Recensione: L'età sottile, di Francesco Dimitri
Creato il 18 novembre 2013 da Mik_94
Ciao
a tutti, amici miei. Sicuramente, in queste ultime settimane,
girovagando sui vostri blog preferiti, avrete notato uno speciale
Blog Tour dedicato a L'età sottile, l'ultimo romanzo
dell'italianissimo Francesco Dimitri. Oggi è arrivato il mio turno.
Per paura di non riuscire a rispettare la “scadenza”, ho letto il
romanzo con qualche settimana di anticipo e, inaspettatamente,
nonostante gli impegni, l'ho divorato in una manciata di giorni.
Pazzesco. Devo ringraziare l'autrice Bianca Maconero (“Albion”)
per aver amato così tanto questo romanzo e per aver dato il via a
quest'iniziativa collettiva e la Salani che, gentilissima, ha inviato
una copia del romanzo a ogni blogger partecipante. Per conoscere nel
dettaglio le altre tappe, fate un salto qui, sul blog della mia amica
Denise (scusate, ma sono in ritardo, altrimenti ve le avrei
volentieri riassunte io nel post!) e ricordate che, a breve, il 25 Novembre, sul blog
Il profumo dei libri partirà un imperdibile giveaway del romanzo.
Non mancate. Buona lettura e a presto, M. PS. Scusate per l'ora. C'è stato, nel mio palazzo, un brevissimo black out di oltre tre ore. Cosetta da niente, insomma!
Pensavamo
di essere al sicuro. Pensavamo di essere immortali. Eravamo
molto giovani e non sapevamo molte cose.
Titolo:
L'età sottile
Autore:
Francesco Dimitri
Editore:
Salani
Prezzo:
€ 15,90
Numero
di pagine: 396
Sinossi:
Quando
Gregorio incontra la Magia per la prima volta ha quattordici anni e
l'infanzia gli sta scivolando di dosso come l'acqua del mare del
piccolo paese del Sud dove va in vacanza. La proposta che gli viene
fatta va oltre ogni immaginazione, e l'idea di diventare più potente
di qualsiasi mortale sembra decisamente allettante... Se Gregorio
accetta, però, dovrà nascondere a chiunque la sua nuova vita; dovrà
tacere e mentire alla famiglia e agli amici di un tempo; dovrà
abbandonare la sua normalità ed entrare in un mondo dove la parola è
azione, e le azioni sono al di sopra di ogni giudizio. Un mondo di
cambiamento costante, di pericoli mortali, di tradimento, ma dove
l'amicizia è più potente della morte... Originale, spiazzante,
crudo, onirico e realistico al tempo stesso, un romanzo di formazione
che ci ricorda che ogni adolescente è mago, perché vuole conservare
il potere dell'infanzia e trasportarlo integro nell'età adulta.
La recensione
“Erano
altri mondi, quelli. Il mio era fatto di asfalto e sudore e fatica, e
di macchine che ti buttano fuori strada, e di malattie che ti
uccidono nel giorno del tuo compleanno. Non era un mondo né brutto
né bello: era arido. Se solo ci fosse stata una possibilità,
l'avrei cambiato volentieri. Se solo.” La chiamano l'età
sottile, l'adolescenza. Arriva e subito scappa via, lasciando
ricordi agrodolci di impacciate prime volte e foto scattate in riva
al mare, con Polaroid passate di moda, familiari che non ci sono più,
sorrisi che – senza più il metallo degli apparecchi – sono più
ampi, spontanei e sicuri. Passa, e ci lascia con discorsi densi di
rimpianti che iniziano tutti con un familiare e puntuale Come
eravamo... Tanto tempo fa - in un'epoca lontana dalla nostra, ma
poi non così tanto - i giovani intellettuali tedeschi, arsi da
fervore politico, smodate passioni e inestinguibile sete di
giustizia, avevano coniato il termine Sturm und Drang, Tempesta e
impeto. Non avevano Facebook,
non conoscevano i miracoli del T9 o l'abominio delle abbreviazioni e,
nella loro scrittura tutta bella infiocchettata ed elegante, avevano
elaborato questo concetto, che, forse, suonerà altisonante e ostico,
ma che – in realtà – non lo è nemmeno un po'. Tempesta
e impeto è essere arrabbiati
con l'universo; sbraitare contro una ragazza che non ricambia i
nostri sentimenti e contro le autorità di genitori sempliciotti e
pieni di preconcetti; celebrare la prima notte d'amore, la prima
pubblica manifestazione di ribellione, il primo cuore fatto a pezzi.
Anima e guida morale degli sturmer era
un tale Johann Wolfgang Goethe
e, ancora prima degli editor e del passaparola tra lettori, il suo
I dolori del giovane Werther era
stato elevato a simbolo di un'intera generazione e di un movimento
destinato a rimanere, sui libri di testo di infelici studenti e nelle
viscere di scioccamente e incomprensibilmente felici appassionati. Il
nuovo romanzo di Francesco Dimitri - primo, tra l'altro, che leggo
dell'autore - si sarebbe potuto chiamare così: I dolori
del giovane Gregorio. Per
Gregorio, un tempo erano questi i dolori: il suono della sveglia al
mattino, lo stare lontano dalla sua fidanzata Chiara, il dover
lottare tutto solo contro il padre, durante i viaggi della sua
sorella maggiore, e le giornate noiosissime durante le vacanze estive
al mare, passate in un posto da favola. Ma lui ha sedici anni,
ricordiamocelo: le favole sono sopravvalutate, e lo stesso vale per
Portodimare, una cittadina perennemente sonnecchiante, sulle sponde
dello Ionio. Una sera, con le spiagge spopolate e il sole calante, un
uomo misterioso e ben vestito gli si avvicina, proponendogli qualcosa
di assolutamente imprevedibile e insensato. Levi non è un pedofilo
e, soprattutto, non è un folle. Ha gli occhi e le rughe dei saggi,
la voce carezzevole di un guro indiano. Eppure, quella sera di fine
estate, è convinto che introdurrà il giovane Gregorio alla Magia.
Quella curiosa lettera di Hogwarts, arrivata con qualche anno di
ritardo, nasconde, però, un ticchettio sinistro. Come un bastardo
pacco bomba recapitato a tradimento. E così l'ordigno espolode,
nelle mani di un giovane uomo che, sotto sotto, non è poi così
tanto infastidito quando gli adulti lo considerano ancora un bambino.
E così, metaforicamente, un bambino di sedici anni viene fatto a
pezzi, dilaniato dall'esplosione di un astro che – Dio sa dove –
ha imparato a morire. Gli apprendisti stregoni di Francesco Dimitri
sono adolescenti che si consumano. Che imparano sulla propria pelle
trucchi mortali che il caro Harry Potter non insegna. Che muiono come
animali, e in maniera così poco epica... Così poco nobile. Che,
messi sottosopra dall'uso di sostante stupefacenti e droghe pesanti,
sono inquadrati in strane riunioni notturne, stretti –
completamente nudi e confusi – tra candele, pentagrammi e parole
arcane. La chiamano l'età sottile, l'adolescenza. Perché è
sospesa. E questa è una storia sottile. Fluttuante, ma
tangibile. Dura come il cemento armato. Magica, ma senza avere nulla
di fatato, etereo, lontano: la bellezza di essere al centro
dell'attenzione, il brivido della truffa, il mare salato del sud
dell'Italia... Vive semplicemente qui, tra noi che non possiamo
comprendere i sovrumani e sfuggenti misteri del creato. Immersa, da
capo a piedi, nel vero. Al centro di una strada immensa, solcata,
notte e giorno, da una folla immensa come il mondo. Tra gente di
carne e ossa, capace di amare, uccidere, combattere, morire,
soccombere miseramente. Tra bene e male, indistinguibili ad occhio
nudo per via della naturale miopia del genere umano tutto. Questa
strada grandissima è parte di una città ancora più grande, e fatta
di strade più grandi ancora: Roma. Eterna, tentacolare, notturna:
inospitale nei luoghi oscuri in cui i flash dei turisti non balenano
più. Gregorio ha un'idea particolare di cosa sia la magia; un'idea
che coincide alla perfezione con quella del lettore medio, abituato a
Lady in the Water, Nightmare Before Christmas, Gremlins, Neil
Gaiman. Francesco Dimitri, con l'audacia e la leggera presunzione dei
più bravi della classe, riscrive ogni regola.
Indugia a lungo sulle
turbe adolescenziali del suo protagonista e, usando alte citazioni
dal sapore filosofico, firma un romanzo psichedelico, nero, bizzarro
e cucito con immagini fuse violentemente insieme. I suoi maghetti
fabbricano in casa le loro bacchette magiche, usando il ramo di un
nocciolo cresciuto in un cimitero buio, carta vetrata, forni e phon.
I suoi maghetti fanno sesso, sanguinano, sfidano il tabù della
nudità a testa alta. Sono personaggi complessi, a tutto tondo.
Shakespeariani, quasi. Ossessionati dal potere e intimoriti dal
nemico più grande (una vita di solitudine), seguono il motto cane
mangia cane... E tiranno mangia
tiranno.“La realtà è una prigione, e la vita è una
lotta per annientare i carcerieri.”
Tra
una canzone cantautoriale e un pezzo dei Pink Floyd, L'età
sottile è quello che
Non mi uccidere ha
rappresentanto nell'ambito dei romanzi gotici di nuove generazioni di
vampiri. E' la novità. E' un'eredità da raccogliere, da custodire
con gelosia e da tramandare con parsimonia. Intimo, profondo, vero,
follemente lucido. Nudo e crudo. Straripante di dettagli morbosi,
sbagliati, malati, eppure giustissimi così. Arso dentro, come i
neuroni dalla droga, o come una falena divorata da una fiamma
alimentata dall'inferno stesso. E' una lezione di stile, è una
lezione di vita. Un libro che non va per il sottile. Il suono che ha
il fantasy quando diventa poesia, semplice e incontaminata.“E'
una teoria in cui credo ancora, quella per cui i posti (e le parole,
e le fotografie) si consumano. Se un posto ti piace, non devi
tornarci spesso, o la magia finisce. Solo ogni tanto. Quando serve.”
Smetto di parlare, adesso. Almeno la magia, o quella cosa misteriosa
che ad essa assomiglia, resterà. Vivrà ancora. Magari, vivrà in
voi.
Il
mio voto: ★★★★ +
Il
mio consiglio musicale: Elisa – L'anima vola
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