Intanto che la pioggia continua a cadere inesorabile (ed è già tanto che non sia neve, con il freddo che fa!), la vostra Topolina è ancora alle prese con una recensione del progetto. Buona lettura, come sempre, e spero che vi piaccia!
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Autore: Jury Livorati
Generi: thriller, noir, young adult, dark fantasy
Editore: 0111
Collana: LaBlu
Pagine: 260
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: €16,00 (eBook €10,64)
ISBN: 9788863074543
Formato: brossura, eBook (ePub, PDF)
Valutazione:
RIASSUNTO - La morte di Simona in un tragico incidente, nell’estate del 2006, sembra non avere altra spiegazione che una banale distrazione alla guida. Ma suo marito Roberto non ne è del tutto convinto. Dopo un terribile sogno e una strana telefonata, i suoi sospetti trovano un seguito. Si farà infatti viva Erika, una vecchia amica della vittima, che dichiara di essere a conoscenza di un suo importante segreto. In realtà Erika è al corrente della minima parte di una terribile verità che affonda le sue radici nel 1400, in un villaggio del modenese sconvolto dalla messa al rogo di una donna accusata di essere una strega. Grazie a un’ultima testimonianza che Simona aveva lasciato temendo proprio di essere uccisa, e che Roberto ritrova con l’aiuto di Erika, sua figlia Cristina scopre tutti i particolari di un assurdo destino, l’eredità che dal passato è arrivata fino a lei e che minaccia di distruggerla. Ma, come sua madre, anche lei sceglierà la via della ribellione.
* * *
RECENSIONE
Un’idea che aveva senz’altro un ottimo potenziale, ma che, come purtroppo accade spesso, non è stata sfruttata al meglio: questo ho pensato dopo aver concluso L’eredità, romanzo del giovane scrittore Jury Livorati.
Per dirla tutta, in realtà, la trama mi è piaciuta abbastanza: non mi ha colpito per la sua originalità, ma per il modo in cui l’autore ha deciso di strutturarla. Durante la lettura, infatti, ho incontrato spesso delle scene o dei passaggi che suscitassero un vago senso di déjà vu (ad esempio, la scena ambientata nel Medioevo… quante, ma dico quante volte si è vista praticamente tale e quale?), ma d’altro canto i colpi di scena che rendono la storia assai intrigante sono tutt’altro che rari.
È stato lo stile, piuttosto, che mi ha lasciata perplessa e che, ahimè, ha contribuito a far perdere qualche punto anche alla trama: l’ho trovato pomposo, ridondante, zeppo di aggettivi e avverbi che non solo non vi aggiungono niente, ma rendono le descrizioni assai pesanti e ripetitive, oltre che con la tendenza a voler ribadire l’ovvio.
Tanto per fare un esempio, apro una pagina a caso e trovo scritto:
Roberto annuì con un gesto del capo. (pag. 10)
Come se non fosse ovvio, appunto. E di passi come quello che vi ho citato se ne trovano davvero a bizzeffe.
Con questo non sto dicendo che sia scritto male, perché a mio parere non è vero, ma ciò non toglie che una qualche tagliuzzata qua e là l’avrebbe di certo reso più leggibile e meno inutilmente prolisso.
Un esempio calzante, che credo possa rendere l’idea del fastidio che ho provato, è questo: a un certo punto Roberto ha un colloquio col dottore che ha accertato la morte della moglie, e all’interno della scena il punto di vista cambia di continuo, tanto che a un certo punto il dottore si ritrova persino a riflettere sul suo passato, su quando era giovane e non pensava alle responsabilità che avrebbe implicato il diventare medico. Anzi, in questo caso credo che mantenere saldo il PoV di Roberto sarebbe stato assai più efficace, dato che si ritrova in un ambiente che gli appare molto ostile: evitare di fornire i pensieri del dottore, secondo me, avrebbe accentuato l’idea di smarrimento dovuta alla tragica fine di Simona, perché niente può più terribile, in una circostanza tale, come trovarsi davanti un medico freddo che pensa solo al suo mestiere.
Questo secondo il mio modesto parere, naturalmente. Ho trovato, in ogni caso, diverse scene in cui una migliore gestione del PoV non avrebbe certo fatto male.
Un’altra cosa che non ho del tutto gradito sono stati i flashback.
L’intera storia è un continuo saltare avanti e indietro tra presente e passato, e ovviamente questo non è di per sé un male. Anzi, il fatto che fin dal prologo vengano narrati episodi che non si sono ancora verificati ha reso, a mio giudizio, l’intreccio davvero avvincente: in parecchie occasioni ciò si rivela fondamentale, dato che la vicenda è un continuo rincorrersi di domande, segreti ed eventi inspiegabili, di cui poi il finale fornirà la soluzione.
A parte una qualche altra piccola nota stonata (una di queste è già stata messa in evidenza in altri luoghi, ma mi permetto di ribadirla: credo lo sappiano anche i bambini in fasce che la tecnica del coito interrotto non è il massimo se si vuole evitare di rimanere incinte), comunque, mi è piaciuto abbastanza: per quanto lo stile suoni ridondante, la storia non ne soffre in modo preoccupante, e nonostante tutto rimane ben strutturata e ricca di spunti.
L’autore ha ancora della strada da fare, senza dubbio, ma per quanto mi riguarda non è lontano dall’obbiettivo: come dicevo all’inizio, ha scovato un’idea con del potenziale, che già di per sé è una cosa di tutto rispetto. Occorre solo limare ancora un po’ lo stile.
* * *
In sintesi…
Trama abbastanza originale con un
buon potenziale…
… che però non è stato sfruttato al
meglio.
Colpi di scena e suspense, storia ben
strutturata.
Stile ridondante con molti aggettivi
e avverbi.
Spesso i flashback riescono a tenere
viva la tensione…
… ma alla lunga diventano ripetitivi
e a tratti confusionari.
Cambi di PoV e altri piccoli difetti.
* * *
Una frase significativa…
«Roberto? È lei? È tutto bene?» chiese Olga, che improvvisamente si era preoccupata. «Pronto?»
Isa corrugò la fronte a quelle parole. Mosse le labbra come per parlare, ma non uscì nulla dalla sua bocca. Solo una lacrima solitaria scivolò dall’angolo dell’occhio destro lungo la guancia bianca e rugosa. Isa strinse gli occhi come per fermarla ma ormai era troppo tardi. Era troppo tardi per tutto, a quanto pareva.
«Come?» continuava Olga. «O santo Dio, mi dispiacere. Io adesso dico a signora.»
Isa tornò a guardare davanti a sé. Abbassò lo sguardo e mosse ancora le labbra. «Gliel’avevo detto» bisbigliò. E quelle furono tra le ultime parole che pronunciò per il resto dei suoi giorni.
«Sì, con calma. No, io sa che lei è fragile. Come? Ah, sì, è bene. Lei sia tranquillo, Roberto. Mi dispiacere. Ciao.» E così Olga riattaccò. Si sentiva debole, ferita e spaventata. Non si sarebbe mai aspettata una tragedia simile e non sapeva se sarebbe stata in grado di dare la notizia alla signora senza causarle dei traumi, come aveva promesso a Roberto. E nel fondo del suo inconscio una parte di lei, più cinica, si domandava se adesso avrebbe perso il lavoro.
«Signora?» chiamò, avvicinandosi alla poltrona. «Ha tilefonato Roberto» cominciò.
Ma Isa aveva già capito.