salvezza globale (Ras che rinuncia a Sighli). A tal proposito, Myril è uno dei miei personaggi preferiti perché prende in considerazione entrambe le reazioni, dando a ogni personaggio una giustificazione per i suoi comportamenti, e a ognuno la sua importanza: nessuno viene sminuito, nessun comportamento è lasciato a caso; ogni personaggio è realizzato a tutto tondo, e ogni personaggio lascerà un'impronta nel nostro cuore.
E il romanzo pullula di personaggi! Oltre ai già citati draghi di Telmagar, abbiamo il feliano Ras, restio ai sentimenti e avido di ricompense; il famiglio Zogma, audace e coraggioso, piccolo grande amico di Myril; Miyaca della Tribù delle Steppe, primo e sincero amico di Magoran; l'elfa oscura Idaria, severa, ciò nonostante, comprensiva maestra di Myril;  il menestrello e cavaliere Eban, farfallone ma prezioso aiuto in battaglia; l'arciere Arborilla, enigmatica fino alla fine; il paladino Wulfor "baffidirame", uomo d'onore e insperato maestro di Magoran, e tanti altri ancora, passando inoltre, per citarne alcuni, al Cardinale Dwisher, gli intrighi alle Terre del Tempioe alla Tribù dei Draghi "pirati" dell'Arcipelago della Bussola (opposta all'isola di Telmagar sia come posizione geografica, sia come ideali) che rivelano qualche aneddoto sul misterioso passato del drago Ashnard, maestro e allevatore di Magoran.
Per quanto riguarda i demoni, solo Vagadrow ho trovato poco sviluppato (forse per via della sua tardiva apparizione), mentre avrei qualche riserva su Sighli, perché penso che la feliana abbia sviluppato un sentimento così forte in maniera troppo repentina per risultare credibile.
Questo viaggio per cieli e terre di Adeimos è ricco di colpi di scena, anche nel finale, dove un personaggio di relativa importanza compie un'azione sorprendente e ricca di significato; proprio per questo si farà ricordare e schizzerà ai vertici dei personaggi migliori del romanzo.
Il libro, che ha la dicitura "Cronaca Prima" al di sopra del titolo, lo considererei auto-conclusivo, poiché la storia inizia e si conclude con l'ultima pagina, lasciando qualche porticina aperta come a dire che i nostri personaggi vivranno nuove avventure - oltre a qualche dettaglio in sospeso - ma proprio per questo, il seguito lo si leggerà per puro piacere.
Ricordiamo che il romanzo è tra i segnalati del Premio Cittadella 2012 con menzione speciale "per aver dato cuore, voce e dignità di popolo alla stirpe dei draghi".
Visto che questa menzione ha valore ufficiale, ne aggiungo un'altra io per Antonio Olandese che ha arricchito il libro con delle illustrazioni interne: sono una più bella dell'altra ma, come al solito, le mie preferite sono quella sui draghi, quella di Magoran - non a caso - e l'originalissima Sighli; mentre sfogliavo le pagine mi chiedevo quand'è che mi sarei trovata davanti a un'altra illustrazione... sono immagini che impreziosiscono questo già splendido libro.
Un fantasy dallo stampo classico con qualche pizzico di novità; scorrevole, avvincente, godibile, e soprattutto, indimenticabile.
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